10 anni fa moriva Roberto Lombardi: il ricordo del Direttore

Flash

10 anni fa moriva Roberto Lombardi: il ricordo del Direttore

Il 18 marzo 2010 si spegneva il grande tecnico e compagno di telecronache di Ubaldo Scanagatta.
Che lo ricordava così…

Pubblicato

il

 
La memorabile telecronaca di Connors-Krickstein allo US Open 1991 nel giorno del 39° compleanno di Jimbo

Nel giorno del decimo anniversario dalla morte del compianto Roberto Lombardi, vi riproponiamo il commosso ricordo che il nostro Direttore Ubaldo Scanagatta scrisse cinque anni fa accompagnato da un video storico che trovate qui sopra e che non ha bisogno di presentazioni (ma una didascalia l’abbiamo messa).


Morì il 18 marzo 2010 uno dei migliori telecronisti della storia del tennis. E non mi riferisco soltanto a quella italiana.

Sono già passati cinque anni, ma è sempre molto vivo in me il ricordo di Roberto Lombardi, compagno prima di doppio dal Trofeo Bonfiglio in poi e poi soprattutto di 500 telecronache e forse più in quella coppia che i “grandi maestri” Rino Tommasi e Gianni Clerici, avevano ribattezzato “Il Duo Primavera”.

Roberto era la voce tecnica, quella che oggi a Sky viene chiamata “Talent”, in questo continuo ed insopportabile saccheggio della lingua inglese. Ma, sebbene lui avesse molta più passione e competenza di me per gli aspetti tecnici del gioco, non di rado ci scambiavamo anche i ruoli, proprio per esercitarsi a sostenere parti diverse, visto che secondo il “boss” – Rino – da ex prima categoria di tennis e da giornalisti dovevamo abituarci a saper fare sia il conduttore – oggi si dice chi fa il lead e si preoccupa anche di ricordare il punteggio – sia la voce tecnica. E pure gli intervistatori “per crearsi rapporti con i giocatori che non si possono stabilire se si commenta il tennis da una cabina a Milano”.

Infatti a Roberto poteva capitare di dover fare il “conduttore” quando gli capitava di far coppia con Gianni, e a me la voce tecnica quando affiancavo Rino come è successo centinaia di volte. È stato Rino a voler fortemente, sulla scia delle tv americane, sempre una coppia a commentare il tennis, altrimenti troppo monotono se commentato da una voce sola.

A Telecapodistria prima e a Tele+ poi i dirigenti delle varie tv erano inizialmente contrari, questioni di costi, il doppio commento costava di più. Ma Rino impose prima Gianni a Berlusconi cui non piaceva il timbro di voce dello scriba, poi il sottoscritto e da ultimo anche Roberto Lombardi. Poi tutti si convinsero che la qualità se ne giovava alla grande e Tele+, che allora non aveva una grande offerta di sport (il calcio non era ancora riuscita a prenderlo) fece gran parte dei suoi primi 300.000 abbonamenti grazie al tennis. Dopo di che anche in tutti gli altri sport, calcio incluso, il commento solitario sarebbe stato bandito.

Confesso che ogni volta che sento commenti televisivi che non aggiungono granché di nuovo ed originale rispetto a quanto si può leggere su Wikipedia e sugli ATP-WTA Media Guide, mi vengono in mente i tre amici con i quali abbiamo fatto squadra per tanti anni.

Non sta certo a me dire se eravamo migliori o peggiori di quelli che ci hanno seguito, ma so per certo che ci divertivamo, che c’era grande affiatamento ed amicizia, e che Roberto scorgeva aspetti che a noi altri spesso sfuggivano e anche se talvolta poteva dare l’impressione di eccederne nel farne sfoggio (“Si vede che ha difficoltà nell’articolazione scapola-omerale” “È chiaro che è il sinistro l’occhio dominante”… quanto mi divertivo a prenderlo in giro!) in realtà era più che giustificato, per un profondo studioso della tecnica, della meccanica, dell’attrezzistica, del tennis come lui, la sua esigenza di far capire che non si trattava di considerazioni improvvisate e banali.

Eravamo amici fin da ragazzini, come ho avuto modo di scrivere già cinque anni fa, in un primo ricordo postumo nel giorno della sua scomparsa (che potete eventualmente rileggere qui sotto insieme al ricordo di altri che lo hanno conosciuto ed apprezzato).

I suoi ultimi anni erano stati terribili, per via della brutta malattia che lo aveva colpito, ma lui li aveva sopportati con straordinario coraggio. Parlava ormai a fatica, ma non voleva mollare. Nemmeno sulla sedia rotella e con la maschera dell’ossigeno per riprendere fiato ai cambi di campo (più utili a lui che ai tennisti). Era sempre stato un combattente di razza. Non era di famiglia ricca e neppure benestante e nemmeno poter frequentare l’università e laurearsi in matematica era stato facile. Così come non era stato facile diventare n.6 d’Italia e raggiungere due finali dei Campionati Italiani Assoluti per via dei modesti mezzi economici, della bassa statura (un metro e 70 scarsi) e di un fisico leggero, come inevitabilmente un po’ anche i suoi colpi. Il rovescio era bellissimo, però. E la grinta straordinaria, come nella vita.

Mi mancherà sempre. Ho non meno di cento cassette con le nostre telecronache. Sono in soffitta, un po’ abbandonate. Chissà se mai le risentirò. Ma Roberto non lo scorderò mai. E se un giorno i miei figli vorranno riascoltare la mia voce, sentiranno anche la sua, quella di Rino, quella di Gianni. Il solo modo per sopravvivere a noi stessi.

P.S. Prego i lettori di risparmiarmi almeno qui sotto le conversazioni da Forum privato. Non voglio impedire i vostri commenti, purché siano attinenti al ricordo di Roberto.

Il ricordo di Ubaldo scritto il 18 marzo 2010:

Al ritorno dall’Australia avevo chiamato Caterina, la sua splendida compagna che conosco dacchè, da ragazzini, partecipavamo agli stessi tornei di seconda categoria. Mi aveva dato speranze, perché Roberto, ormai da tempo costretto ad una seggiola a rotelle, ad una maschera per l’ossigeno, a un’assistenza continua, sembrava reagire discretamente alla sua terribile malattia. Da Roma si era trasferito a Milano per potersi curare meglio. E per Caterina, medico, era più facile continuare a svolgere la sua professione: “Per lui poter continuare a fare le telecronache di tennis è tutto. Forse abbiamo trovato una via che gli consentirà, dopo un intervento e un mese di silenzio assoluto, una metodologia che gli potrà permettere di parlare ed esser pronto per maggio e i tornei di Roma e Wimbledon. Per Roberto è vitale…”.

Un paio di giorni fa Rino Tommasi mi aveva detto di aver parlato con Caterina – con Roberto era ormai diventato impossibile da tempo, aveva difficoltà a muovere le mani, tenere il cellulare era uno sforzo enorme – e di aver capito invece che le cose erano improvvisamente molto peggiorate. “Caterina mi ha detto che si sono sposati…. questa è l’unica notizia bella”. Mi ero segnato l’altra sera di chiamarlo ieri. Non l’ho poi fatto e stamani mi ha raggiunto la terribile notizia della sua morte. Ci conoscevamo da 47 anni, non da uno. Da quando io andai a 14 anni _ e lui, classe 1950, ne aveva 13 _ a giocare un torneo di tennis nella sua Alessandria. Lui era considerato, più di me, una grande speranza. Era il favorito n.1, ma perse o nei quarti o in semifinale, non ricordo più se da Ribaudo o Gaddoni, che poi io battei in finale.

Diventammo subito amici. E da quei giorni ogni volta che lui veniva a giocare un qualche torneo nei pressi di Firenze veniva ospite a casa mia. La sua famiglia non navigava nell’oro, per così dire, ma lui era molto orgoglioso, molto fiero. Voleva ripagare l’affetto dei suoi genitori non solo giocando bene a tennis nonostante un fisico tutt’altro che statuario – un metro e 70 scarsi, direi a occhio – ma continuando gli studi. Fino a laurearsi in matematica. Per i numeri, e tutto quel che aveva sapore di scienza, aveva una smisurata passione. Quasi infantile a volte: amava cercare di sorprendermi usando paroloni che mi parevano incomprensibili.
Finimmo per giocare spesso il doppio l’uno al fianco dell’altro – lui più singolarista ma in possesso di un gran bel rovescio e un’ottima risposta da sinistra, io più doppista con il vizio…. di studiare la strategia di gioco – mai immaginando che un giorno ci saremmo trovati al fianco anche nelle cabine televisive di tutto il mondo, quando il direttore di Tele+ Rino Tommasi, dopo essersi consultato con Gianni Clerici (che si lamentava per la stanchezza che gli procurava il dover commentare troppi match.) e con il sottoscritto (che faceva il doppio mestiere di telecronista e intervistatore), decise di “sperimentare” Roberto come quarto telecronista. In breve, accanto al Duo Matusa” noi venimmo ribattezzati – da Rino stesso – “il Duo Primavera”.

Non ho contato quante telecronache abbiamo fatto insieme. 500, 1000, non so. Come non ricordo tutti i tornei di doppio che abbiamo fatto accanto, anche se qui nel mio studio ci sono alcune coppe che portano il suo e il mio nome accanto, come quello di San Pellegrino Terme, quando battemmo Adriano Panatta e Stefano Matteoli, che era il doppio n.1 della nazionale juniores per la quale sia Roberto sia io venimmo convocati al centro tecnico nazionale di Formia per due anni di fila, nel periodo natalizo, il solo che due studenti come noi potevano permettersi. Giocammo insieme anche il Trofeo Bonfiglio, passando qualche turno e perdendo poi di stretta misura (o magari vincemmo non ricordo nemmen bene adesso) con la coppia ceca Hutka-Pisecki. (Il primo è quel giocatore che avrebbe avuto il matchpoint al Roland Garros con Panatta nel ’76, quando poi Adriano vinse il torneo).

Roberto – che dolore dover usare adesso l’imperfetto – era un ragazzo intelligente, sempre ansioso di migliorarsi, ambizioso, sempre apparentemente molto sicuro di sé. Ricordo bene quando cominciò, sulla scia delle sue prime esperienze di telecronista al mio fianco, ad imparare il mestiere di giornalista, a scrivere cioè. Scrivere non è come parlare. Cominciò collaborazioni anche con giornali prestigiosi, il Corriere della Sera ad esempio – non solo riviste di tennis – e ci teneva da morire a non passare soltanto per l’ex tennista che, esperto del gioco come pochi, poteva scrivere soltanto di tecnica. Chiese a Gianni Clerici di aiutarlo a individuare i libri da leggere per migliorarsi culturalmente, divorò i “classici”, e ci teneva a inserire nei suoi pezzi le citazioni letterarie che lo avevano maggiormente colpito.

Fra noi gli sfottò erano continui. Anche in corso di telecronaca. Quando lui si lanciava a parlare, per descrivere un movimento scorretto al servizio di un qualche tennista “di una probabile distrazione dell’articolazione della scapola omerale” io ribattevo: “Scusa Roberto, aspetta un momento che vado a leggermi un dizionario medico!”, e naturalmente era molto fiero dei suoi neologismi: “il taglio sotto la palla”, “il dritto anomalo” e altre definizioni che ora non mi vengono a mente, erano suo copyright.

Ricordo anzi che una volta, un po’ scherzando e un po’ no, mi fece presente: “Guarda che ‘taglio sotto la palla…’ lo dico sempre io”. Una volta si era messo in testa anche di prepararsi insieme a me una sorta di copione di battute o commenti, ma capimmo presto entrambi che la spontaneità pagava di più. Non aveva un carattere facilissimo, e del resto non ce l’ho nemmeno io, motivo per cui abbiamo avuto anche qualche scontro… convinti entrambi di avere sempre ragione. Quante volte ci siamo rimproverati a vicenda l’eccessiva prolissità! Però certi ricordi, le telecronache di quei match tipo Connors-Krickstein all’US open, sono indimenticabili.

E l’amicizia di mezzo secolo ha resistito anche a momenti più difficili, come quelli che hanno portato lui a continuare a lavorare per Tele+ e io a venirne via, per una serie di ragioni molto complesse e inutili qui da spiegare.
Rino, nel pubblicare sul suo libro autobiografico “Da Kinshasa a Las Vegas via Wimbledon una foto dei… quattro moschettieri del tennis su Tele+” – come qualcuno prendendoci in giro soleva chiamarci – ha scritto una didascalia che per me e credo anche per Roberto ha rappresentato il più bel complimento alla nostra carriera comune con il microfono in mano.

Ho decine di fotografie in casa mia di Roberto con me, e da tennisti e da telecronisti, ma non digitali. E non so scannerizzarle, nemmeno quella che vedete pubblicata (e che, così scura, non è nemmeno di grande qualità). Per poterne mettere una sul sito mi sono dovuto rivolgere a Daniele Azzolini e all’organizzazione di Matchpoint che me l’ha cortesemente scannerizzata dal libro di Rino e mandata.

In effetti penso che Roberto con la sua competenza tecnica indiscutibile – e ancor più approfondita negli ultimi anni grazie al suo impegno come presidente della scuola nazionale maestri e ai suoi contatti con grandi tecnici del tennis mondiale – fosse il mio partner ideale in tv.
Ritornando al Lombardi tennista voglio precisare che come singolarista è stato molto più forte di me. È arrivato a n.6 d’Italia, ha giocato due finali degli Assoluti – cito a memoria ha colto anche vittorie su giocatori importanti, lui che era cresciuto alla scuola alessandrina del maestro Cornara, come poi Barazzutti (classe 1953, grande rivale da sempre di Roberto… anche se poi, uniti nel segno FIT, si sarebbero poi ritrovati a condividere telecronache televisive per il canale federale; i due non sono mai andati troppo d’accordo, ma ultimamente avevano trovato modo di mediare le loro diversità), come anche Gianni Rivera, mandrogno come lui e suo idolo: Roberto era sfegatato tifoso milanista per quello.

Ricordo in particolare un curioso episodio, avvenuto circa quarant’anni fa a Firenze. Io ero giovanissimo direttore del torneo ATP di Firenze. Roberto Lombardi giocava le qualificazioni di quel torneo. Lo zio di Peter Korda, mi pare si chiamasse Pavel, mi aveva chiesto di iscrivere alle qualificazioni un ragazzino che a suo dire era promettentissimo: si chiamava Ivan Lendl. Il problema fu che questo diciassettenne si era perso un treno, aveva viaggiato tutta la notte, non sarebbe arrivato in tempo per il check-in. Decidemmo di sorteggiarlo ugualmente, in considerazioni di quelle vicissitudini e dell’età del ragazzino. Era toccato in sorte a Roberto Lombardi. Pregai quindi Roberto, dieci anni più anziano (lui del ’50 e Ivan del ’60) di aspettarlo. Per convincerlo gli dissi: “Dai, non perderai mica da un ragazzini di 17 anni che è stato tutta la notte in un treno e arriverà suonato?”.

Lui accettò sportivamente di aspettarlo. Beh, potete immaginare come andò a finire. Vinse il ragazzino ceco. Per anni Roberto me l’ha scherzosamente rimproverato: “M’hai fregato, m’hai fregato… lo sapevi che era fortissimo!”. Ecco, io voglio ricordarmi sempre quel Roberto lì, quello che scherzava sempre, quello che al ristorante chiedeva sempre quello che non c’era (“Lombardi? Il peggior cliente di ristorante del mondo” era l’affettuosa definizione che di lui dava Maestro Rino), quello che amava sempre recarsi nei posti “più trend”.

Quello che nella vita ha vissuto tanti momenti belli, insieme a me, insieme ad altri, alle ragazze che corteggiavamo insieme (a lui piacevano sempre quelle più alte…) ma che era passato anche attraverso momenti davvero difficili, come quando aveva perso la sua prima moglie, anch’ella, come poi Caterina, adorabile. A Caterina, ai familiari di Roberto, con il pianto nel cuore, dico solo arrivederci. A sabato per il suo funerale, all’ospedale di Niguarda, in quell’altro mondo per un doppietto che sono sicuro riusciremo ad organizzare.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement