Ad Umago Lajovic fa il compitino: basta per il primo titolo ATP

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Ad Umago Lajovic fa il compitino: basta per il primo titolo ATP

In una finale non entusiasmante, Dusan Lajovic sfrutta la maggior esperienza a livello ATP e supera con un doppio 7-5 Balazs. Da domani il serbo torna tra i top 30, l’ungherese per la prima volta nei top 150

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Dusan Lajovic (ATP Umag 2019)
 

Dal nostro inviato ad Umago

Non che ci si aspettasse un gran tennis dalla finale della 30esima edizione del Croatia Open di Umago e le previsioni sono state, purtroppo, rispettate. Entrambi i finalisti si giocavano troppo per potersi esprimere al meglio dal punto di vista tecnico (a fine partita gli errori non forzati saranno ben 74 – 39 Lajovic e 35 Balazs – a fronte di solo 44 vincenti – 25 il serbo e 19 l’ungherese). Lajovic aveva la grande occasione di vincere il primo torneo ATP in carriera e rientrare tra i top 30. In più aveva la pressione del favorito: giocare una finale contro un avversario che dista più di 170 posizioni nel ranking qualche pensiero in testa lo mette, come ha confermato lui stesso nel dopo partita (“Giocare una finale da favorito un po’ di pressione la crea, non lo nascondo“).

Balazs poteva forse viverla un po’ più serenamente, da qualificato e sopravvissuto ad un paio di match in cui era già con un piede e mezzo fuori dal torneo (i 7 match point contro nel match con Galovic, sotto di un break contro Krajinovic nel set decisivo), ma anche lui molto probabilmente avrà avuto il pensiero che a trent’anni la prima occasione di vincere un torneo ATP potrebbe essere anche l’ultima. Alla fine ha vinto il giocatore più esperto, più abituato a giocare a livello ATP: Dusan Lajovic. Lo ha fatto senza esprimere il suo tennis migliore, anzi scegliendo di lasciare il pallino del gioco al suo avversario, conscio del fatto che in questa settimana il tennista ungherese si era esaltato nella fase difensiva, sfruttando abilmente la spinta dei colpi avversari e rimettendo dall’altra parte della rete qualsiasi cosa, usando molto bene anche la palla corta.

IL MATCH – La partita iniziava con Lajovic che da subito si faceva notare per dei colpi a velocità più basse del consueto e traiettoria più alte del solito, specie di rovescio. Dopo poco, visti i primi errori di Balazs, si capiva il piano tattico del serbo: non dare la possibilità al n. 207 del mondo di fare il suo classico gioco di rimessa da fondocampo. “Avevo visto il suo match contro Laslo (Djere, ndr) e volevo evitare di dargli la possibilità di sfruttare la palla corta o di venire a rete e di consentirgli di metterla sul piano degli scambi vicino alla rete dove si trova a suo agio. Perciò avevo deciso di giocare molto profondo. All’inizio non sono riuscito a farlo bene, è andata meglio dalla seconda parte del primo set” dirà Lajovic nel post-match.

La partita si sviluppava perciò attraverso gli errori dei due giocatori, inframezzati ogni tanto da qualche soluzione tecnicamente valida (in particolare le palle corte), il che non la rendeva certo piacevole per il pubblico: tanti i mormorii attorno a noi dopo ogni errore, andati aumentando con l’andare del match. Le prime occasioni di mettere il naso avanti le aveva Lajovic, con due palle break nel quarto gioco, ma Balazs rimetteva le cose a posto, un po’ col servizio, un po’ con l’aiuto degli errori del 29enne belgradese. L’impressione era comunque che da un momento all’altro a Lajovic riuscisse lo strappo.

Invece, improvvisamente e senza una ragione tecnico-tattica vera e propria, nel settimo gioco ecco il break a favore di Balazs. In realtà un po’ di merito l’ungherese ce lo aveva, grazie ad una bella palla corta e ad una risposta vincente, ma l’errore di Lajovic sulla palla break era marchiano. Il pubblico di parte ungherese (il tifo era equamente diviso sulle tribune finalmente quasi al completo del Centrale di Umago) si esaltava, urlando “Ati” “Ati”, e faceva lo stesso il 30enne di Budapest che con un paio di buone soluzioni vincenti saliva 5-3. Lajovic era tentato di rompere la racchetta per la rabbia, dopo l’ennesimo errore nel primo punto del nono gioco, e in qualche modo questo gesto, seppur più simbolico che effettivo, lo aiutava a scuotersi.

E come d’improvviso aveva perso la battuta, altrettanto improvvisamente infilava un parziale di quattro giochi consecutivi – come in semifinale contro Caruso – e dopo un’ora incamerava il primo set, 7-5. A dire il vero un motivo c’era: il serbo era stato bravo ad alternare il gioco di rimessa fatto sino a quel momento con qualche buona accelerazione, destabilizzando quel tanto che bastava Balazs, che commetteva un paio di grosse ingenuità che spiegavano un po’ il fatto che fino ad oggi non fosse riuscito a sfondare il muro dei top 150.

Il secondo set pareva dovesse essere una formalità, quando al quarto gioco Lajovic strappava la battuta al secondo tentativo all’ungherese, che ora appariva un po’ spento fisicamente – del resto era al settimo match qui a Umago, di cui i tre vinti al terzo durati più di due ore e mezza – e subito dopo saliva 4-1. Qui il serbo peccava un po’ di presunzione e iniziava a spingere, convinto forse di aver ormai stroncato la resistenza dell’avversario (“Ho capito da un paio di punti che aveva chiuso troppo velocemente che fisicamente stava calando“). Ma invece faceva tornare Attila nella sua “comfort zone” e l’ungherese piazzava un parziale di tre giochi consecutivi che gli consentiva di impattare sul 4 pari.

Qui “Duci” – il diminutivo con il quale lo incitavano i tifosi serbi – aveva il merito di non scomporsi, tornare al copione originario e attendere un’altra occasione (“Quel game al servizio l’ho perso un po’ così, ma mi sono detto di stare tranquillo e di aspettare la chances di brekkarlo di nuovo“). Che puntualmente si presentava nell’undicesimo game. Sul 30-15 Balazs (“Quando andavo a servire sentivo la stanchezza” ammetterà a fine match) sparava un dritto in tribuna e Lajovic capiva che era il momento di portare a casa match e torneo: infatti conquistava i due punti successivi e chiudeva 7-5, diventando il terzo serbo in stagione a vincere un torneo ATP, dopo Djokovic e Djere (“Non ho ancora realizzato di aver vinto il primo torneo ATP. Ci metterò un po’, anche se non c’è tempo per festeggiare, da domani devo pensare al torneo di Gstaad“).

Con un balzo di dieci posizioni in classifica, al n. 26, e la conseguente prospettiva di essere testa di serie allo US Open. Balazs si consola con il best ranking al n. 141, per la prima volta tra i top 150, e l’assegno di quasi 50.000 euro, quasi raddoppiando gli introiti della stagione in corso. Oltre a portare a casa nuove consapevolezze, che gli daranno nuove energie nel cercare di raggiungere obiettivi sfuggiti in passato, come dichiarato alla fine del match: “Il prossimo obiettivo? Riuscire finalmente a qualificarmi per il tabellone principale degli Slam“.

UMAGO PER WIMBLEDON – Chiudiamo con la simpatica risposta di Lajovic alla domanda di un giornalista croato, ovvero se pensa di telefonare a Djokovic per dirgli che lui ha vinto un torneo che il n. 1 del mondo non ha nel suo lunghissimo palmares: “Sì potrei, tanto cos’ha vinto lui più di me? Solo sedici Slam… magari gli propongo di fare cambio con uno dei suoi Wimbledon!“.

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