Corretja: "Le nuove generazioni non hanno pazienza"

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Corretja: “Le nuove generazioni non hanno pazienza”

Durante il classico incontro tra i giornalisti e i commentatori di Eurosport, Corretja ha detto la sua sull’ATP Cup, sulla Davis e sui problemi delle nuove generazioni

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A margine del tennis giocato, gli Australian Open prevedono una grande moltitudine di eventi collaterali. Uno dei meno “visibili”, ma più interessanti è rappresentato dall’incontro, organizzato da Eurosport, tra la stampa e gli ex grandi campioni che ora vestono i panni di commentatori per la famosa rete televisiva. Boris Becker, Mats Wilander, Alex Corretja e Justine Henin si sono alternati al microfono per rispondere alle domande e curiosità dei presenti.

Tra i temi più dibattuti ovviamente non poteva mancare l’ATP Cup, che ha generalmente ricevuto una buona accoglienza, come testimonia anche l’opinione di Corretja. “Adoro l’ATP Cup, è la miglior preparazione possibile per Melbourne. Magari prima poteva essere un po’ più noioso guardare il secondo turno di Sydney, mentre ora si gioca per il proprio Paese e quindi è più facile trovare spunti interessanti e motivi per emozionarsi“. Dall’ATP Cup alla Coppa Davis il passo è breve e all’ex tennista spagnolo viene chiesto se giocare a Madrid non sia stato un fattore determinante per la vittoria finale di Nadal e compagni. “Sì, assolutamente. Giocare in casa è un bel vantaggio, anche se può anche aggiungere pressione. La Spagna però aveva già vinto la Coppa Davis cinque volte quindi era abituata a gestire la pressione. Quando giochi in casa, ovviamente ti senti portato a dare di più“.

Qual è dunque la differenza con i tornei individuali? Perché ad esempio i francesi faticano al Roland Garros o i britannici sono schiacchiati dalla pressione a Wimbledon? Corretja pensa che sia tutta questione di attaccamento alla maglia. “Quando giochi per te stesso, se vuoi mollare molli. Al massimo parli mezz’ora con il coach nello spogliatoio, ma il pomeriggio dopo vai a fare shopping e poi torni a casa. Se perdi nei quarti di finale del Roland Garros, ti dicono ‘peccato, che sfortuna’. Se perdi in una competizione a squadre, senti di aver perso anche per qualcun altro. Hai questa sensazione sulla schiena e pensi di dover fare qualcosa di più per il pubblico, il capitano e i compagni di squadra. Se perdi in un torneo torni da solo nello spogliatoio, in una competizione a squadre ci sono altri cinque ragazzi per cui senti di dover essere concentrato al massimo“.

Il due volte finalista del Roland Garros si è anche espresso sul futuro del tennis e sulle possibilità e mancanze delle nuove generazioni. “Penso che sia impossibile in futuro vedere la stessa continuità che hanno avuto quei tre. Prima di tutto perché loro sono speciali. Speciale era Boris Becker, Wilander era speciale, io non ero speciale, ero solo un giocatore di tennis, per farvi capire cosa intendo. Questi giocatori saranno ottimi tennisti e potranno anche diventare speciali, ma nel tennis ci vuole molta pazienza. Le nuove generazioni vogliono le cose per ieri, non sono molto pazienti. Molti giocatori – non tutti, ma molti – si innervosiscono se il cameriere non porta subito il cibo, si innervosiscono se l’aereo è in ritardo o se inizia a piovere. Questo si vede nelle partite al meglio dei cinque set che per loro sono molto difficili da affrontare. Quattro ore di gioco? Troppo tardi. Non sono pronti ad affrontare quattro ore di gioco, forse anche perché si allenano meno di quanto si facesse prima in proporzione. È la teoria della qualità contro la quantità. Certo, il tennis è questione di qualità, ma anche di quantità. Cinque set sono anche una questione di quantità. Le nuove generazioni saranno molto forti e molto affascinanti, ma penso che servirà loro del tempo per capire non solo il tennis, ma anche la vita in generale. Questa è la mia sensazione“.

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