Víctor Estrella Burgos si ritira: “Ho dato tutto quello che potevo in 20 anni di carriera”

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Víctor Estrella Burgos si ritira: “Ho dato tutto quello che potevo in 20 anni di carriera”

La carriera del più forte tennista dominicano si chiude a Santo Domingo, davanti al suo pubblico. Ma la città principale della sua carriera è stata Quito

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È arrivato il momento del palcoscenico finale per Víctor Estrella Burgos, il cui nome può finalmente riappropriarsi dell’accento che gli organi del tennis mondiale negano ai giocatori. Nato 39 anni fa a Santiago nella Repubblica Dominicana, l’eroe di Quito ha disputato questa settimana il suo ultimo torneo da professionista, come del resto aveva annunciato due mesi fa tramite Instagram. Erano tutti pronti per l’applauso definitivo già lunedì sera, ma l’ineffabile Víctor ha deciso che non era ancora il momento di appendere al chiodo quella racchetta azzurra con cui scaraventa drittoni anomali e infligge rasoiate, così ha rifilato un doppio 7-5 a Marcelo Arevalo, guadagnandosi un ulteriore giro di giostra contro Thiago Monteiro, n. 106 del ranking, forse anche per il gusto di tentare un’impossibile rivincita dell’unica sfida disputata contro mancino brasiliano.

Rivincita che non è riuscita, ma non importa. In una notte di festa, a Santo Domingo davanti al suo pubblico, Estrella Burgos termina la sua cavalcata iniziata nel 1998. Esausto, commosso, felice. Il suo profilo sul sito dell’ATP è illuminato da tre titoli (tutti a Quito, ne parleremo) e un saldo positivo, 84-81, grazie anche alle tante vittorie in Coppa Davis, manifestazione alla quale ha preso parte ininterrottamente dal 2000 a oggi. In bacheca, anche sette trofei Challenger e ventuno ITF.

GLI INIZI – Bambino iperattivo, a otto anni i genitori lo portano al Centro Español Club di Santiago con la richiesta di “farlo correre”. Tra tutte le discipline praticate in quella struttura, compreso ovviamente il baseball (anzi, béisbol, lo sport nazionale), il piccolo Stella si ritrova in veste di raccattapalle a studiare i tennisti, evidentemente un buon metodo per imparare a giocare. Troppo pochi però i soldi per permettersi di girare il mondo e scarsi i risultati nei rari tornei a cui partecipa: decide allora di guadagnarsi da vivere insegnando tennis. Tuttavia, l’esperienza come sparring partner per la squadra di Davis portoricana su richiesta dell’ex coach Sixto Camacho e l’insistenza di quest’ultimo spingono “Viti” a un nuovo, serio tentativo: due anni dopo l’ultimo torneo, partecipa al Futures di Vero Beach in Florida raggiungendo la finale (perde da Ryan Sweeting, oggi semplicemente l’ex marito di Kaley Cuoco – Penny di The Big Bang Theory). Negli USA arrivano anche due titoli che gli consentono un balzo in classifica da zero a seicento in un mese e mezzo.

QUITO MON AMOUR – Una lesione al gomito lo ferma per sei mesi a ricordargli lo scorrere inesorabile del tempo. Valuta il ritiro e invece decide di intensificare l’impegno. Nel 2014 sfonda il muro della top 100, diventa il più vecchio esordiente allo US Open (34 anni), il primo dominicano a entrare in un main draw dello Slam e il primo a vincere un incontro; già che c’è, ne vince due, arrendendosi solo davanti al n. 6 ATP Milos Raonic in tre tie-break. L’anno successivo, arriva l’ennesima impresa: le sue lacrime di gioia bagnano il Centrale di Quito mentre alza il suo primo trofeo ATP. Di nuovo, il primo dominicano a conquistare un titolo: dov’è poi questa Repubblica Dominicana, si domanda qualche appassionato.

Cinque mesi dopo, il 13 luglio del 2015, fissa il suo best ranking: in tutto il mondo, ci sono solo 42 tennisti più forti di lui. Sarebbe già leggenda, ma ci sono ancora ancora pagine incredibili da scrivere sui campi della capitale ecuadoriana. Tra l’incredulità generale, Estrella Burgos si conferma campione a Quito l’anno successivo e trionfa ancora dodici mesi dopo. Giunto alla sua terza edizione, il torneo ha un solo Re. Nel 2018, però, Víctor III abdica al secondo turno sotto i colpi d’ariete sferrati da Gerald Melzer; privata del suo simbolo, la città perde il torneo che se ne andrà a Cordoba, in Argentina. Una lezione per tutti quelli che applaudivano smodatamente il suo avversario (Melzer, ma dai!).

LA FINE DELLA FAVOLA – L’incantesimo spezzato in quel mercoledì di febbraio duole nel petto dei suoi tifosi, prepotentemente strappati alla leggerezza dell’aria di Quito. Uscito dalle zone più nobili della classifica e con il peso degli anni che aumenta, il GOAT della Repubblica Dominicana fatica sempre più a vincere incontri; nell’ultima apparizione in singolare, lo scorso giugno al Challenger di Little Rock, Víctor è costretto al ritiro. Sì, può bastare, ma c’è il tempo per una wild card in patria per i saluti e gli applausi finali. Ecco il suo annuncio:

Oggi finisco con grande soddisfazione la mia quinta partecipazione ai Giochi Panamericani. La prima fu a Winnipeg nel 1999 e da allora sono stato un atleta benedetto da Dio, con molti alti e alcuni bassi, ma soprattutto grato per tutto l’appoggio dell’intero popolo dominicano e dei sostenitori che mi hanno incoraggiato a continuare per tanti anni.
Una delle cose più gratificanti della mia vita è stato difendere con valore la mia bandiera, il mio Paese, e porto con me i bellissimi ricordi di tutte le vittorie e le esperienze ai Giochi Olimpici, Panamericani, Centroamericani e in Coppa Davis.
Un grazie di cuore a tutti coloro che sono sempre stati presenti e voglio annunciare oggi che la mia uscita ufficiale dai campi che tanto amo, come giocatore, avverrà il prossimo mese di ottobre all’Open di Santo Domingo.

Grazie Dio, grazie mia famiglia, grazie popolo dominicano e ‘sempre’.”

Grazie a te, Víctor, per averci ricordato come sognare.


Avevamo scritto su Estrella Burgos: “Victor, se fosse sempre Quito? Storie di successi a 3000 metri”

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