"United colors of tennis", ATP e WTA insieme: fantasia o realtà?

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“United colors of tennis”, ATP e WTA insieme: fantasia o realtà?

La proposta di un tour combined lanciata da Federer sembra più di un volo pindarico. L’idea sembra ottima, ma è davvero realizzabile? Quali sono gli ostacoli?

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Tutti ne parlano, tutti dicono la loro, è la notizia del momento: il tweet di Roger Federer che ha ventilato la possibilità che l’ATP e la WTA si uniscano per gestire insieme il tennis professionistico mondiale (almeno quello al di fuori degli Slam, della Davis/Fed Cup e delle Olimpiadi) ha solleticato le fantasie di molti tifosi e addetti ai lavori nel mondo del tennis, ormai in preda alla più insopportabile astinenza da sport giocato.

Fino allo scorso anno l’ATP ha sempre guardato dall’alto in basso con grande sufficienza il circuito in rosa, ma già durante la conversazione avuta dal Presidente ATP Andrea Gaudenzi con la stampa italiana un paio di settimane fa si era capito che il vento era cambiato in vetta all’associazione giocatori: “il tennis non deve competere con gli altri sport, deve competere con tutte le altre forme di intrattenimento per conquistarsi il tempo e il ‘discretionary spending’ di giovani e meno giovani”. E il modo migliore per farlo, secondo Gaudenzi, è presentare un fronte unito affinché si possa raccontare le storie del tennis dall’inizio alla fine in maniera omogenea, e non frammentata come accade adesso, dove in alcuni Paesi un appassionato deve sottoscrivere l’abbonamento a tre-quattro piattaforme diverse per vedere tutto il tennis.

Se infatti in Italia la situazione è tutto sommato abbastanza rosea (SuperTennis offre tanto e gratis, e con un abbonamento a Sky che include anche Eurosport si riesce a vedere più o meno tutto), negli altri Paesi la storia è molto differente. Negli USA, uno dei mercati chiave per qualunque prodotto di intrattenimento, specialmente uno “anglocentrico” come il tennis, la ESPN offre gli Slam (tranne il Roland Garros i cui primi diritti sono in possesso della NBC) e i Masters 1000 di casa, mentre il resto del tennis era sparso per varie piattaforme, alcune delle quali non proprio facilmente ricevibili.

Tennis Channel si occupa dei Masters 1000 non americani, dei 500, del resto degli ATP 250 ed ora anche del tennis femminile; fino a poco più di 12 mesi fa, però, i tornei WTA erano trasmessi da BeIN Sports, il canale qatariota che però è estremamente focalizzato sul calcio e lasciava al tennis in gonnella solo le briciole dei palinsesti.

Tennis Channel fa solitamente parte dei pacchetti “premium” delle televisioni via cavo e via satellite, costringendo gli abbonati che volessero riceverlo a spendere vicino ai 100 dollari al mese per ricevere più di 120 canali molti dei quali magari di scarso interesse; BeIN Sports è addirittura un canale add-on, richiedendo un esborso extra di quasi 20 dollari al mese solo per il proprio bouquet. Le finali di Coppa Davis, poi, sono state trasmesse solamente da Rakuten TV, un servizio streaming pressoché sconosciuto negli USA, con solo le partite della squadra americana che sono andate sui canali lineari, in questo caso su Fox Sports 2, altro canale che richiede un abbonamento a parte.

Sarebbe sicuramente più facile per il tennis poter presentare un’offerta unica, globale, per consentire ai tifosi di vedere tutto su un’unica piattaforma e alle televisioni di raccontare tutte le storie senza spezzatini. Il fatto che i diritti televisivi dei tornei maschili e femminili siano venduti separatamente anche nei tornei combined richiede artifici di programmazione che a volte possono causare situazioni spiacevoli: ricordate le finali di Indian Wells 2017, quando le tre ore della finale femminile tra Vesnina e Kuznetsova costrinsero a un notevole ritardo la finale maschile tra Federer e Wawrinka, con tifosi e addetti ai lavori che, costretti a “prendere tempo” in attesa dell’inizio del match ATP, presero a riversare sui social media improperi di ogni tipo nei confronti delle incolpevoli ragazze?

Elena Vesnina, vincitrice di Indian Wells 2017

Sembra che l’intenzione al vertice ci sia, così come il buy-in di alcuni dei personaggi più influenti dell’ambiente (Federer e Nadal). Sembra anche che si tratti di più di un pensiero in libertà da parte di Federer: il rappresentante del Players Council Vasek Pospisil ha rivelato che una proposta preliminare per questa “unificazione” sia già allo studio dal mese di gennaio, ancor prima che l’emergenza Coronavirus decimasse i calendari. Tuttavia la strada è ancora lunga: tanto per cominciare in casa ATP non sembrano tutti felicissimi di questo “new deal”, a partire da Kyrgios, che come suo consueto senza peli sulla lingua ha dichiarato la sua opposizione all’ipotesi, chiedendo per quale motivo i giocatori non siano stati consultati in proposito.

Quando si tentano operazioni di “fusione” di questo tipo (anche se a questo punto non sappiamo se si tratti di una fusione o semplicemente di un accordo commerciale), solitamente l’ostacolo più pericoloso è rappresentato dalle persone che occupano posizioni manageriali di medio-alto livello nelle attuali organizzazioni e che temono di perdere potere, poltrone, opportunità di carriera e anche un lauto stipendio. Queste persone per solito hanno tutto l’interesse che le cose rimangano come sono, perché hanno parecchio da perdere da un possibile cambiamento.

È comunque innegabile che la situazione più unica che rara in cui ci troviamo possa costituire un’occasione per fare qualcosa in un ambito che molti manager del tennis fino a questo momento hanno considerato troppo “ratioattivo” per essere toccato. Trovandoci tutti a bocce ferme e dovendo decidere come ripartire, una volta che la situazione dovesse permetterlo, si potrebbe cogliere l’occasione per fare qualche cambiamento al calendario, nei limiti in cui i contratti in essere lo permettano. Nessuno nel mondo del tennis considera l’attuale susseguirsi degli eventi ideale: se si interpellano 50 persone si ricevono 50 pareri differenti, e tutti quanti hanno qualche punto meritorio a proprio favore favore.

Tuttavia, per quanto l’idea sulla carta appaia generalmente una buona idea (con buona pace di Nick Kyrgios), bisogna comunque vedere se a livello pratico si tratta di una strada percorribile: come detto ci sono i contratti in essere che devono essere considerati e soprattutto bisogna pesare il valore relativo delle due entità. L’ATP genera considerevolmente più fatturato della WTA, e se lo swing asiatico del prossimo autunno dovesse saltare, le conseguenze finanziarie per la WTA potrebbero essere molto severe, tali addirittura da rendere l’associazione femminile vulnerabile a un’acquisizione da parte dell’ATP invece che a una fusione.

L’idea è certamente affascinante – ha affermato Andy Roddick su Tennis Channel – ma bisogna vedere se effettivamente l’unione delle due organizzazioni sia più grande della somma delle parti. Bisogna vedere i bilanci, capire se finanziariamente è possibile e se il “mostro” che dovesse nascere da questa operazione possa essere gestibile”. Tutto giusto, certo, ma in questo caso si dovrebbe guardare più che altro alla prospettiva futura di un tour “combined” molto più forte che può affrontare un futuro infestato da Netflix, Amazon Prime e Fortnite con la consapevolezza di poter produrre un fronte comune e una capacità di produrre storie di grande qualità.

Alle porte di una recessione mondiale che ridurrà all’osso il denaro a disposizione di molti per l’intrattenimento, il tennis potrebbe avere l’occasione d’oro per mettere in ordine la sua casa e presentare il prodotto migliore che può alla battaglia che si profila all’orizzonte. In ballo potrebbe esserci la sopravvivenza stessa del circuito professionistico così come lo conosciamo: non è detto che i soldi che sono sempre arrivati da sponsorizzazioni e TV continueranno ad arrivare anche in futuro, e davanti alla prospettiva di un doloroso ridimensionamento anche i personaggi descritti all’inizio che si oppongono al cambiamento per amore della poltrona potrebbero arrivare a capire che siamo arrivati al punto in cui, come diceva Giuseppe Tomasi da Lampedusa, tutto deve cambiare perché tutto rimanga uguale.  

Garbine Muguruza e Rafael Nadal
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