Nadal e Djokovic hanno torto nella sostanza e ancor più nei tempi

Editoriali del Direttore

Nadal e Djokovic hanno torto nella sostanza e ancor più nei tempi

Le lamentele di Rafa e di Novak sul “sorpasso Federer” dovrebbero essere fatte nelle sedi giuste, non ora. Cinque domande in cerca d’una risposta. Patrick McEnroe la pensa diversamente. Il sorteggio potrebbe mettere tutti a tacere

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Rafa Nadal e Novak Djokovic - Wimbledon 2018 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

La discussione che sembra infiammare questa vigilia di Wimbledon, almeno fino a quando il sorteggio (venerdì alle ore 11) non metterà magari nella stessa metà di tabellone Federer e Nadal, nasce dal fatto – ormai notorio – che Roger Federer è numero 2 del seeding e Rafa Nadal è n.3 pur essendo Rafa n.2 del ranking ATP. Giusto? Sbagliato?

Partiamo da un paio di punti fermi. Il primo è storico. L’algoritmo studiato dal committee di Wimbledon, e a suo tempo accettato dall’ATP, risale al 2002, quando fu deciso di introdurlo dopo che troppe teste di serie ordinate dal computer che – come ha sempre sostenuto il Maestro Rino Tommasi “non capisce nulla di tennis” – si dimostravano inadeguate al tennis erboso, sparendo fin dai primi turni e aprendo varchi e corridoi del tutto fortuiti nei quali per pure coincidenze riuscivano ad infilarsi anche tennisti molto mediocri ma molto fortunati. A danno di altri più meritevoli cui invece toccavano prima del dovuto avversari più forti.

Per anni avevo assistito all’arrivo a Londra di spagnoli di ottima classifica, ma anche Muster e tanti sudamericani, argentini, cileni, brasiliani maestri terraioli, che se venivano a Wimbledon lo facevano per onor di firma, dicendo che “l’erba è per le vacche” (lo disse se non ricordo male anche il nostro Paolo Bertolucci… e quella fu una delle poche volte in cui Barazzutti sembrò essere d’accordo con lui), perdevano senza neppur battersi con grande determinazione e il tabellone di Wimbledon chiaramente ne soffriva in termini di equilibrio e bilanciamento fra un settore e l’altro.

Il secondo punto fermo si rifà a una storia molto più recente: a un anno fa. Nole Djokovic è numero 21 del mondo ma quello stesso algoritmo che ha “apparentemente” sacrificato Nadal facendolo scivolare a n.3 e quindi a dover teoricamente affrontare due ‘Fab’ fra semifinale e finale anziché uno solo – sottolineo il teoricamente -, un anno fa “trasforma” il n.21 del mondo Djokovic nella testa di serie n.12. Djokovic ha poi vinto Wimbledon. L’avrebbe vinto anche da n.21? Nessuno può dirlo perché chiunque lo dicesse dovrebbe essere in possesso di una sfera magica che gli consentisse di vedere anche il diverso percorso di tutti gli altri 127 giocatori.

Mi avvicino a una prima conclusione: Nadal lamenta l’ingiustizia di questo sistema oggettivo garantito dall’algoritmo. E Djokovic gli dà ragione. Sarò maligno ma, pur riconoscendo spesso a Nadal e anche a Djokovic una qual certa onestà intellettuale di fondo, insinuo una prima domanda malevola: perché un anno fa Djokovic non ebbe a lamentarsi del malefico algoritmo erboso? Poi ne insinuo una seconda a Nadal: Rafa gioca a Wimbledon da una vita, l’ha vinto due volte, ha beneficiato dell’algoritmo anche lui anche se essendo quasi sempre reduce da un trionfo al Roland Garros il suo ranking è sempre stato eccellente e non aveva bisogno di particolari lifting… perché proprio quest’anno “scopre” che l’algoritmo erbivoro è una ‘ciofeca’?

Infine una terza domanda: è giusto che si metta in discussione un algoritmo esistente da 17 anni per una questione che implica una “modifica” delle graduatorie ATP per due dei primi tre giocatori del mondo e questo non sia accaduto per tutti gli altri giocatori, da 3 a 32, che si sono trovati sbalzati in alto o in basso anno dopo anno dal 2002?

Quarta domanda: è giusto e opportuno che si sollevi la questione – magari legittima, per carità, è questione opinabile – non nelle sedi e nei tempi dovuti, ma alla vigilia dei Championships, quando una procedura oggettiva ha riflessi soggettivi?

E, quinta domanda, perfino quando, se la cosa era così importante, la si poteva anche gestire – da parte di Nadal e del suo management che i criteri usati dall’algoritmo avrebbe il dovere di conoscere e financo di studiare – in modo tale da rendere praticamente innocuo l’algoritmo perché Rafa non l’ha fatto? Gli sarebbe bastato iscriversi a un torneo in più sull’erba.

Dopo tutte le domande piuttosto retoriche rivolte finora a voi lettori di Ubitennis, avrete certo capito come la penso. Non condivido le lamentele di Nadal e Djokovic. E ancor meno i tempi in cui le hanno espresse. Non condivido neppure, però, gli attacchi eccessivi di chi dà del “piangina” a Nadal e dello smemorato opportunista e “politico” a Djokovic che dell’algoritmo si è giovato un anno fa ma… oggi, anche per via del suo ruolo in ATP, si trova quasi obbligatoriamente a dover difendere le classifiche dettate dal computer ATP, contestando quelle erbose stabilite da un altro organismo.

Non mi piace la sensazione che i problemi avvertiti dai big quando se ne trovano direttamente coinvolti debbano essere affrontati diversamente da quando essi hanno riguardato altri meno famosi ed importanti di loro. E non mi piace neppure se, a contrario, mi rendo ben conto che esiste una discreta differenza fra essere testa di serie importante, n.2 o n.3, o n.4 e n.6 , e invece 17 oppure 19, 27 o 31. Colgo anche con la massima comprensione la tesi di chi sostiene che l’erba di fine anni Novanta è ben diversa da quella degli anni più recenti, quella cioè che ha favorito il geniale neologismo ‘clericiano’… erba battuta.

L’algoritmo erboso era quindi più giustificato allora di oggi. Tutto vero. E allora se ne ridiscuta pure. Anche se, secondo me, certe significative differenze tecniche e fisiche per me restano importanti e spesso determinanti ai fini di un successo prolungato. Così come, sempre a mio avviso, resta troppo corta la stagione erbosa perché non la si possa considerare periodo anomalo e meritevole di… attenzioni e financo regole particolari. Come, ad esempio, quella assai discussa anch’essa del tiebreak di fresca introduzione sul 12 pari del quinto set.

Su questa ho espresso a suo tempo le mie (come sempre discutibilissime) convinzioni. Discutete, discutete. Civilmente se potete. Ho letto per esempio che Patrick McEnroe, persona che stimo molto, più equilibrato per solito del fratello John, e anche Brad Gilbert danno ragione a Nadal: “Rafa should be seeded 2! Period!”. Quindi da giocatori sono portati più a premiare una classifica computerizzata che tiene conto dei risultati degli ultimi 12 mesi piuttosto che quella basata su un paio di mesi erbosi di più anni. Coerenza ATP? Diffidenza americana antiBrit per un popolo sempre attratto dal desiderio di manifestarsi diverso e a se stante… ben prima della Brexit?

Boh, dite la vostra. Molti l’hanno già detta. A me piacerebbe che si prendessero posizioni che prescindessero dalla simpatia, o peggio ancora dal tifo, per Nadal, Djokovic e Federer. Ma credo che la mia sia pura utopia.

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