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Rassegna stampa

Addio ai monti. Adesso Jannik scala solo le classifiche (Cocchi). Federer ha dimenticato Wimbledon in camper sulle Alpi (Piccardi)

La rassegna stampa di mercoledì 7 agosto 2019

Last updated: 07/08/2019 9:26
By Alessia Gentile Published 07/08/2019
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8 Min Read

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Addio ai monti. Adesso Jannik scala solo le classifiche (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Dalle montagne della Val Pusteria al clima mite di Bordighera, sulla riviera ligure di Ponente, alla corte di Riccardo Piatti. Tutto per diventare un grande tennista. Jannik Sinner, a 17 anni e 11 mesi il più giovane giocatore nella top 200 e fresco di numero 135 del mondo, è una bella finestra sul futuro del tennis italiano. L’altoatesino è un ragazzo votato al lavoro, ma resta un teenager con tutto il mondo da scoprire. Il tecnico Riccardo Piatti lo segue da quando aveva 13 anni, lo ha «aiutato» nella transizione tra la vita in famiglia a Sesto Pusteria a quella nell’accademia di tennis. Prima, qualche anno in famiglia con uno dei tecnici del suo staff, Luka Cvjetkovic, ora Jannik vive in un appartamento vicino ai campi, insieme a due giovani colleghi: Lorenzo Ferri, classe 2004, e Simone Cacciapuoti, un 2000 come lui. Lasciare a 13 anni la famiglia e andare a vivere a 700 chilometri di distanza, con persone che a malapena si conoscono è stato un bel salto: «Il ragazzo arriva da una famiglia molto solida – racconta Piatti – e con una grande cultura del lavoro. Il papà è cuoco in una baita in Val Pusteria e la mamma lavora come cameriera nella stessa baita. Ha un fratello un po’ più grande, Mark, che lavora a Brunico. Sono persone estremamente concrete e hanno appoggiato le scelte del figlio senza mai essere invadenti o voler imporre le loro decisioni. Quando vengono a trovarlo magari escono a cena, stanno insieme ma non sono mai venuti a seguire un allenamento». A volte, quando le cose non vanno nel verso giusto o la fatica di viaggi e allenamenti si fanno sentire, il ragazzo chiama la mamma Siglinde: «Si, ma i genitori non sono tanto indulgenti. La mamma, che lo ha visto per la prima volta in un match da professionista agli Internazionali, è solita ripetergli che se quella del tennis è la strada che ha scelto allora deve perseguirla senza farsi prendere dallo sconforto». A Bordighera pub contare su una famiglia «adottiva». Luka Cvjetkovic lo ha accolto a casa sua, a Bordighera. […] Una pizza con i coetanei ogni tanto, se la concede: «Non esce di frequente – racconta il tecnico croato -. Adesso si allena tutto il giorno, e a casa deve arrangiarsi insieme a Lorenzo e Simone, i ragazzi con cui vive. Cucinare, lavare, pulire». Fa da solo anche con le racchette: «Se le incorda da solo. Lo ha imparato fin da piccolo, perché secondo la sua famiglia più si è autosufficienti meglio è – spiega Piatti -. Lo fa sia negli allenamenti che nei tornei, e con i primi guadagni ha voluto fare un investimento e si è comprato una macchina incordatrice da 700 euro». Inevitabile che un bambino nato a San Candido e cresciuto a Sesto Pusteria non abbia avuto un primo approccio sportivo con lo sci: quella è stata la sua attività principale fino ai 12 anni. Calcio e tennis erano gli sport a cui si dedicava d’estate: «Scendere sulle piste non lo appassionava – continua il tecnico ligure –.Mi ha spiegato il perché in maniera molto lucida: “Lo sci non mi divertiva. guardavo fuori dal cancelletto e a vedere quelle pendenze avevo paura. Sulla neve sei dentro o fuori, nel tennis puoi sempre crearti un’altra occasione». Roger Federer, Djokovic, e in principio fu Seppi. Sono loro i modelli di Sinner. In Alto Adige l’azzurro è un punto di riferimento e Jannik è stato segnalato a Riccardo Piatti proprio da Max Sartori, il tecnico di Seppi. Il mito assoluto però è Roger Federer, irraggiungibile per molti, ma non per lui. Lo svizzero a Roma, durante gli Internazionali ha voluto il 17enne come sparring partner per un allenamento, e alla fine lo ha elogiato sia dal punto umano che tecnico: «E’ un ragazzo molto serio e gentile – ha detto il Magnifico dopo qualche scambio -, in più ha un gioco molto efficace da fondo e penso che dovremo aspettarci grandi cose in futuro». La benedizione di Roger.

Federer ha dimenticato Wimbledon in camper sulle Alpi (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

L’avevamo lasciato con la testa tra le mani, seduto al centro del suo giardino, curvo sotto il peso dei due match point non sfruttati contro Novak Djokovic in una finale di Wimbledon lunga cinque set e cinque ore. La sconfitta più atroce della carriera. Dal 14 luglio, Roger Federer era sparito dai radar. Nessun tweet, zero foto su Instagram, un forfeit annunciato a Montreal, il ritorno in campo programmato a Cincinnati, al via domenica, l’ultimo Master 1000 prima dell’Open Usa. Missing. Il Maestro era sulle Alpi svizzere, vicino a casa: radunata la famiglia sul camper (sì, sul camper), Roger ha ricaricato le pile camminando zaino in spalla sul massiccio dell’Alpstein e facendo il bagno nei laghetti gelati introno a Appenzell, capitale dell’omonimo cantone. La notizia è girata via social quando il fuoriclasse è stato riconosciuto dai turisti attoniti. La mozione degli affetti, nei luoghi natii. Poi, il tennis. L’amore più antico. Ed ecco spuntare un video dello svizzero al tennis club di Nyon, canton Vaud, primo atto della preparazione al torneo di Cincinnati. Accanto a Federer, come da copione, Ivan Ljubicic, l’amico-coach che ha provato a convincerlo che a Wimbledon gli dei del tennis non l’hanno abbandonato: si sono solo distratti. «Roger a Londra ha fatto 14 punti in più di Djokovic — ha detto Ljubicic —, cioè tre game e mezzo. Non è poco. Pur giocando meglio, ha perso. Non facciamo drammi. Alla fine parliamo di sport: a nessuno cambierà la vita per questa finale. A me interessa che, a 37 anni, Roger giochi ancora così. Andiamo avanti». Da domani, 38. II maestro compirà gli anni in un diluvio social di messaggi di auguri, e pazienza se il sogno di regalarsi il 21° Slam si è perso tra i fili d’erba di Londra. Questa storia, la storia dei due uomini straordinari che poi sono diventati tre non è finita in Church Road. «Finché mi diverto, gioco» ha sempre detto lo svizzero. Che ha investito 13,5 milioni di dollari per la realizzazione di 81 scuole materne in Africa. Obiettivo un milione di bambini. Un record, anche questo.


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