Secondo uno psichiatra francese, si può giocare a tennis... senza giocare a tennis

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Secondo uno psichiatra francese, si può giocare a tennis… senza giocare a tennis

L’Equipe ha intervistato l’ex tennista e psichiatra Christophe Bernelle. In un momento senza “vero” tennis, il mental coach francese suggerisce di praticare il tennis “in bianco”

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Come si fa per non perdere la mano, le misure e la precisione dei colpi quando non si può giocare a tennis? Una risposta interessante giunge da Christophe Bernelle, ex giocatore professionista francese (è stato n.185 ATP) e medico psichiatra, mental coach presso il Centro tecnico nazionale della Federazione francese. In un’intervista a L’Equipe, Bernelle racconta di proporre ai suoi atleti la tecnica della visualizzazione dei colpi, il cosiddettoshadow tennis‘. Ma cos’è esattamente? E che ruolo può avere uno psichiatra per i giocatori, in un momento così particolare come quello di un confinamento causato da una pandemia?

“In questo momento, siccome la maggior parte dei tennisti e delle tenniste sono frustrati perché non possono giocare, fanno appello alle tecniche proposte dagli psicologi. In particolare, un lavoro sulla respirazione, la meditazione e la visualizzazione, come hanno spiegato, tra gli altri Bianca Andreescu e Novak Djokovic. Il pensiero, il dialogo interiore, ora tutto questo può essere oggetto di un lavoro approfondito“.

Meglio di quanto si possa fare in tempi normali?

Spesso le giovani speranze francesi arrivano da me per delle sedute alla fine di una giornata intensa di allenamento, stanchi, e sono quindi un po’ meno pronti. Adesso tutto si fa via telefono, certo, ma sono più disposti ad ascoltare”.

Come vivono l’isolamento forzato questi apprendisti campioni?

Sono in contatto con ognuno di loro una o due volte alla settimana e stanno piuttosto bene. In generale non si annoiano, hanno il tempo per recuperare a livello scolastico. Le giornate sembrano trascorrere rapidamente per loro. Al mattino, ho organizzato degli esercizi di respirazione, una forma di iniziazione alla meditazione. Hanno inoltre un programma di allenamento fisico da seguire“.

Alcuni hanno comunque accesso ai campi da tennis?

La maggior parte può correre intorno a casa o in un giardino, ma pochissimi hanno accesso a un campo. Quindi chiedo loro di giocare “a vuoto”. Il fatto di non giocare per davvero aiuta a mettere da parte i propri difetti poiché non vengono messi in atto concretamente. È il momento di aggiungere qualcosa. L’esercizio della visualizzazione mentale e in “shadow” è importantissimo per effettuare questo tipo di correzione.

Ma in cosa consiste esattamente questo esercizio?

Chiedo loro di praticare lo ‘shadow tennis’, cioè effettuare i colpi a vuoto, senza pallina, con o senza racchetta. È dimostrato scientificamente che quando si effettua un gesto a vuoto, visualizzandolo bene, i circuiti neuronali utilizzati per quel colpo in particolare si mettono davvero in azione. Praticamente è come se colpissimo davvero la palla“.

(questo concetto espresso da Bernelle trova il suo razionale scientifico nell’esistenza dei neuroni specchio, scoperti peraltro da un gruppo di ricercatori di Parma. Secondo la teoria dei neuroni specchio, il nostro cervello è addirittura in grado di attivare gli stessi circuiti neuronali che si attiverebbero se si svolgesse quell’azione… guardando qualcun’altro che la sta eseguendo. È quindi più facile comprendere come questi circuiti si attivino, a maggior ragione, eseguendo il gesto ‘a vuoto’. Ne ha parlato il nostro Ilvio Vidovich in questo articolo)

Stefanos Tsitsipas – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Ma è possibile agire davvero sulla propria tecnica in tali condizioni?

Sì, del resto, ognuno svolge un lavoro specifico sul quale deve concentrarsi. Può essere un piccolo dettaglio sulla preparazione del dritto, sul modo di colpire il rovescio, sugli appoggi, sul colpire la palla in alto durante il servizio, spingendo con le gambe. Ognuno possiede una propria specificità ma tutti aderiscono a questo tipo di esercizio. E se lo si esegue in modo regolare, mettendo in atto la correzione del proprio colpo, si acquisisce il meccanismo. L’idea è di raggiungere una sorta di automatismo per quando poi si potrà di nuovo colpire la palla“.

Ma non c’è il rischio di annoiarsi ripetendo ogni giorno dei colpi a vuoto?

Alla fine di ogni seduta telefonica, facciamo un match tra di noi, in visualizzazione. Diventa dunque anche un lavoro di tattica, è divertente. Decidiamo di inspirare simultaneamente. Alla fine della seconda espirazione, il battitore rivela il punto in cui servirà e colui che risponde lo deve fare quasi contemporaneamente. Per esempio: si annuncia un “servizio sulla T” e ci deve essere una risposta adatta, come un rovescio bloccato di piatto potente lungolinea. Il giocatore deve visualizzare la propria risposta. Dopo questi primi due colpi virtuali, si continua il punto. Bisogna cercare ovviamente di realizzare dei punti realistici ma ciò permette di svelare alcuni aspetti psicologici.

Per esempio, ho parlato con un ragazzo a cui, quando ho detto che sarei sceso a rete colpendo forte sul suo rovescio, mi ha risposto: ‘la velocità mi coglie di sorpresa e sbaglio steccando’. Aveva davvero visualizzato lo scambio e, nello specifico, questo esercizio svela gli aspetti sulla fiducia in se stessi. Un’esperienza simile era stata fatta con dei pianisti. Avevano formato tre gruppi: uno con pianoforte e spartito, uno con spartito ma senza pianoforte e un terzo senza niente. Quando si sono riuniti, il secondo, che aveva potuto fare lo “shadow pianoforte”, mimando l’atto di suonare sui tasti, aveva recuperato rapidamente il ritardo accumulato rispetto al primo gruppo. Il terzo, aveva avuto maggiore difficoltà. I neuroni “vedono” le cose e si attivano come se fossimo in campo. Coloro che avranno effettuato questo esercizio di visualizzazione saranno meno arrugginiti al momento della ripresa, è sicuro”.

L’iniziativa di Bernelle è senz’altro interessante, ma una perplessità che si potrebbe muovere è di carattere puramente meccanico. Molto spesso la buona o la mancata riuscita di un colpo dipende da quanto è abile il giocatore ad assorbire l’urto del colpo a cui sta replicando, e in assenza di una vera pallina da colpire la ‘valutazione’ di questo moto diventa interamente cerebrale, e quindi per certi versi più complessa e aleatoria. Questo ovviamente non pregiudica la finalità dell’esercizio, che è quella di mantenere viva la memoria neuro-muscolare. Voi che ne pensate? Sareste capaci di immaginare per intero uno scambio, magari un game intero, o persino una partita?

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