Sinner, una start-up in un mondo di multinazionali

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Sinner, una start-up in un mondo di multinazionali

A poche ore dalla prima vittoria di Jannik Sinner contro un top 10, vi proponiamo l’intervista realizzata da Matteo Codignola per Vogue Italia. “Mick Jagger è uno famoso, vero?”

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Jannik Sinner - ATP Next Gen Finals 2019 (foto via Twitter, @nextgenfinals)
 

Quasi fosse naturale attendersi un nuovo exploit a febbraio, il mese che nel 2019 ha visto Jannik Sinner vincere – o meglio, erompere – a Bergamo e diventare noto a tutti, il mensile Vogue Italia ha preceduto di pochi giorni la prima vittoria del diciottenne altoatesino contro un top 10 pubblicando un’intervista realizzata da Matteo Codignola, autore del libro ‘Vite brevi di tennisti eminenti‘ (che vi consigliamo). Chissà che con il tempo eminente non possa diventarlo anche lo stesso Jannik, capace di schienare David Goffin – numero 10 del mondo – in soli due set sul rapido indoor di Rotterdam. Jannik che senza perdere educazione e compostezza, proprio ai nostri microfoni, ha fatto notare con il massimo candore che gli interessa poco delle critiche.

Come dargli torto. A 18 anni e mezzo ha battuto il suo primo top 10, la stessa età che aveva Djokovic quando batté Mariano Puerta (allora numero 9 del mondo) a Bercy nel 2005 e un anno in più dei 17 e mezzo che aveva Federer quando sconfisse Carlos Moya (n.5 del mondo) a Marsiglia, curiosamente anche lui indoor. Gioca invece un altro campionato quando si tratta di precocità Rafael Nadal, che il primo top 10 lo ha battuto a Montecarlo nel 2003 (Albert Costa, n.7); il maiorchino avrebbe compiuto 17 anni (!) due mesi dopo. Confronti buoni più per far sognare in grande i tifosi che per avere un’idea precisa del valore attuale di Sinner, che certamente non è basso.

L’INTERVISTA DI VOGUE – Intanto, Jannik, ha dimostrato di sentirsi a suo agio tra poche parole. Diciottenne atipico, a suo modo anche italiano atipico. Vogue, che punta sulla forza delle immagini, ha scelto di farlo conoscere al suo pubblico di riferimento. Tendenzialmente, quello degli appassionati di moda. Interessati più al personaggio e al “marchio” che all’atleta. Intorno agli scatti, sono stati concessi pochi altri flash alle vicende di campo e a ciò che lo circonda. Pochi ma significativi. Tipo la voglia di non perdere mai, anche nella mini partita con lo sparring al termine dell’allenamento che precede lo shooting. “Finché non vinco non esco dal campo, non esiste chiudere perdendo“.

Poi il pranzo, in un’atmosfera che spinge l’autore dell’intervista a definire l’altoatesino una “start up”, in un mondo, quello del tennis di alto livello, di “multinazionali”. Colpisce il racconto di quanto avviene seduti a tavola, dove Riccardo Piatti ha svelato alcuni dei contenuti del suo smartphone. Le foto dei dritti di tutti i big, insieme a quello di Jannik: per ognuno, l’indicazione del grado di inclinazione e della traiettoria della racchetta durante il colpo. Frecce, numeri e i coefficienti su cui lavorare. Mentre l’allievo consuma una doppia porzione di spaghetti al ragù.

Sinner trasmette anche una sensazione di estremo controllo delle emozioni, senza che ciò appaia minimamente forzato. Quando gli è stato chiesto se avesse provato particolari vibrazioni ad allenarsi con Roger Federer (la prima volta a soli 16 anni), la risposta è stata: “No, normale. Le vibrazioni forse le senti se ci fai partita, ma io non ci ho fatto ancora partita“. Sollecitato a indicare il giocatore che più gli piace vedere, ha chiamato in causa il buon Nishikori. “Per come sta in campo – precisando -, ma è una risposta che era vera fino a qualche mese fa, ora non lo è più“. Dopo aver ribadito – non è una novità programmatica – l’obiettivo di voler disputare 60 partite nell’anno solare (gliene mancano 54), Jannik ha appreso che il fotografo che l’avrebbe a breve immortalato, Max Vadukul, appena qualche giorno prima aveva fotografato Mick Jagger. “È uno famoso, vero?“. Manca, evidentemente, nella sua playlist.

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