Poche ore prima dello straordinario annuncio sul Roland Garros rinviato a settembre prendendosi due settimane di calendario riservato ai tornei ATP e WTA e alla Laver Cup, l’evolversi della situazione in Francia aveva reso pressoché obbligatoria una qualche comunicazione da parte dell’organizzazione dello Slam parigino. Questo perché, a prescindere dalle previsioni sulla diffusione del contagio (non solo) nella capitale nel momento della programmata apertura dei cancelli, vale a dire la settimana del 18 maggio con le qualificazioni, la giornata di martedì era iniziata con un fatto concreto a gettare un ulteriore dubbio sul regolare svolgimento della manifestazione.
Alle ore 12, infatti, i seicento addetti a preparazione e allestimento all’opera al Roland Garros hanno fermato i lavori e sono tornati alle loro abitazioni in ottemperanza alle disposizioni che decretano i 15 giorni di blocco del Paese. Quindici giorni per adesso, è stato il primo pensiero.
Nella stessa mattinata, Tennis Actu era andato a dare un’occhiata ai cantieri. “È davvero il nostro ultimo giorno di lavoro” aveva confermato qualcuno degli operai. “Sono le istruzioni che abbiamo ricevuto e sospenderemo i lavori per almeno quindici giorni”. Ciò aveva fatto subito apparire il conseguente ritardo incolmabile e, quindi, incompatibile con la data di inizio prevista. Un annuncio in merito era dunque atteso, ma probabilmente non di tale portata.
I rapidissimi mutamenti delle condizioni legate all’epidemia di Covid-19 e alle contromisure dei vari Paesi rendono pressoché impossibile qualsiasi previsione oltre il brevissimo termine a ogni livello e il circuito professionistico non fa certo eccezione; al contrario, le sue caratteristiche rendono il calendario ancora più aleatorio. In questo senso, è facile notare come il contenuto delle interviste e delle dichiarazioni rilasciate la settimana scorsa da organizzatori e rappresentanti della FFT a proposito del destino dell’edizione 2020 del Roland Garros sia diventato rapidamente preistoria con il rinforzarsi delle misure restrittive adottate dal governo nelle ore seguenti.
A loro volta, queste sono state superate dagli ultimi provvedimenti messi in campo dal presidente Macron che sostanzialmente si allineano con quelli italiani. Dà da pensare quanto anacronistiche e fuori dalla realtà suonino ora precauzioni – relativamente sensate non tanti giorni fa – come non ammettere spettatori provenienti da “zone infette”. Con le sospensioni dei Tour per le prossime settimane che non possono non essere percepite come provvisorie in vista di un prolungamento dello stop, la speranza si sposta adesso verso un ritorno alla normalità a partire dal prossimo Slam, quindi – è stranissimo dirlo a marzo – Wimbledon.