Binaghi: "Pur di fare gli Internazionali, accetto anche le porte chiuse"

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Binaghi: “Pur di fare gli Internazionali, accetto anche le porte chiuse”

Il presidente della FIT, intervistato dal Corriere della Sera, torna sul tema della cassa integrazione e sugli Internazionali d’Italia: “A Roma a ottobre, a Cagliari a novembre o a Milano sul veloce a dicembre”

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Angelo Binaghi a Cagliari per Italia-Corea del Sud, Coppa Davis 2020 (foto Felice Calabrò)
 

Il presidente della FIT, Angelo Binaghi, ha rilasciato nuove dichiarazioni nel corso di un’intervista uscita sul Corriere della Sera, a cura di Gaia Piccardi. La prima questione affrontata è stata ovviamente la polemica sulla cassa integrazione deliberata dalla FIT per i suoi dipendenti. La decisione ha scatenato l’ira dei sindacati che hanno proclamato l’illegittimità della scelta, dal momento che i costi degli stipendi sarebbero coperti dai contributi erogati da Sport e Salute. Nei fatti le cose non stanno proprio come dichiarato dalle varie sigle che tutelano i lavoratori. I criteri sono infatti cambiati proprio a partire dall’anno in corso e questo concede al management FIT più ampio spazio di manovra, come specificato dallo stesso Binaghi.

“Quando i contributi erano erogati dal Coni, effettivamente il criterio attribuiva alla voce ‘copertura dei costi del personale’ una quota della cifra. Lo scorso dicembre, però, in seguito alla riforma, Sport e Salute Spa ha adottato nuovi criteri, più oggettivi e meritocratici, decidendo che a partire dal 2020 i contributi non fanno più riferimento specifico alla copertura del costo del personale ma sono un ‘premio’ per i risultati sportivi ottenuti. In altre parole, da quest’anno alle Federazioni vengono riconosciute la completa autonomia gestionale e, quindi, la piena assunzione di responsabilità”.

Il presidente giustifica ancora la sua posizione e la difficile scelta sulla base delle proiezioni di bilancio tutt’altro che rosee e sulla necessità di sostenere le società sportive. “I dati nudi e crudi sono questi: abbiamo sospeso tutti i contratti, da Barazzutti a Pietrangeli, prevedendo una variazione di bilancio da stato di guerra: 37 milioni di contrazione delle entrate su 60 di fatturato. Siamo la Federazione che più di tutte si autofinanzia (87%), perciò siamo quella che più soffre. Ho 3200 società che non so se riusciranno a ripartire, 9640 insegnanti che in tasca non hanno una lira e qui stiamo parlando di qualche decina di persone rispetto al dramma di altre migliaia, i miei azionisti. Spregiudicatezza, lei dice. Io dico che abbiamo preso decisioni veloci e necessarie, nell’interesse di tutto il movimento. L’ho detto anche al Coni: dovreste fare lo stesso“.

Il colpo più duro alle finanze della Federazione arriverebbe dal mancato svolgimento degli Internazionali d’Italia, ancora a forte rischio. La priorità, secondo Binaghi, è quella di “giocarli a Roma, tra settembre e ottobre, durante la nuova stagione sulla terra”. Sembrano però già pronte svariate soluzioni di riserva per non perdere l’edizione 2020 del torneo, vitale per la Federazione. A Cagliari a novembre, a Milano sul veloce a dicembre, magari donne e uomini divisi tra Milano e Torino, con finali in sede unica, in una bella unione tra città duramente colpite dal virus. Pur di fare gli Internazionali, accetto anche le porte chiuse“.

Addirittura si parla anche di un eventuale anticipo delle ATP Finals a Torino, nel caso Londra non riuscisse a onorare l’ultimo anno di contratto a causa dell’emergenza sanitaria. “Ne ho parlato con la Appendino: se Londra non ce la fa, coglieremo l’occasione“.

Per quanto riguarda il futuro, Binaghi è sicuro che, anche dopo che le palline saranno tornate a rotolare in giro per il mondo, la situazione del tennis non sarà quella a cui siamo abituati. “Dovremo essere duttili e innovativi perché per uno o due anni nulla sarà come prima. I giocatori si raccatteranno palle e asciugamani e non potranno portarsi dietro il clan: si tornerà agli anni di Pietrangeli, atleta e coach. Il pubblico entrerà e uscirà ordinato per file, siederà distanziato, mascherine e gel disinfettante per tutti. Sarà un sistema di qualità e vorrei che il tennis fosse premiato per le sue caratteristiche uniche”.

Per quanto riguarda le possibilità di ripartire in tempi brevi, Binaghi fa appello ai governanti e richiama l’attenzione sulle caratteristiche peculiari del tennis rispetto agli altri sport, in primis quelli di squadra. “Siamo lo sport più sicuro dal punto di vista sanitario: non possono trattarci come le discipline di squadra, di contatto o indoor. Vorrei che, nel riaprire lo sport di base, chi ci governa lo capisse: spogliatoi chiusi, panchine ai lati opposti, gel a ogni cambio di campo. Il tennis può e deve ripartire appena possibile: ci basta una settimana di preavviso“.

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