Nei dintorni di Djokovic prima di Djokovic: il Roland Garros di Mima Jausovec, la bimba a cui non prestarono la racchetta

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic prima di Djokovic: il Roland Garros di Mima Jausovec, la bimba a cui non prestarono la racchetta

Questa settimana ripercorriamo la carriera di Mima Jausovec, vincitrice nel 1977 del Roland Garros femminile. La ragazzina che giocava con la racchetta del fratello perché a lei non la prestavano, divenne la prima tennista europea a vincere l’Orange Bowl e la prima giocatrice jugoslava a vincere uno Slam in singolare. Anche grazie ad un ristorante italiano, dove torna a cena ogni anno

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Prima di Novak Djokovic, Marin Cilic e Goran Ivanisevic. Prima di Iva Majoli e Monica Seles.
Prima di tutti ci fu lei, Mima Jausovec.

Un nome sentito di recente dagli appassionati italiani di tennis, dato che in occasione delle finali degli Internazionali d’Italia di quest’anno è stata premiata per i 40 anni della sua vittoria al Foro Italico.
Probabilmente però, prima che ricevesse in premio la racchetta d’oro forse non tutti gli appassionati sapevano che la Jausovec fu la prima tennista jugoslava a vincere un torneo del Grande Slam in singolare, nel 1977. Curioso che questo primato sia detenuto da una giocatrice proveniente dalla Slovenia, uno degli stati dell’ex federazione jugoslava in cui sicuramente il tennis non era uno degli sport più famosi e praticati. A 39 anni dalla sua vittoria parigina, ripercorriamo pertanto in questo articolo la sua carriera, anche attraverso alcune dichiarazioni che la stessa campionessa slovena ha rilasciato in questi ultimi anni.
A partire da quella in cui spiegava come mai una bambina nata a Maribor nel 1956, si mise a giocare a tennis nella Jugoslavia degli anni Sessanta.
“Abitavamo vicino al Tennis Club Branik. Mio fratello Zoran, più vecchio di me di 5 anni e che dopo diventerà il mio allenatore, cominciò a giocare lì. Passavamo molto tempo a fare sport, giocavamo a calcio lungo la via e papà mi portava anche a fare atletica. Ma io andavo spesso sui campi da tennis. Di fatto ero l’unica ragazza. Le racchette per poter giocare le prestava il club, ma il magazziniere mi diceva sempre “Torna l’anno prossimo perché sei troppo piccola”. Così mio fratello si faceva prestare la racchetta e poi la dava a me. Nel 1966 disputai il mio primo torneo, i Campionati sloveni. Arrivò il primo successo e questo mi spinse a continuare. Tutto è iniziato così.”

Le vittorie si susseguirono, a livello nazionale prima ed a livello europeo poi. Fino all’esplosione nel 1973, anno in cui vinse il singolare juniores al Roland Garros e poi l’Orange Bowl in Florida, prima tennista europea a vincere il titolo nel singolare femminile. Per capire la portata del risultato, basta aggiungere che bisognerà attendere altri 14 anni per vedere un’altra europea vincere il torneo (Natalia Zvereva, nel 1987).
“Quella volta non c’erano i collegamenti telefonici attuali. I miei genitori seppero solo attraverso l’agenzia di stampa jugoslava Tanjug la notizia che avevo vinto. Il loro primo commento fu: meno male, nostra figlia è viva e sta bene, è tutto a posto.”

Grazie alla vittoria a Miami, Mima ebbe la possibilità di disputare subito dopo i suoi primi tornei nel circuito professionistico proprio negli Stati Uniti. Anche se, come si può immaginare, per una ragazza proveniente dalla Jugoslavia non mancò qualche problema di carattere economico-organizzativo.
“Avevo in tasca 15 dollari quando vinsi l’Orange Bowl e gli organizzatori mi offrirono di incidere il mio nome sulla coppa. Io ovviamente accettai. Ma il giorno dopo quando mi riportarono la coppa mi presentarono anche il conto dell’incisione: 15 dollari. Rimasi scioccata, ma non avevo alternative. Così mi ritrovai senza nemmeno i soldi per i biglietto per la California, dove avrei dovuto disputare il mio primo torneo professionistico. Per fortuna mi aiutò la nazionale cecoslovacca, Martina Navratilova mi prese sotto la sua ala protettrice. Siccome al Branik per un periodo avevo avuto un allenatore cecoslovacco, conoscevo la lingua. I soldi non erano molti, ma ad ogni torneo riuscivo a guadagnare quanto era necessario per partecipare al torneo successivo.”

Nel 1974 la Jausovec conquistò ancora un prestigioso alloro a livello juniores, il singolare femminile di Wimbledon. E nella stessa occasione si dimostrò poco riconoscente verso quella Martina Navratilova che tanto l’aveva aiutata pochi mesi prima negli Stati Uniti, estromettendola al primo turno del singolare femminile seniores.
È stata l’unica sconfitta di Martina al primo turno di Wimbledon in tutta la sua carriera. Mi ricordo bene quell’incontro. Il match fu sospeso per oscurità così continuammo il giorno dopo. Io sfruttai i preziosi consigli che mi diede Niki Pilic, che era già una star del tennis mondiale ma veniva ancora a vedere i miei match.”
E qualche settimana dopo, pochi giorni prima di compiere 18 anni, raggiunse anche la sua prima finale nel circuito professionistico a Kitzbuhel, dove venne sconfitta dalla cecoslovacca Kozeluhova.

Il suo primo trofeo nel circuito maggiore la Jausovec lo alzò poco meno di due anni dopo, proprio a Roma nel 1976, superando in finale l’australiana Hunt per 6-1 6-3. In quella stagione arrivò anche in semifinale agli US Open, sconfitta dalla sua bestia nera, Chris Evert.
“Con la Evert è andata così: è l’unica giocatrice che non ho mai battuto. Anche quando mi sono trovata in vantaggio, alla fine ho sempre perso. Credo che non fossi abbastanza preparata fisicamente per affrontarla e quanto dovevo chiudere non ne avevo più…”

Ma a Parigi l’anno dopo Chris Evert non si presentò, e neanche Martina Navratilova. E Mima Jausovec, che doveva ancora compiere 21 anni, non si fece pregare ed entrò nella storia del tennis conquistando il Roland Garros. Nonostante i problemi al ginocchio sinistro, che condizionarono tutta la sua carriera, la facessero già soffrire. In particolare nella finale, vinta contro la rumena Florenta Mihai per 6-2 6-7 6-1.
Il ginocchio sinistro mi faceva molto male e tra un match e l’altro dovevo farmi – da sola – delle iniezioni. Riuscii a procurarmi un particolare spray antidolorifico. Quando in finale la Mihai pareggiò il conto dei set, al cambio campo pensai che non sarei riuscita ad alzarmi in piedi. Lo spray invece fece effetto, ma soprattutto – nonostante il dolore – sentivo che non potevo perdere quella finale. Già prima dell’incontro mi sentivo molto sicura di me, convinta che avrei vinto. Difficilmente in carriera quando ho avuto un’occasione non l’ho saputa sfruttare, raramente ho sentito la pressione di essere favorita. La stessa cosa mi accadde l’anno prima a Roma, quando vinsi. Sentivo che avrei vinto e così fu.”

Mima si destreggiava bene sia in singolare che in doppio. In quest’ultima disciplina giocò spesso in coppia con una sua grande amica, la campionessa rumena Virginia Ruzici. Insieme nel 1978 conquistarono il titolo di doppio a Parigi, dopo che nelle due settimane precedenti avevano trionfato sulla terra rossa di Amburgo e di Roma. E fu la stessa Ruzici che non le permise di bissare la vittoria in singolare dell’anno precedente, sconfiggendola nettamente in finale per 6-2 6-2.
“Contro di lei ho perso solo una volta, in quella occasione. A dire la verità non stavo bene e a causa di questo non dormii tutta la notte prima della finale. Siccome però avevo vinto l’anno prima non mi fu difficile accettare la sconfitta, anche perché con Virginia conquistammo la vittoria il doppio.”
Nello stesso anno a Wimbledon la Jausovec raggiunse i quarti in singolare, ma di quella edizione dei Championship si ricorda soprattutto quella che definisce la peggiore sconfitta della sua carriera: la finale del doppio femminile, in cui lei e Virginia Ruzici, vennero sconfitte dalla coppia australiana composta da Kerry Melville Reid e Wendy Turnbull con il punteggio di 4-6, 9-8, 6-3.
Con Virginia ancora oggi non riusciamo a perdonarci quella sconfitta. Nel secondo set arrivammo ad avere due match point a favore. Sul primo eravamo certe di avere fatto il punto e io mi mossi persino verso la rete per andare a stringere la mano delle avversarie. Non so come, una delle avversarie si girò, allungò la racchetta e colpì la palla in qualche modo la palla, che cadde nel nostro campo. Non sfruttammo neanche la seconda occasione e alla fine perdemmo. Sono quelle sconfitte che non dimentichi, di cui ti rimane un ricordo dal gusto amaro. Ma la sport è così, bisogna accettarlo.”

I frequenti problemi fisici non permisero alla tennista di Maribor di ottenere quei risultati che il suo talento le avrebbe consentito di raggiungere, ma ogni qualvolta il fisico le concedeva un po’ di tregua, la Jausovec tornava a far parlare di sé. A livello Slam raggiunse la semifinale in Australia e i quarti di finale in Francia nel 1980, i quarti di finale a Parigi e a Wimbledon nel 1981. E nel 1982 salì sino al n. 6 della classifica mondiale, il suo best ranking. E soprattutto conquistò la sua terza finale a Parigi nel 1983.
“Considero la finale del 1983, da un certo punto di vista, il mio più grande risultato. C’erano tutte le migliori al mondo, io ero sul punto di rinunciare perché pensavo di operarmi al ginocchio. Invece giocai ed arrivai fino in fondo. È stata una grande soddisfazione.”

Ottenne ancora qualche discreto risultato fino al 1985, quando l’operazione al ginocchio (dovrà poi farne anche un’altra) divenne inevitabile. La Jausovec rientrò e continuò a giocare, ma senza arrivare ai livelli precedenti, fino al 1988, quando decise di concludere la carriera. Non prima di un ultimo guizzo sull’amata terra parigina, dove si spinse sino al terzo turno nel 1986.

Dalla vittoria nel singolare juniores nel 1973 all’ultima partecipazione nel 1987, per Mima Jausovec – che oggi gestisce a Maribor il suo centro tennistico “Mima” – Parigi rappresenta il file rouge di tutta la carriera.
“Nel tennis la conquista di un torneo del Grande Slam è il desiderio di ogni giocatore. È la cosa più importante per un tennista. Quando lo conquisti il tuo nome viene scritto a caratteri d’oro nella storia del tennis, nessuno potrà mai cancellarlo. In qualunque posto io vada, per qualsiasi motivo, legato al tennis o meno, tutti mi presentano come la vincitrice di un torneo del Grande Slam. Questo è il mio più grande successo, ne sono orgogliosa.
Dal 1977 torno ogni anno a Parigi. Non ci sono andata solo una volta, nel 1991, quando è nato mio figlio. Mi trovo con vecchi colleghi e amici. Incontro sempre Virginia Ruzici, lei vive a Parigi e siamo rimaste grandi amiche. E ogni anno rispetto una tradizione: una sera vado a cena nel ristorante italiano dove andavo regolarmente a cenare ogni sera con mio fratello Zoran l’anno che vinsi il torneo. Ma soprattutto mi piace andare a vedere i match sul Campo Centrale. Quando mi siedo nella tribuna e guardo quel campo, sento ancora l’adrenalina di quando giocavo scorrere lungo il corpo.”

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