Doping, un nuovo caso: sospesa Haddad Maia

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Doping, un nuovo caso: sospesa Haddad Maia

La brasiliana è risultata positiva a degli anabolizzanti in un controllo effettuato durante il torneo di Bol a giugno. La sospensione è ancora temporanea e appellabile

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Beatriz Haddad Maia - Bogotà 2019 (foto via Twitter, @CopaWTABogota)
 

Si profila un nuovo caso doping: Beatriz Haddad Maia, attuale numero 99 WTA, è stata provvisoriamente sospesa dalla ITF. La brasiliana avrebbe violato il Tennis Anti-Doping Programme fallendo un test delle urine a inizio giugno, durante il torneo di Bol in Croazia. Nell’occasione, è stata eliminata al primo turno da Sara Sorribes Tormo. Le analisi contestano alla brasiliana la presenza di sostanze denominate SARM S-22 e SARM LGD-4033, metabolite che per la WADA rientrano nell’elenco degli anabolizzanti.

La sospensione, come accennato, è al momento da intendersi come provvisoria fino al completamento delle indagini. Risulta già in vigore ma senza che ne sia stata prevista la durata. Attraverso una nota del suo legale, la giocatrice ha fatto sapere come non abbia mai violato le regole e come voglia al più presto dimostrare la sua innocenza.

L’ex numero 58 del mondo ha diritto adesso di chiedere un’audizione immediata per impugnare la sospensione temporanea (ma pare non l’abbia ancora fatto), prima di entrare nel vero e proprio giudizio. La ventitreenne di San Paolo si è tolta di recente la soddisfazione di eliminare Garbine Muguruza a Wimbledon, prima di finire fuori al secondo turno contro la padrona di casa Harriet Dart. Nel torneo incriminato di Bol ci era arrivata dopo essersi ritirata nelle qualificazioni del Roland Garros, al cospetto dell’ucraina Zavatska.

Nella prima parte della stagione sono arrivati per lei un paio di risultati rilevanti: la semifinale persa da Anisimova sulla terra colombiana di Bogotà, preceduta a febbraio dai quarti sul cemento di Acapulco. A proposito di Messico: Marcela Zacarias, oggi 519 WTA, all’inizio dell’anno venne trovata positiva a una sostanza della stessa categoria (S1) di quelle contestate a Haddad-Maia. L’appello della messicana andò però a buon fine, riuscendo a dimostrare come l’assunzione fosse derivata da un consumo eccessivo di carne.

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