Nei Dintorni di Djokovic sull’erba: Petra sì, Cilic no. Ma c’è Nole, cuore e acciaio

Nei dintorni di Djokovic

Nei Dintorni di Djokovic sull’erba: Petra sì, Cilic no. Ma c’è Nole, cuore e acciaio

L’analisi dei risultati (e le dichiarazioni) dei giocatori dei paesi dell’ex Jugoslavia a Wimbledon. Nel complesso – solo in tre oltre il II turno – peggio che a Parigi. ma la fantastica vittoria di Djokovic fa passare tutto in secondo piano

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Novak Djokovic - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

Diciotto in totale – 10 uomini e otto donne – i rappresentati dei paesi dell’ex Jugoslavia nei due tabelloni di singolare. Un mese e mezzo fa a Parigi erano stati in diciannove, con la semifinale di Nole, i primi quarti di Perta Martic, gli ottavi di Donna Vekic e tanti qualificati al terzo turno a certificare per l’ennesima volta la buona qualità media del tennis balcanico. A Londra alla seconda settimana ci sono arrivati solo in due, Nole e Petra, e oltre al loro al terzo turno è approdata solo Polona Hercog. Ma volete mettere la vittoria di Novak?

TABELLONE FEMMINILE

CROAZIA IN CHIAROSCURO – “Non so cosa dire, è dura perdere così“. Era affranta Donna Vekic dopo la sconfitta al primo turno contro Allison Riske, match nel quale si era trovata in vantaggio per 4-1 nel terzo set prima di subire la rimonta della statunitense. “Brava lei, ha fatto dei punti incredibili, ma io ci ho messo del mio con tutti quei doppi falli” l’obiettiva analisi della neo23enne tennista di Osijek. Certo aveva ragione ad osservare che, da testa di serie, trovare Riske – fresca vincitrice di due tornei sull’erba, l’ITF di Surbiton e ‘s-Hertogenbosch –  al primo turno non è stato certo il massimo (“Non ho avuto un sorteggio fortunato”), ma non si può non sottolineare come ancora una volta Donna abbia mancato l’esame per dimostrare di poter aspirare a qualcosa in più che stazionare tra la 20esima e la 30esima posizione WTA. 

Poteva avere qualche rammarico anche Petra Martic, che invece dopo la sconfitta contro Elena Svitolina è parsa serena, come certificato dal suo proverbiale sorriso. Dopo i quarti a Parigi, la spalatina ha raggiunto la seconda settimana di uno Slam anche a Londra, battendo nell’ordine Brady, Potapova e Collins, prima di arrendersi alla solidità dell’ucrainaa e – da qui il possibile rammarico – alla sua schiena. Che non le ha permesso di andare oltre alle tre palle break sul 4-3 a suo favore nel primo set. “Purtroppo devo conviverci. Mi sono svegliata stamattina e ho sentito che avevo dei problemi. Ho cercato perciò di accorciare gli scambi, ma lei era solida, prendeva tutto e non sbagliava. Forse se avessi fatto il break, chissà, perché stavo giocando bene”. 

Annullate quelle Svitolina prendeva il volo e per la croata il sogno di bissare i quarti del Roland Garros svaniva: “Nel secondo set lei ha giocato ancora più sciolta e non c’è stato niente da fare”. Per Petra e la sua schiena ora un po’ di riposo (“Ripeto, ci devo convivere, e credo non sia niente di grave. Starò ferma un paio di giorni, andrò da uno specialista, ma spero di ripartire dal Canada”), ma portando a casa comunque un regalo da Londra: la top 20, sesta croata della storia a raggiungere questo risultato.

SLOVENIA SOTTO I RIFLETTORI – Ben quattro le tenniste slovene in tabellone, a conferma che in campo femminile qualcosa si muove nel paese che ha dato i natali alla campionessa del Roland Garros 1977 Mima Jausovec. Salutava subito il resto della compagnia solo Dalila Jakupovic, sconfitta nettamente da Filipkens, mentre Tamara Zidansek batteva 8-6 al terzo quella che un tempo – quando arrivo in semifinale sugli stessi prati londinesi – era una grande promessa, Eugenie Bouchard, prima di raccogliere solo tre game contro Wang.  

Ma chi si è fatto notare sono state Kaja Juvan e Polona Hercog. La 18enne Kaja ha superato le qualificazioni ed ha vinto il suo primo match in uno Slam, prima di arrendersi solo 6-4 al terzo a Serena Williams, non prima di averla un po’ spaventata vincendo il primo parziale. “Non ho molto da rimproverarmi. Ho lottato fino in fondo, anche nel terzo quando ero indietro nel punteggio, non ho mai mollato. Sono molto soddisfatta per questo. Forse le ho giocato troppo sul dritto, tornassi indietro cambierei questo, ma comunque lei è Serena” ha commentato, comunque soddisfatta, la grande promessa slovena dopo la sconfitta.

La 28enne di Maribor, invece, dopo aver battuto Kuzmova in rimonta ed eliminato la tds n. 17 Madison Keys, è arrivata per due volte ad un passo dai suoi primi ottavi Slam – leggasi i due match point sprecati, specie il secondo con un clamoroso doppio fallo – prima di sciogliersi davanti allo sfrontato talento di Coco Gauff. “Evidentemente è scritto che io non debba arrivare alla seconda settimana di uno Slam” ha commentato Polona dopo il match, guardando però agli aspetti positivi piuttosto che a quelli negativi. “Dura arrivare così vicino, ma essere così lontani. Ma devo pensare a come ho giocato i primi due set, se giocherò a questo livello i risultati nei prossimi tornei arriveranno. E anche la seconda settimana in uno Slam”.

Polona Hercog – Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

POCA SERBIA, MA CON ONORE Aleksandra Krunic ha lottato per un set prima di arrendersi nel match di esordio a quella Muchova che poi si sarebbe spinta fino ai quarti di finale battendo persino Karolina Pliskova. Chi invece ha fatto una gran bella figura è stata Ivana Jorovic. Dopo aver battuto in due set l’olandese Kerkohve, la 22enne Ivana ha ceduto solo 9-7 al terzo alla già citata Allison Riske, che più in là nel torneo avrebbe fatto tremare Serena. “Ho giocato bene, ma in questo momento non riesco ad esserne contenta, dopo aver perso una partita così tirata” ha detto a caldo dopo la sconfitta la tennista di Cacak. “Qui ho lottato alla pari contro una specialista dell’erba, come avevo lottato alla pari al Roland Garros contro una specialista della terra (perse contro Jennifer Brady 7-5 al terzo, ndr). Questo mi fa dire che sono sulla strada giusta”.

TABELLONE MASCHILE

CROAZIA, LA CRISI DI MARINAssente Borna Coric, che non è riuscito a recuperare in tempo dal problema agli addominali che lo aveva costretto al ritiro ad Halle, in Croazia in molti speravano che sull’erba di Wimbledon si rivedesse il vecchio Marin Cilic, quello capace di sfiorare la vittoria contro Federer nei quarti nel 2016 ed arrivare in finale nel 2017. Invece la crisi del 30enne di Medjugorje – accompagnato nell’occasione dall’ex top ten Wayne Ferreira, scelta che ha destato diverse perplessità in patria, ovviamente espresse post eliminazione – continua: la sconfitta in tre set al secondo turno contro un giocatore come Joao Sousa, da lui sempre sconfitto nelle 4 sfide precedenti e non certo uno specialista dell’erba (12 vittorie in carriera su 31 incontri prima di incontrare il croato) è di quelle veramente pesanti per il morale.

Per Cilic quest’anno da segnalare solo i quarti a Madrid (dove peraltro si è dovuto ritirare per l’ennesimo problema fisico), per il resto solo delusioni, specie negli Slam: sconfitta a Melbourne negli ottavi, secondo turno a Parigi e a Londra. Ed una classifica che dal n. 7 di inizio anno lo vede attualmente dieci posizioni più indietro, in 17esima posizione. In Croazia ci si interroga su quali siano i motivi di questo crollo, se sia legato ai ricorrenti problemi fisici oppure c’è dell’altro, considerato che Marin non è mai stato fortissimo dal punto di vista mentale e forse potrebbe fare fatica a metabolizzare l’insieme di infortuni e sconfitte. Chi si è invece fatto notare in positivo è stato  l’eterno Ivo Karlovic, che a furia di mazzate di servizio (92% di punti con la prima, 21 ace) ha superato Andrea Arnaboldi ed ottenuto un altro primato di longevità: era infatti dai tempi di Ken Rosewall che un quarantenne non vinceva un match in singolare a Wimbledon (che poi un quasi 38enne stesse per vincerlo, beh, è un’altra storia…), prima di cedere all’altro italiano Thomas Fabbiano senza grossi rimpianti “Lui ha giocato molto bene, non sbagliava mai. Il mio back di rovescio non gli ha dato mai fastidio”.

Marin Cilic – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

GLI ALTRI LOTTANO, MA NON BASTA – C’erano anche lo sloveno Aljaz Bedene ed il bosniaco Damir Dzumhur in tabellone, usciti al primo turno ma con l’onore delle armi. Il tennista di Lubiana ha giocato un bel match ed ha impegnato severamente Berrettini, che ha avuto bisogno di quattro set, e di un tie-break nel quarto, per avere la meglio sullo sloveno. Continua invece il periodo nero di Dzumhur, in un’annata piena di problemi fisici. “Dovevo vincere in tre set. Invece mi son fatto rimontare da 5-2 sopra nel secondo set. Sono riuscito a vincere il terzo, ma sapevo che con tutti gli infortuni e gli stop dell’ultimo periodo non ero in grado di reggere tanto tempo a quel livello in campo. Dovevo vincerla prima” ha commentato, un po’ sconfortato il 27enne di Sarajevo dopo la sconfitta al quinto contro Cuevas. Sconfortato ma non certo disposto a mollare. “Devo solo tornare ad allenarmi con continuità ed intensità”.

SERBIA, (TANTISSIMO) NOLE E POCO ALTRO – Se a Parigi oltre alla semifinale di Djokovic si erano visti anche altri tre serbi al terzo turno, a Wimbledon invece oltre al n. 1 del mondo nessun tennista di Belgrado e dintorni è riuscito ad andare oltre il secondo turno. Dusan Lajovic non ha onorato la sua prima testa di serie ai Championship ed è uscito subito per mano del polacco Hurcakz, e anche Filip Krajinovic ha fatto subito i bagagli, battuto dalla wildcard tedesca Kopfer in quattro set. “Quel tie-break è stato decisivo” ha osservato il 27enne di Sombor dopo il match, riferendosi al tie-break del terzo set perso 11-9, dopo il quale si è letteralmente “sciolto”. Inutile dire che da entrambi ci si attendeva qualcosa in più, dopo i buoni risultati sul rosso.  

Hanno fatto un turno in più gli altri tre tennisti serbi. Sicuramente da elogiare Janko Tipsarevic, che riesce finalmente a superare di nuovo un turno in uno Slam, dopo le due battaglie perse al primo turno a Melbourne e Parigi contro Dimitrov. Qui vince un’altra battaglia (6-2 al quinto contro Nishioka), prima di dare filo da torcere al finalista dello scorso anno Kevin Anderson. Tutto sommato, non si poteva chiedere di più neanche agli ultimi due. Miomir Kecmanovic ha battuto Carballes Baena prima di ritirarsi all’inizio del terzo set conto Benoit Paire: problemi alla caviglia per lui, forse legati alle tossine non ancora smaltite del torneo di Antalya della settimana precedente (cinque tie-break giocati tra semifinale e finale). Laslo Djere ha battuto un giocatore che è ancora più terraiolo di lui, l’argentino Andreozzi, prima di incontrare un Millman che non è uno specialista dei prati, ma da australiano sicuramente se la cava molto meglio del 24enne di Senta.

Su Nole non c’è veramente cosa aggiungere a quello che è stato scritto su Ubitennis e altrove per celebrare la sua vittoria. Il fuoriclasse di Belgrado si era presentato a Wimbledon sorprendendo un po’ tutti, dopo aver chiamato Goran Ivanisevic a far parte del suo staff (scelta che in Serbia non tutti hanno preso bene, ricordando alcune frasi di un giovane Goran ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia). Ma le sorprese da parte di Nole finivano lì. Dopo aver regolato facilmente Kohlschreiber e Kudla, cedeva un set a Hurkacz (“Ci voleva, ma ha dato una sveglia”), triturava Humbert e Goffin, anche se la prima parte del primo set contro il belga lo aveva visto un po’ contratto (“All’inizio ero teso, poi recuperato il break mi sono come liberato“) e poi si imponeva nettamente alla distanza su Bautista Agut. Infine, il capolavoro contro Federer. E contro la spinta dei 15.000 del Centrale per lo svizzero. E chissà di quanti altri seduti a casa davanti al televisore.

Novak Djokovic e Roger Federer – Wimbledon 2019 (via Twitter, @ATP_Tour)

Jeeg va, cuore e acciaio, cuore di un ragazzo che senza paura sempre lotterà” recitava la sigla di un noto cartone animato giapponese trasmesso in Italia negli anni Ottanta. Non sappiamo se sia stato trasmesso anche in Serbia, certo è che quelle parole calzano benissimo sul Novak Djokovic visto domenica. Cuore e (nervi) d’acciaio. E tanto, tanto talento: perché per giocare sempre, sempre, sempre vicino alla riga, qualsiasi tipo di palla gli arrivasse in seguito alle magie di Roger, ce ne vuole veramente tanto. Come si dice in Serbia: svaka ti cast, Nole (congratulazioni, Nole).

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