David Goffin: ce la farà?

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David Goffin: ce la farà?

David Goffin rischia di essere stritolato tra un vertice molto arzillo e un gruppo di Next Gen agguerrito. Ma forse può ancora dire la sua

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David Goffin - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

Camminando sulle acque dell’Arthur Ashe Stadium, appena un paio di giorni prima della rovinosa caduta contro Dimitrov che forse avrebbe potuto ispirare Honoré De Balzac, Federer si era bevuto un quarto turno in tre rapidi set. Ma obiettività vuole che sia stato un vallone dagli occhi semplici e i modi garbati ad aver attratto la nostra attenzione. David Goffin non è esattamente un outsider e ha visto tempi migliori ma è comunque una piacevole conferma per chi ama il bel tennis. Qualcuno lo associa ad Agassi anche se per lo scrivente è più simile a Berdych, così come altri gli accreditano un gran rovescio mentre lui predilige più apertamente il diritto. Questione di opinioni. Ciò che mette d’accordo tutti, invece, è che il belga di Liegi sia un talento che ama il tennis completo e su ogni superficie così come, a suo tempo, deve aver suggerito papà Michel, ottimo maestro di tennis.

Non ancora trentenne, un metro e ottanta scarso per 68 chili di leggerezza, il buon Davide non entrerebbe di diritto tra i soggetti dalla stazza preoccupante! Poco importa se in cambio si rientra nella ristretta cerchia dei talentuosi dal timing tanto raffinato da replicare alle sassate in arrivo mantenendo compattezza e controllo. Una virtù, nel suo caso, da tirare a lucido tutti i giorni prima di uscire di casa. Non bastasse, c’è anche quella rara elasticità con la quale incute rispetto ogni qualvolta che la sorte lo chiama al servizio.

Dopo una crescita spesa tra futures e challenger con ottimi risultati, la grande occasione passa grazie al ritiro di Gael Monfils dal Roland Garros 2012. Un carpe diem inatteso che fa di lui un lucky loser molto lucky, e tanto equipaggiato da battere in successione Stepanek, Clement e Kubot cedendo il passo solo a Federer non prima di avergli strappato un set. Finisce l’anno tra i primi 50 e inforca un 2013 di luci e ombre che rimanda il vero salto all’anno successivo con il terzo turno agli US Open, la vittoria sulla terra di Kitzbuhel e quella sul cemento di Metz. Chiuderà in bellezza con la finale a Basilea.

Il 2015 lo vede finalista sulla terra di Gstaad e l’erba di ‘s-Hertogenbosch nonché protagonista nel match clou di Davis perso contro la Gran Bretagna di Murray. Poi, su, su, fino alla settima posizione, un paradiso dove nessun altro belga, fiammingo o vallone che sia, aveva osato issarsi prima di lui. Tutto si arresta di fronte a una maledetta pallata in un occhio che lo estromette dalla semi di Rotterdam 2018, costringendolo a uno stop che lo spinge fuori dai primi venti. È curioso constatare come il Belgio abbia sfornato molti giocatori e giocatrici dal tennis ricercato. Penso, tanto per limitarci ai più recenti, a Olivier Rochus piuttosto che a Xavier Malisse, a Justine Henin e a Kim Clijsters, tutti tennisti che hanno compensato alla mancanza del fisicaccio con un gioco di gran tocco. Probabilmente fa parte di quell’effetto traino di cui Goffin rappresenta il prodotto più avanzato.

Nell’anno in corso sembra finalmente cavalcare la ripresa. La finale di Cincinnati e i quattro turni nella Grande Mela ne sono un segnale palpabile e tutto farebbe pensare a un suo ritorno in grande stile, al netto delle incognite, naturalmente. Oggi risiede a tra i primi 15, in quella terra di nessuno dove si rischia di essere stritolati tra un vertice ancora molto arzillo e un gruppo di Next Gen col coltello tra i denti. Uscirne sarà una faticaccia!
Ce la farà?
Il virus di capire cosa sarà di lui ormai è in circolo.

Nell’anno in corso non ha grandi punti da difendere e potrebbe mettere molto in cascina. Da quanto visto in terra d’America, il sentore è che pur non parlando di lui come un giovanissimo, Goffin sia ancora nel pieno della maturazione, abbastanza fresco mentalmente e fisicamente per disputare partite importanti con buone possibilità di successo. Ora si apre il sipario dell’attività indoor e sarà interessante vederlo all’opera su una superficie che, è risaputo, richiede quelle doti naturali di cui lui è sicuramente beneficiario.

A cura di Massimo D’Adamo


Massimo D’Adamo è maestro di tennis, giornalista pubblicista ed organizzatore di eventi sportivi. Già Direttore Tecnico del Foro Italico e del Centro Nazionale di Riano, è stato Responsabile in Italia della formazione Junior, selezionatore e capitano di tutte le rappresentative nazionali. Coach internazionale, vanta collaborazioni con giocatori di Coppa Davis di Italia e Giappone. Ha già pubblicato due libri: “…IN VIA DELL’IDROSCALO” nel 2013 e “VAGABONDO PER MESTIERE” nel 2016

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