Credo che Jannik Sinner sia un fenomeno

Editoriali del Direttore

Credo che Jannik Sinner sia un fenomeno

MILANO – Per la sua età lo è indiscutibilmente. Dove possa arrivare, però, è un altro argomento. Confronto fra lui e gli enfants prodiges extraterrestri, Federer, Nadal, Djokovic. E con Berrettini. Perché sono ottimista

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Jannik Sinner - ATP Next Gen Finals 2019 (foto via Twitter, @nextgenfinals)
 

Questo articolo è stato scritto prima delle finale, che poi Sinner avrebbe vinto nettamente contro de Minaur

da Milano, il direttore

L’ho detto chiaramente nel video che potete guardare qui sopra. E lo ripeto qui. Jannik Sinner il suo torneo lo ha già vinto, anche se dovesse perdere stasera da quel Alex de Minaur che non è numero 18 del mondo per caso, non ha vinto tre tornei ATP per caso (Sydney, Atlanta, Zhuhai) – il più giovane tennista ad aver realizzato il tris e uno dei sei giocatori ad aver vinto tre tornei come minimo – non è arrivato in finale a Basilea contro Federer per caso (anche se lì il KO di Zverev e i sorprendenti successi di Opelka che gli ha tolto di mezzo Garin, Goffin e Bautista Agut gli hanno spalancato la strada), non è stato finalista al Next Gen di un anno fa (battuto solo da Tsitsipas) per caso.

Così come non è un caso che l’australiano arrivi in finale senza aver perso neppure un match, vincendo in più occasioni i primi due set e il quarto. Quasi sempre molto nettamente. Anche un anno fa aveva vinto tutti e quattro i match precedenti la finale. Questa sera, se battesse anche Sinner, porterebbe a casa un bottino di 429.000 dollari. Niente male.

Ma un ragazzo di 18 anni e 2 mesi, Jannik Sinner, che entra alle Next Gen dalla porta di servizio, grazie a una wild card, e che non prova alcun imbarazzo ad esibirsi in un catino ribollente di entusiasmo come quello del nuovo Allianz Cloud e batte uno dopo l’altro tre tennisti molto meglio piazzati del suo posto nel ranking (n.95)… e cioè Tiafoe 47 (ed è stato n.29 a febbraio), Kecmanovic 60 (ma era 47 il 9 settembre ed è già stato finalista in un torneo del circuito maggiore ATP, ad Antalya), Ymer 74… beh non può essere un bluff.

È un falso numero 95. È soltanto n.95 perché ha fatto pochi tornei di categoria, dopo avere fatto il primo exploit al torneo challenger di Bergamo. A ricordare e sottolineare oggi che lui è l’unico classe 2001 (16 agosto, quindi appena diciottenne) a figurare nei primi 100 ora come ora può apparire quasi come un understatement, una diminutio rispetto ai suoi meriti. Jannik ha già battuto un top 15 come Monfils (sia pure quel giorno poco volitivo… di fatto poi al secondo duello si è preso la rivincita), ha lottato alla pari in uno Slam con Wawrinka (anche lui più attento al secondo match rispetto al primo), insomma certamente per la sua età Jannik può essere presentato come un fenomeno.

Lo dicono i risultati di questo finale di stagione. La sua classifica reale, in termini di gioco, è già a ridosso dei primi 50. Vedremo nei primi tre mesi del 2020, a Doha dove ha chiesto wild card, all’Australian Open e se riuscirà a entrare in tabellone a Indian Wells e Miami, se mi sbaglio oppure no. Certo dovrà avere anche un po’ di fortuna nei sorteggi, perché se dovesse imbattersi in Djokovic o un altro top-player in tutti i primi tornei allora l’avvicinamento alla top 50 sarà più lento. Ma arrivarci prima dei 19 anni, cioè prima del 16 agosto 2020, sarebbe comunque un grande exploit.

Questa valutazione comporta che diventerà anche lui un top-ten come Berrettini? Calma e gesso. È un altro paio di maniche. È vero che lui ha cinque anni meno di Matteo, ma come mi ha detto ieri sera saggiamente lo stesso Jannik subito dopo aver battuto Kecmanovic (qui alcuni estratti della conferenza stampa), a dispetto di un primo set nel quale per la prima volta aveva avvertito la tensione e aveva commesso parecchi errori: “Ognuno ha un suo percorso. Matteo è stato straordinario quest’anno, ha meritato ampiamente di trovarsi al Masters, è una grandissima impresa e io non posso sapere se riuscirò a fare altrettanto fra cinque anni, fra due, fra dieci… o forse mai”.

Io posso dire, dopo averlo visto da vicino per tre sere, ma anche a Roma e all’US Open dal vivo, e in altre occasioni in tv, che la stoffa del futuro campione c’è tutta. È molto avanti sulla tabella di marcia a suo tempo percorsa dai Berrettini ma anche di tutti i migliori tennisti italiani che io ho visto giocare. Matteo non era una così folgorante promessa alla sua età. Ma nemmeno Adriano, Corrado, Paolo, Tonino, i nostri moschettieri di Davis, anche se dei primi tre si parlava benissimo fin da ragazzini. Ma, appunto, vincevano fra i ragazzini. Ma questo non vorrebbe dire che a questa precocità debbano far seguito necessariamente grandi risultati. È certo vero, d’altro canto, che alcuni giocatori, come il Nadal diciassettenne, il Federer diciannovenne-ventenne, sembravano già garantire un luminoso futuro.

Però, vedete, nel 2013 Kyrgios era il n.1 del mondo junior, mostrava un talento pazzesco, nel 2016 già vinceva quattro tornei – quindi per uno del 1995 era quasi meglio di De Minaur – e sembrava che potesse spaccare il mondo e poi dopo essersi arrampicato al n.13, ha fatto il passo del gambero per via di quel carattere mattoide. Jannik non ha l’eleganza di Federer, né la forza letale del mancino Nadal, assomiglia forse di più a Murray, anche se spinge di più la palla alla Djokovic, ma insomma al giorno d’oggi questi sono decisamente paragoni eccessivamente prematuri. Me ne rendo perfettamente conto. Quei nomi che ho fatto sono i nomi dei “Mostri” del terzo Millennio, quelli che hanno dominato la scena come nessun altro prima di loro. Però non tutti i top 10 degli ultimi 20 anni sono stati extraterrestri come quei quattro.

Quindi siamo legittimamente fiduciosi, ma restiamo con i piedi per terra, per non danneggiare con eccessive aspettative il percorso di Jannik, il quale peraltro, mi sembra per sua fortuna refrattario a subire condizionamenti diversi da quelli che Riccardo Piatti può trasmettergli. Quel che scriviamo noi media non gli farà un baffo. Diversamente da altri giocatori invece assai più influenzabili.

Rispetto a Matteo – con il quale viene più spontaneo fare confronti perché è quello che mi chiede e si chiede ormai sempre più spesso l’appassionato – Jannik parte avvantaggiato, al di là dei già accennati cinque anni di vantaggio anagrafico, perché non palesa veri punti deboli, né tecnicamente né nel fisico. Matteo ha compiuto progressi straordinari nel rovescio quest’anno, nella risposta e nella mobilità. Quelle erano sue carenze che si portava dietro da anni. Ci ha lavorato e lavorato, e ancora lavorato con grande determinazione, con il fido Santopadre. E a furia di seminare ha cominciato a raccogliere. E che raccolti!

Jannik al momento veri e proprio punti deboli sui quali soffermarsi in maniera quasi ossessiva non li mostra. Risponde bene, si muove bene, ha un rovescio stupendo e anche il dritto – un tantino meno spettacolare e tuttavia spesso terrificante – è comunque molto più solido del rovescio di Matteo. Un ragazzo di 18 anni così alto non può non avere vissuto qualche problemino fisico, la schiena, le gambe, però all’Accademia di Piatti sono stati attenti – con Sirola – a farlo crescere fisicamente in modo armonico. Berrettini ha dovuto affrontare diversi stop per problemi fisici, un polso e il braccio, un ginocchio, una caviglia. Dà la sensazione di essere più fragile. E con il metro e 96 inevitabilmente anche meno mobile. Ancora oggi è molto più forte quando riesce a comandare piuttosto che in difesa. Sinner invece sembra non penare particolarmente neppure quando si trova costretto a difendersi.

Matteo oggi è quasi intrattabile quando mette la prima: può servire stabilmente oltre i 200 km orari. Oggi, sia chiaro perché non voglio essere frainteso, il confronto fra i due mi sembra ancora abbastanza improponibile. Stiamo parlando del n.8 del mondo e di un n.95 che sta giocando da numero 60/70 e forse meglio. Era n.551 all’inizio dell’anno! Il balzo di Matteo, da n.54 a n.8, è straordinario, ma quello di Jannik non è da meno. Siamo lì lì, di nuovo considerando l’età.

Jannik, che pure già serve sopra i 210, non ha certamente la stessa potenza e continuità di Matteo nella combinazione servizio-dritto. Però a 18 anni la solidità mentale di Jannik è sorprendente, quasi anomala. E in questi giorni che c’è stata la possibilità di parlarci un po’ più del solito – una ventina fra domande e risposte – ho potuto apprezzare anche la maturità e l’intelligenza del suo ragionare. Intanto a 18 anni è il più giovane finalista delle finali Next Gen ATP Finals, ma questo se testimonia sulla sua indubbia precocità, non è una garanzia di per sé che sia un sicuro campione. Lo è in pectore, avrebbero detto i latini.

Consentitemi di essere molto ottimista dopo averlo visto sparare dritti e rovesci a 128 km orari contro Tiafoe che pure sembrava sovrastarlo sotto il profilo fisico – due spalle che paiono ante d’un armadio – ma che non riusciva a superare i 112 km orari con i suoi colpi. Dopo averlo visto giocare un dritto… “mascherato” in chop (video ripreso dal sito ATP, che potete ammirare qui) spettacolare sul dritto di Kecmanovic, che mi ha ricordato i colpi “fintati” di Panatta. Dopo averlo visto conquistare prima il break decisivo del quarto set con il serbo e poi trasformare il quarto matchpoint sul 3-2 dopo i tre annullati da Kecmanovic con tempestive discese a rete chiuse da perfette volée senza braccino.

“Con Riccardo stiamo lavorando molto sul gioco a rete, sulle volée”. Bene, anzi benissimo che ne sia consapevole. L’altro grande altoatesino, Andreas Seppi, ha ripetuto a se stesso migliaia di volte che avrebbe dovuto venire più spesso a rete, ma poi gli è mancato spesso il coraggio, soprattutto nei momenti chiave di un match. Beh, il giovane Sinner, ha già fatto vedere che il coraggio non gli manca. Non cambierò idea su quel che penso di Jannik, neppure se dovesse perdere con de Minaur, statene certi.

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