Fognini choc. Berrettini chic: adesso Federer (Scanagatta). Infinito Berrettini, agli ottavi c'è Federer (Crivelli, Marcotti, Azzolini,Calabresi, Rossi). L'affronto di Fognini, "Cadesse una bomba su questo circolo" (Boldrini, Marcotti)

Rassegna stampa

Fognini choc. Berrettini chic: adesso Federer (Scanagatta). Infinito Berrettini, agli ottavi c’è Federer (Crivelli, Marcotti, Azzolini,Calabresi, Rossi). L’affronto di Fognini, “Cadesse una bomba su questo circolo” (Boldrini, Marcotti)

La rassegna stampa di domenica 7 luglio 2019

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Fognini choc. Berrettini chic: adesso Federer (Ubaldo Scanagatta, Giorno-Carlino-Nazione Sport)

Un bravissimo ragazzo italiano, supereducato, Matteo Berrettini, 23 anni e n.20 del mondo, ha centrato il traguardo degli ottavi di finale a Wimbledon. E’ il quinto a riuscirci nell’era Open, il tredicesimo nella storia dei Championships, in 133 edizioni. Lo ha raggiunto dopo aver salvato 3 matchpoint, vincendo 6-3 al quinto contro l’argentino Schwartzman dopo 4 ore e 17 minuti. C’è riuscito nel giorno in cui purtroppo Fabio Fognini ha fatto l’ennesima evitabilissima brutta figura… e non per aver perso in 3 set dall’americano Sandgren n.96 dal mondo (63 76 63), ma per aver imprecato lungo tutta la partita contro gli organizzatori rei di aver messo lui, testa di serie n.10, sul campo 14 anziché su un campo più prestigioso («Questo è un campo di m…a»), facendosi scappare frasi imperdonabili, anche se poi lui in conferenza stampa ha poi chiesto scusa: «Non si può giocare qui, maledetti inglesi, scoppiasse una bomba su questo circolo una bomba deve scoppiare qua!». Dopo quello che aveva combinato nel settembre del 2017 all’US Open, quando aveva insultato pesantemente la ragazza svedese Louise Engzell che arbitrava il suo match con Travaglia, Fognini era stato squalificato da quel torneo per il doppio che doveva ancora giocare insieme a Bolelli — il singolare lo aveva perso — e il Grand Slam Board della Federazione Internazionale lo sanzionò con una multa di 96.000 dollari e una squalifica per due Slam (di cui uno dovrà essere obbligatoriamente l’US Open) sospesa con la condizionale.

(…) Adesso Fognini rischia seriamente di venire squalificato per i prossimi due Slam proprio nell’anno in cui ha giocato meglio raggiungendo per la prima volta il traguardo del top ten. Bravo invece Matteo Berrettini a restare lì con la testa, a rimontare una partita quasi persa più volte. Lui sarà come minimo n.18 a fine Wimbledon anche se dovesse perdere domani contro il suo idolo Roger Federer.

(…) Su www.Ubitennis.com le scuse di Fabio Fognini per l’infelice frase sulle bombe, la vicenda della sua probabile squalifica, l’intervista di Berrettini, il “parlato” di Federer e Nadal

Infinito Berrettini, agli ottavi c’è Federer. “Non farò la comparsa” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sabato. Schwartzman. Sogno. Tre parole per il paradiso. Respira forte, Matteo, e preparati a entrare in chiesa al cospetto della divinità di questi prati. La voleva fortissimamente, e Berrettini alla fine se l’è presa: la seconda settimana di Wimbledon, una meta extralusso che nell’Era Open appena quattro italiani prima di lui avevano raggiunto (Panatta, Sanguinetti, Pozzi e Seppi), porterà in dote domani l’incrocio da favola con Sua Santità Federer. E chi è uscito a braccia alzate da un match di boxe di 4 ore e 19 minuti (fm qui la partita più lunga del torneo) contro il piccolo diavolo argentino, scampando l’abisso di tre match point contrari, non varcherà il Centrale solo per fare il chierichetto. Volersi male Accanto al cuore immenso, al coraggio del talento, alla volontà feroce di non abbandonarsi alla sconfitta, l’impresa di Berretto è tutta in quei tre punti in cui si toglie dall’inferno per ascendere al cielo degli ottavi nello Slam più abbagliante: il Peque Schwarztman, tignoso fino allo sfinimento, può chiudere la sfida una prima volta sul 5-4 del quarto set, ma viene anestetizzato da un dritto a un millimetro dalla riga, e poi ancora due volte sul 6-5, e a Matteo servono un servizio vincente e un passante appena fuori dell’altro. Scampato alla tempesta, l’allievo di Santopadre giocherà un tie break magistrale per riportare la partita in equilibrio, e poi nel quinto allungherà il passo con sei ace e una pressione insostenibile: «La vittoria più bella nella partita più difficile della carriera, per lunghi tratti mi sono voluto male, nel senso che non accettavo quello che accadeva in campo e non facevo nulla per cambiare l’inerzia. Sapevo che avrei dovuto soffrire, posso solo essere orgoglioso per come ho affrontato i momenti più delicati della partita». Non si partecipa. A Wimbledon, solo due italiani hanno attraversato la strada di Federer: Fognini nel 2012 e Lorenzi nel 2014, e ne sono usciti massacrati. Questa è la casa del Maestro, che ha appena raggiunto gli ottavi per la 17′ volta in carriera e per otto volte si è inchinato a baciare l’erba da vincitore, ma Berrettini vuole entrarci dalla porta principale: «Contro il più forte di sempre nel torneo in cui ha ottenuto i successi più grandi: è il sogno di bambino che si realizza. Però non voglio essere presuntuoso, a questo punto della mia carriera, nel mio percorso di maturazione, io giocherò per vincere, consapevole di possedere le armi tecniche per rimanere in partita». Ricordi. Quando cominciò a tenere in mano una racchetta, Matteo si innamorò subito di Roger, le finali vinte dallo svizzero contro Roddick e Nadal restano tra i suoi ricordi più belli di spettatore-ragazzino, ma sono sfide come queste a marcare un confine. Perché c’è chi le affronta come un premio, e dunque si affloscia al primo punto, e chi invece ci scorge un’opportunità, seppur improba, e lotta per coglierla. Berretto, manco a dirlo, proverà a scrivere la storia sua e del nostro tennis: «Quando giocai per la prima volta sul Centrale di Roma, contro Fognini nel 2017, non mi rendevo nemmeno conto di dove fossi tanto non mi sembrava vero. Presi una batosta. Ma sono passati due anni, sono maturato, da allora ho giocato e vinto partite importanti, ho fiducia nei miei mezzi. Contro Federer vivrò un’esperienza bellissima, ma non farò la comparsa: dovrò essere aggressivo, concentrato sul mio servizio, proverò a non farlo andare via nel punteggio». Divinità Il Divino, intanto, si è finalmente accorto di lui: «Spero che sia stanco — dirà Roger sorridendo dopo essersi sbarazzato di Pouille — e in ogni caso un giocatore che vince due tornei 250 in un anno va rispettato, perché si comincia proprio da quelli a diventare grandi. Gli ho dato un’occhiata a Halle, mi aspetto un match duro». Ci hanno riempito la testa con la Next Gen, di cui ai Championships restano ormai tracce sparute: e se alla fine il più forte di tutti fosse nato ai Parioli?

Berrettini si regala un thé con Federer (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport)

Esausto, felice, ma soprattutto sollevato. Disteso sul prato spellacchiato, a braccia larghe, con lo sguardo rivolto in cielo. Al termine di una corsa in apnea lunga più di quattro ore, senza mai voltarsi indietro. Una generosa rincorsa che gli ha consentito di schivare il precipizio prima di abbandonarsi all’estasi. Il classico sogno che diventa realtà. Perché è proprio così, nella maniera più esaltante, Matteo Berrettini è approdato alla seconda settimana dei Championships, edizione 133. Attraverso una prova di endurance con la racchetta, sopravvivendo all’argentino Diego Schwartzman. Un successo epico, in rimonta, a tratti insperato, ma meritatissimo. Che spalanca al 23enne romano le porte degli ottavi di Wimbledon, il quinto azzurro di sempre ad issarsi così in alto nell’era Open (dopo Adriano Panatta nel 1979, Davide Sanguinetti nel 1998, Gianluca Pozzi nel 2000 e Andreas Seppi nel 2013). «Forse è stata la vittoria più bella della mia carriera, per le emozioni e il contesto. Certamente è stata la più difficile, ho faticato tantissimo per conquistare ogni singolo punto. Ma sono molto orgoglioso per come sono riuscito ad esserci nei momenti difficili». CAMPO SPECIALE. Alla seconda partecipazione al più importante degli Slam, Berrettini dunque si intrufola – per la prima volta in carriera – tra gli ultimi sedici in tabellone, dove lo attende il custode di questi giardini, Roger Federer, che ieri si è sbarazzato in tre set del francese Lucas Pouille. Alla sfida contro “King Roger”, Berrettini arriva dopo aver giocato dodici match sull’erba e averne perso soltanto uno. Prima il titolo di Stoccarda, poi la semifinale di Halle, quindi le tre vittorie sui prati di Church Road. L’ultima, contro Schwartzman, sul campo 18, quello della sfida infinita tra John Isner e Nicolas Mahut. «Solo un anno fa non mi sarei mai aspettato simili risultati sull’erba. Ho sofferto dal primo punto, anche se ero pronto a una partita difficile. Fino al quarto set, accettavo poco quello che stava succedendo, e non mi concentravo sul punto successivo». Sotto due set ad uno, nella quarta frazione Berrettini ha rischiato di capitolare, fronteggiando – e annullando – tre match-point. Nel quinto set è stato bravo ad annullare una pericolosa palla-break nel game d’apertura, chirurgico nello strappare il servizio all’argentino nel game successivo, chiudendo infine al secondo match-point. Epilogo di tm match dai numeri estremi: 22 ace, 76 errori gratuiti, 75 vincenti, 13 palle break salvate su 15. Ora Federer, ma già la certezza della promozione al n.18 del ranking mondiale. «F pazzesco quello che sta succedendo, non ho ancora realizzato. Sono molto felice e orgoglioso di me stesso. Federer? Sapere che lui studia mi riempie d’orgoglio. E’ stato il mio idolo da bambino, ma da quando ho letto il mio nome accanto al suo, nel primo torneo giocato da entrambi, ho smesso di fare il tifo. E lunedì – senza presunzione – scenderò in campo per vincere». FEDERER STUDIA. Per Berrettini sarà un lunedì speciale: prima volta agli ottavi, prima volta sul Centrale, prima sfida con Federer «Sarä un’esperienza incredibile, che voglio vivere lasciandomi travolgere dalle emozioni. Penso di avere le armi, quanto meno, per giocare la mia partita. Come batterlo? Sicuramente dovrò essere aggressivo e concentrato sul mio servizio». Consapevole che dall’altra parte della rete ci sarà un avversario che lo ha studiato. «Sarà un match molto insidioso – le parole di Federer -. L’ho visto giocare un po’ ad Halle, ma soprattutto a Stoccarda. Ora si sta ripetendo anche qui, e non è facile per i giovani. Ma Matteo sta seguendo la strada giusta: fare bene nei tornei più piccoli e poi cavalcare il momento in quelli più importanti». Sfruttando la giornata di riposo per ricaricare le batterie. «Spero non abbia più energie – ha scherzato il campione svizzero – Ma sono certo che recupererà, è cosa giovane… Mi aspetta un match difficile».

Favola Berrettini, il premio è Roger (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Occhi al cielo, braccia tese, il sorriso stampato sul volto. Il sorriso del più forte, che altro? Ma si, la conoscete, è la più classica delle pose di un vincitore… Perfetto, ci siamo… Ora però disponete l’immagine in orizzontale, e noi vi aggiungeremo un’acconcia didascalia: ecco Matteo Berrettini steso sull’erba del Court 18 subito dopo la vittoria al quinto set ottenuta in 4 ore e 13 minuti sull’argentino Diego Schwartzman. Va capito Matteo… Avesse potuto, su quell’erba ci sarebbe rimasto. Quattro ore di tennis a tutto andare valgono più di una scusa. Lasciano le gambe frolli, intorpidiscono i pensieri, ti fanno sentire un resuscitato più che un vincitore. E lui, il Beretta, è anche un po’ quello, risorto da tre match point contrari, tutti respinti al mittente con servizi fulminanti. Con tre bombe, verrebbe da dire, ma non è il caso, non questa volta.. Vero Fognini? Di buono c’è che Matteo Berrettini restituisce un po di luce al nostro tennis, nella giornata più sbagliata che si possa immaginare. Una giornata che vede il tennis italiano posto all’indice, sul web, ma che Matteo in qualche modo riscatta, mostrando il lato bello di un giocatore che non ci sta a perdere, e mette in campo tutto ciò che sa fare per stare dentro alla partita, fino all’ultimo. Peccato, perché cose del genere anche Fognini le sa fare, anche lui è combattente. Purtroppo ieri ha voluto avere l’ultima parola… Ma Berrettini non delude. Anestetizzati i match point di Mini Schwarzman, il piccoletto del circuito (se la batte con Fabbiano), il primo sul 5-4 del quarto, gli altri due, di seguito, sul 6-5 dello stesso set, Matteo prende il largo, gioca uno strepitoso tie-break in progressione, cresce ancora con il servizio portandolo sopra i 226 orari, e nel quinto ottiene subito il break, respingendo l’argentino nell’unico tentativo di rifarsi sotto, sul 4-3. Bravissimo il Beretta, anche perché così facendo schianta la sua prima sindrome molesta, quella del piccolo argentino che lo aveva battuto a Roma e lo porta a spasso per due set anche sull’erba e anche con qualità. E le sindromi è meglio farle sparire subito, piuttosto che trasformarle in vere e proprie “bete noire, le bestie nere che popolano gli incubi di qualsiasi giocatore del circuito. Quando Matteo decide di sollevarsi dal suo stato di catalessi erbivora, Dieguito è già lì, vicino alla rete che lo aspetta per i saluti. Il campo diciotto ribolle d’affetto per l’italiano. È il suo secondo Wimbledon, ed è negli ottavi. È il suo secondo match al quinto, e li ha vinti entrambi (il primo, l’anno scorso, fu con Sock). E’ la dodicesima vittoria sulla superficie nel 2019. È la prima volta che trascorrerà qui la domenica, e ha un appuntamento per lunedì che aspettava da tanto. Il Manic Monday, il folle lunedì di Wimbledon, gli regalerà Roger Federer e con tutta probabilità anche la prima volta sul Centre Court. È fra i sedici tennisti migliori sull’erba, Matteo, e ha tanto tempo davanti a sé, per migliorare ancora. «E’ un po’ di tempo che la mia strada s’interseca con quella di Roger. Potevamo incontrarci a Roma, ma proprio Schwartzman mi mise alla porta Poi ad Halle, ma avrei dovuto battere Goffin, arrivare in finale. Non facile… Alla fine capiterà qui, a Wimbledon, dove lui è il sovrano. Un’emozione incontrarlo su questi campi. Vada come vada, sarà un’esperienza che non dimenticherò presto. Voglio gustarmela. La voglio vivere come un premio. Ma vado per vincere, anche». È l’atteggiamento giusto, Matteo le armi per creare qualche problema a Federer ce l’ha A cominciare dal servizio, contro Dieguito ha infilato 22 ace, conditi da 75 vincenti e 49 punti colti a rete. «Diego è uno che non mi fa stare tranquillo, anche perché mi obbliga a giocare un’infinità di colpi. Con Federer se non altro si torna agli scambi rapidi, essenziali, quelli che piacciono a me». «Ora mi sento stanco», continua. «Quattro ore di tennis non le avevo mai giocate, ma anche queste le prendo d’insegnamento. Il fisico ha risposto bene. Passerò le domenica riposando, farò il minimo indispensabile. Spero di non emozionarmi quando metterò piede sul Centre Court». E se anche fosse? Panatta la prima volta lo trovò simile a un palcoscenico di un teatro, «perché è rialzato rispetto alle prime file delle sedie». Proprio così. Sul Centre Court il tennis è recita E Matteo non è più una semplice comparsa.

Tanto di Berrettini (Marco Calabresi, Il Corriere della Sera)

Matteo sta vivendo emozioni nuove. Indescrivibili, ma nuove. Di tutto quello che ha intorno, solo una cosa conosce a memoria: gli sguardi di chi lo sta accompagnando in questo meraviglioso cammino. I coach Vmcenzo Santopadre e Umberto Rianna e papà Luca, che si batte il pugno sul petto proprio come il figlio, linguaggio codificato. Chissà qual è la prima cosa che è passata nella testa di Matteo: conoscendo la venerazione per Roger Federer di ogni giovane tennista che si affaccia sul circuito, però, si può immaginare. La possibilità di dividere per qualche ora il campo con Roger, a Wimbledon, più della prima qualificazione a un ottavo di finale dello Slam. Matteo aveva il pensiero fisso sin da quando ha visto il tabellone dei Championships: il quarto turno, lui e Roger, uno contro l’altro magari sul Centrale. «Ho visto Roger da bambino, ho capito che non era un sogno quello che stavo facendo e che stavo diventando un vero tennista quando ho visto il mio nome e il suo nello stesso tabellone — ammette —. Sono molto felice e orgoglioso di me stesso. E qualcosa di pazzo, la partita di ieri e quella di lunedì. Ancora non ho realizzato». È il torneo dei sogni che si avverano: quello di Coco Gauff, ma anche quello di Matteo Berrettini. Nato a Roma, nel 1996, quando di Federer, del 1981, già si parlava come di un predestinato. Da numero 20 del mondo — ma la classifica, dopo Wimbledon, migliorerà ancora — e da testa di serie numero 17, non era affatto scontato che Berrettini potesse battere Schwartzman: l’argentino, che ovviamente si chiama Diego, lo aveva eliminato al Foro Italico, ed è uno dei giocatori più solidi del circuito. Sono servite 4 ore e 20′ per venire a capo di un match che si era messo male, ma che Matteo è riuscito a far girare dopo aver annullato 3 match point. Prima di Berrettini, soltanto quattro azzurri avevano raggiunto gli ottavi a Wimbledon: Adriano Panatta (1979), Davide Sanguinetti (1998), Gianluca Pozzi (2000) e Andreas Seppi (2013), i primi due capaci di arrivare anche nei quarti. Altro dato spaventoso: 12 vittorie nelle ultime 13 partite sull’erba, compreso il trionfo di Stoccarda a metà giugno e la semifinale di Halle della settimana dopo, quando avrebbe già potuto incrociare Federer. «L’ho visto giocare a Stoccarda e Halle e credo stia seguendo il percorso giusto — dice Roger, per il quale Berrettini sarà il 340° avversario diverso in carriera —. Spero arrivi senza energie (ride, ndr), ma credo recupererà, è giovane». Quando le cose non vanno, Matteo parla ad alta voce con se stesso. Ieri, a un certo punto, proprio non si è piaciuto: «Sono negato a giocare a tennis, è un miracolo che io sia qui». Purtroppo, visto quello che gli è uscito dalla bocca, ha parlato ad alta voce anche Fabio Fognini, che a differenza di Berrettini ha chiuso il suo Wimbledon contro l’americano Sandgren, per la quinta volta in carriera al terzo turno. Ce l’aveva con gli organizzatori, colpevoli di averlo confinato sul campo numero 14, non il più nobile dell’All England Club. «E poi è giusto giocare qua? Maledetti inglesi, guarda. Maledetti, guarda. Scoppiasse una bomba su `sto circolo. Una bomba deve scoppiare qua». Mentre sui social era già partito il processo, Fognini si è scusato in conferenza stampa. «Le frasi sulle bombe? In campo un agonista molte volte sbaglia, se ho offeso qualcuno mi dispiace, non era mia intenzione». Peccato due volte. Per la figuraccia, e per non aver avuto due italiani negli ottavi. Non era un’impresa, ma un risultato alla portata.

Berrettini il maratoneta sulla strada di Federer (Paolo Rossi, La Repubblica)

LONDRA — Regalarsi Federer a Wimbledon. What else? Matteo Berrettini bacia l’erba, ci si sdraia sopra di felicità, sfinito, dopo quattro ore e diciannove minuti di una rincorsa che sembrava infinita e vana. E invece no: se il tennista romano ha una qualità, è la capoccia direbbe Trilussa, e se n’è accorto perfino il “Peque”, al secolo l’argentino Diego Schwartzman. Quello più piccolo di Fabbiano, un tipo tosto come pochi nel circuito, che ha visto il traguardo per tre volte prima che Berrettini gli ricacciasse in gola l’urlo della vittoria. Perché la bramava lui, perché desiderava affrontare Federer sul Centrale. «Il mio mito, giocarci contro a Wimbledon…». Accadrà domani, in quello che gli inglesi chiamano Big Monday non perché ricorda una canzone, ma solo perché è il giorno in cui accorpano tutti gli ottavi, democraticamente, per poi declinare verso la parte apicale del torneo. Potrà prenderne piena consapevolezza oggi, Matteo, per tutto il giorno: la sua domenica prima dell’esame più importante, al cospetto del massimo luminare. Potrà ripensare alle quattro ore più pazze della sua vita, Berrettini, lui che ricorda ogni punto delle sue partite, memorizza i momenti cruciali e ne sa poi, a posteriori, analizzare i dati. Ne avrà di lavoro, ritornando al 6-7 (5), 7-6 (2), 4-6, 7-6 (5), 6-3. Un vero match da montagna russa, un saliscendi in cui ha visto la porta dell’uscita e si è rifiutato di prenderla. Voleva entrare nella storia del tennis italiano, e ci è riuscito. Qualche numero: è il 31° italiano a raggiungere gli ottavi in uno Slam. Non solo: giocherà l’ottavo di finale numero 100 per l’Italia, il 18° a Wimbledon. E, giusto per esorcizzare, ai quarti sono arrivati solo in quattro: De Morpurgo nel 1928, Pietrangeli nel 1955 e 1960, Panatta nel 1979 e Sanguinetti nel 1998. Con questa vittoria è virtualmente al 18° posto della classifica. Se riuscisse a confermarlo il 15luglio raggiungerebbe Gaudenzi, Seppi e Camporese nella classifica All time del tennis italiano. Anche Roger Federer gli ha portato rispetto: «Berrettini? Spero che sia stanco… ma è giovane, sono sicuro che domani vedremo una partita difficile, suppongo che lo sarà: non lo conosco molto bene, ma ho visto che serve anche a 250 chilometri orari…». Complimenti incassati, e anche già digeriti: «E un sogno giocare contro di lui. Mi ha ispirato, sono cresciuto guardando lui. Ma oggi sono orgoglioso di me stesso. Sono in fiducia. Come posso battere Roger? Non lo so, lo chiederò a Vincenzo Santopadre, il mio coach. Intanto devo ancora riprendermi da questo match: mi fa male tutto. Non facevo altro che ripetermi di continuare, perché accettavo poco quello che succedeva in campo e sono stato bravo a uscire da una situazione che si stava ingarbugliando. Come emozioni è stata la partita più importante, la più bella della vita. Ma voglio ancora lasciarmi trasportare dall’emozione: non sono più il bambino, voglio vincere».

L’affronto di Fognini, “Cadesse una bomba su questo circolo” (Stefano Boldrini, La Gazzetta dello Sport)

Ci sono figure – la Regina -, miti – l’impero britannico – e tradizioni – il tè delle cinque, il sorry, gli orrendi cappellini, la FA Cup – che in Inghilterra sono sacri e inviolabili. Fabio Fognini, smoccolando nel bel mezzo del match che stava perdendo con lo statunitense cattolicissimo e in odore di suprematismo bianco Tennys Sandgren «ma è giusto giocare su questo campo? Maledetti inglesi, dovrebbe scoppiare una bomba su questo circolo. `Na bomba deve scoppiare» ha violato, oltre ai confini del buon senso e della civiltà, uno dei sacri totem della vecchia Albione: Wimbledon. La frase è colta da un freelance del New York Times, Ben Rothenberg e rilanciata su Twitter. La questione infiamma i social, mentre Fognini si avvia serenamente a perdere 6-3 7-6 6-3. Il quinto ko ad un passo dagli ottavi di Wimbledon, la brutta prestazione e la maledizione della seconda settimana – negata – passano subito in secondo piano. Affronto. Insultare Wimbledon è un affronto. Evocare le bombe, in una nazione che ha dovuto fare i conti con il terrorismo islamico e le morti delle stragi del 7 luglio 2005, con ben 56 vittime, senza dimenticare gli attentati dell’Isis del 2017, è una caduta di stile imperdonabile. Fabio Fognini rischia almeno una multa e potrebbe ricevere una sanzione persino più pesante, considerato che è sotto diffida fino al 2020 per l’episodio avvenuto agli Us Open del 2017, quando insultò pesantemente la giudice di sedia Louise Engzell (“tro…” e “botch…” le parole usate nei suoi confronti). In quella circostanza, fu estromesso dal torneo, condannato a pagare 96 mila dollari e squalificato per due tornei dello Slam, pena poi sospesa con la condizionale se si fosse comportato bene. Ora, dopo aver evocato la caduta delle bombe su Wimbledon, Fognini potrebbe ritrovarsi di nuovo nei guai. Le scuse Fognini ha cercato di mettere una pezza scusandosi, ma l’incalzare dei cronisti lo ha innervosito ancora. Ecco il botta e risposta. Domanda: «Eri insoddisfatto di giocare sul campo numero 14?» Fognini: «Questo è stato il programma. Un programma così. Nulla da dire». Domanda: «E’ stata colta una tua frase in italiano, “maledetti inglesi, vorrei che scoppiasse una bomba su questo campo”. Eri arrabbiato per la scelta del campo?». Fognini: «Sì, il campo non era buono. Tu fai sport?». Domanda/ risposta: «Non ai tuoi livelli». Fognini: «Bene, la maggior parte del tempo che trascorri in campo si è frustrati. Non ero soddisfatto della mia prestazione, anche perché avevo molto da vincere in questo match e pensavo di avere buone chance. Chiedo scusa se ho fatto qualcosa. Ora devo concentrarmi sulla seconda parte della stagione. Vado al mare e riparto da Umago, il mio prossimo torneo». Domanda: «Chiedi scusa per che cosa?». Fognini: «Se ho detto qualcosa di offensivo, mi scuso. Nessun problema». Domanda: «Hai qualcosa da aggiungere su Wimbledon?». Fognini: «Nulla. Ho già detto tutto».

Fognini perde partita e bussola. “Qui dovrebbe cadere una bomba” (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport)

Le attenuanti non gli mancano. Perché dei 18 courts verdi dell’All England Club il campo n.14 è senza dubbio il peggiore, sia per le condizioni del manto erboso che per la sua inevitabile rumorosità. Esposto com’è su due lati allo struscio degli oltre 40.000 spettatori che ogni giorno varcano i cancelli del circolo più esclusivo del tennis. Dover giocare su quel campo i sedicesimi dei Championships, quando il ranking mondiale ti presenta come un Top 10, assomiglia molto a un’esplicita provocazione da parte degli organizzatori. Ma il comportamento di Fabio Fognini – nello specifico la sua imprecazione “anti Wimbledon” – resta comunque oltraggiosa non meno che censurabile. Nonostante le scuse (parziali) dell’interessato a fine match. Così l’italiano riparte da Londra («adesso vado al mare, con Flavia e il bimbo, solo dopo penserò alla seconda pare della stagione») con una doppia sconfitta. Battuto anche in campo, contro pronostico, dallo statunitense Thnnys Sandgren, n.94 Atp, sempre sconfitto nei due precedenti. Un avversario che alla vigilia appariva ideale per sperate di centrare – perla prima volta in carriera – gli ottavi dei Championships. «Ma quei due match li ricordo bene, perché erano sempre stati molto tirati. E sull’erba un giocatore come lui che serve molto bene è indubbiamente avvantaggiato. C’è poco da dire, ha giocato meglio di me e ha quindi meritato di vincere”. Eppure, smarrito malamente il primo set («ho subito un break stupido»), è nella seconda frazione che si concentrano le principali recriminazioni dell’azzurro. Con tre set-point a disposizione nel tie-break, uno addirittura con il servizio. Tutti sprecati «E’ il bello e il brutto di questo sport, sapevo che sarebbe stata una partita complicata. Perché lui serve molto bene e mi fa giocare male. E quel maledetto secondo set, dispiace doverlo ammettere, mi ha tagliato le gambe». Facendogli perdere concentrazione e anche contegno. LA FRASE. E’ a quel punto che Fognini, ripreso dalle telecamere, è sbottato: «Maledetti inglesi, dovrebbe cadere una bomba su questo circolo». Una frase che rischia di pagare a caro prezzo. Si parla persino di due Slam di squalifica. Anche per via dei suoi numerosi precedenti. Come quello del 2014, quando a Wimbledon aveva minacciato il supervisor Wayne McKewen: Vai via altrimenti ti spacco la racchetta in testa». Una sceneggiata che gli era costata circa 20.000 sterline. Poco meno di 100.000 dollari, viceversa, la multa ricevuta agli US Open 2017 per gli insulti sessisti rivolti alla giudice di sedia e che lo hanno visto “condannato” a due Slam di stop con la sospensiva. Sospensiva che non è ancora scaduta… «Quando giochi capita di arrabbiarsi. E io sicuramente non ero felice per come stavo giocando. Capita di sbagliare. E se qualcuno si è sentito offeso, mi scuso. Ma voglio subito pensare alla prossima partita. Il campo 14? Non ho perso per quello, anche se sicuramente non è bello, anzi è piuttosto danneggiato”. Oltreché il rammarico per una frase evitabilissima, resta il rimpianto per l’ennesima occasione perduta per interrompere quello che ormai è un vero “tabù Wimbledon”: per la quinta volta su undici Fognini ha raggiunto il terzo turno ai Championships, ma non è mai riuscito a scollinare nella seconda settimana

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