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Rassegna stampa

Fognini lotta ma è subito fuori a Dubai (Tuttosport). Quando Althea Gibson illuminò Napoli (Cappelli)

La rassegna stampa di mercoledì 26 febbraio 2020

Last updated: 26/02/2020 9:45
By Alessia Gentile Published 26/02/2020
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7 Min Read

Fognini lotta ma è subito fuori a Dubai. Mager e Travaglia nella squadra di Davis (Tuttosport)

Esordio amaro per Fabio Fognini al “Dubai Duty Free Tennis Championships”, Atp 500 in corso sul cemento di Dubai. Il 32enne di Arma di Taggia, numero 11 del ranking mondiale e quarta testa di serie, ha ceduto per 3-6 6-4 7-5, dopo due ore e 39 minuti, al britannico Daniel Evans, 29enne di Birmingham, numero 37 Atp. Concreto, attento, concentrato: questo è stato Fognini almeno per un set e mezzo, dimostrando di aver archiviato il problema alla gamba sinistra accusato un paio di settimane fa a Rotterdam. Poi ha pagato molto caro un calo di tensione quando Fognini conduceva 3-1 nel secondo set. E da lì il match è girato con Fognini che ha iniziato a commettere qualche errore di troppo con il diritto e con Evans che, con un parziale di cinque giochi a uno, ha pareggiato il conto dei set (6-4). Dopo l’intervento del trainer per un problema al ginocchio sinistro accusato da britannico è iniziato il terzo set. Fognini ha preso per due volte un break di vantaggio – primo e quinto gioco – ma lo ha sempre restituito subito. Nel nono gioco l’azzurro non ha sfruttato altre due palle-break e in un dodicesimo game giocato all’attacco dal britannico, Fabio con un doppio fallo ha concesso due match-point che ha annullato in maniera un po’ rocambolesca. Evans se ne è procurato un terzo ma Fognini ha cancellato anche questo. Idem per il quarto e per il quinto ma sul sesto la risposta del britannico si è stampata sulla linea. Lo stesso Fognini sarà il punto di riferimento della squadra azzurra che affronterà la Corea del Sud, a Cagliari il 6 e 7 marzo nel turno di qualificazione alla Fase Finale 2020 della Coppa Davis. Il capitano Corrado Barazzutti ha convocato oltre a Fognini Lorenzo Sonego, Gianluca Mager, Stefano Travaglia e Simone Bolelli. Per Mager e Travaglia si tratta della prima convocazione in Nazionale per la Coppa Davis.

Quando Althea Gibson illuminò Napoli (Alessandro Cappelli, Riformista – Napoli)

Napoli è una città di tennis, di tennisti e di appassionati di questo nobile sport. Ancora oggi il capoluogo campano ospita uno dei tornei del circuito ATP, la Tennis Napoli Cup, rinominata Capri Watch Cup per motivi di sponsor. Un torneo internazionale che per molto tempo, a partire dagli anni ’50, è stato riconosciuto come il secondo più importante d’Italia, dopo gli Internazionali di Roma. ll merito di questo status si deve soprattutto ad Althea Gibson, una delle stelle del tennis globale del passato, una giocatrice che ha saputo sorprendere il pubblico partita dopo partita durante gli anni ’50, nonché una delle figure più importanti della storia del gioco: è stata la prima afroamericana a partecipare a quei tornei che, prima di lei, erano aperti solo ai bianchi. Nel 1956, quando arriva a Napoli, Gibson ha già 29 anni, è già una delle giocatrici più forti in assoluto e viene da una serie di dodici trofei consecutivi: è praticamente imbattibile. È anche grazie alla sua partecipazione, e alla vittoria in una finale mai realmente in discussione con Heather Brewer, che il torneo di Napoli raggiunge una certa fama, ben oltre i confini nazionali. Per celebrare la vittoria, la tennista nativa del South Carolina diventa protagonista del gran gala del torneo – proprio la sera di Pasqua – illuminando il salone del Tennis Napoli con la sua voce: Gibson canta a sorpresa, davanti agli occhi compiaciuti del presidente Leonetti e degli altri ospiti. La campionessa sceglie di ringraziare Napoli per l’ospitalità nel modo più dolce possibile. ll giorno dopo, prima di partire, Gibson fa in tempo a trionfare anche nel doppio misto al fianco di un altro grande campione italiano come Orlando Sirola. Althea Gibson non tornerà più a Napoli nella sua carriera – che si chiuderà solo tre anni dopo – ma la sua presenza in Campania le porterà fortuna: poche settimane dopo diventerà la prima tennista afroamericana a vincere uno Slam, trionfando sulla terra rossa del Roland Garros. Basterebbe questo per riscrivere i manuali di storia, non solo dello sport. Ma Gibson non si ferma e l’anno successivo vince anche lo Slam australiano, quello statunitense e a Wimbledon, ricevendo il trofeo dalle mani della regina Elisabetta II. Althea Gibson è stata una delle figure più importanti nella storia del tennis. Un gigante in grado di abbattere le barriere del segregazionismo. Lo ha fatto sempre alla sua maniera, guardando a se stessa, provando a migliorare giorno dopo giorno. Ma non ha mai avuto l’atteggiamento di chi gioca per cambiare la società, per ottenere dei diritti per una minoranza o per dare voce a chi non ne ha – come avrebbero fatto dopo di lei Arthur Ashe, Billie Jean King, Martina Navratilova o Serena Williams. Gibson non usa la sua immagine per raggiungere un obiettivo diverso dalla vittoria sul campo contro l’avversaria di turno. La sua figura non travalica mai le linee bianche che delimitano il campo da tennis. Ma nonostante tutto, senza di lei, difficilmente avremmo avuto tennisti e tenniste in grado di farsi sentire su temi sociali importanti. Perché Althea Gibson ha spianato la strada per i suoi successori, ha tracciato un sentiero in cui si sono inseriti atleti più consapevoli e più informati. Per questo la sua storia è speciale, unica nel suo genere.


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