Uno contro tutti: Borg e ancora Connors - Pagina 2 di 2

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Uno contro tutti: Borg e ancora Connors

Ventisei uomini diversi hanno occupato il trono di numero uno del mondo. Ripercorriamo le loro storie: oggi introduciamo Bjorn Borg e ritroviamo Jimbo

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Tornando a Borg, da lì in avanti diventa tutto più semplice e la finale contro il n.1 Connors sarà “una delle mie migliori partite in assoluto e lo consacrerà al pari di Fred Perry, l’ultimo a vincere tre volte consecutive i Championships. Poi però, come ogni stagione, si va in America e lì tutto cambia. Innanzitutto, per Borg cambia la racchetta. Anche se sono in molti a sostenere che in realtà si tratti di una Donnay camuffata, negli Stati Uniti lo scandinavo è sotto contratto con la Bancroft e, per uno scaramantico come lui, non deve essere semplice abbandonare l’attrezzo con cui ha dominato in Europa e sostituirlo con un altro che fin lì gli ha dato spesso delusioni. In realtà, nel resto degli States Borg non è poi andato così male ma a New York…

A New York proprio non c’è verso di cambiare l’inerzia negativa, nonostante le ultime tre edizioni si siano giocate sulla terra (sia pur quella verde silicea dell’Har-Tru, più rapida rispetto al rosso tradizionale). Ma stavolta si cambia. A Flushing Meadows, là dove sorgeva il celebre Singer Bowl adesso c’è il futuro, che tanto per cambiare in America è già presente. Il nuovo complesso è stato edificato attorno allo stadio centrale, intitolato a Louis Armstrong (che viveva da quelle parti) e con una capienza vertiginosa di quasi ventimila posti. Poi c’è il Decoturf, che la Federazione Statunitense ha individuato come la lega giusta da stendere sopra l’asfalto per ricoprire i campi: l’era del duro è iniziata e il più duro di tutti è ancora Jimmy Connors. Il n.1 ha assorbito al meglio la batosta di Wimbledon e nel suo paese respira aria più salubre.

Jimbo ha preparato lo Slam di casa vincendo a Washington, Indianapolis e Stowe e, più in generale, in stagione ha perso solo contro tre avversari: Borg e due volti poco conosciuti, Jeff Borowiak e Hank Pfister. Entrambi l’hanno sconfitto a Las Vegas, dove il mancino è andato sia per il torneo WCT che per quello del Grand Prix. Il primo, un californiano di famiglia polacca, prende il tennis con filosofia ma a tennis sa giocare e ha già battuto campioni del calibro di Laver, Newcombe, Ashe e Borg; poi, succede che nella giornata storta perda con Willem Prinsloo ma questo fa parte del personaggio. Il secondo invece, sui campi in cemento del Caesars Palace, mostra di saperci fare anche in singolare e mette in riga Ashe, Connors e Tanner prima di soffrire fin troppo la pazienza di Barazzutti e pagare la stanchezza accumulata nei turni precedenti.

Ma questi passi falsi, Connors li ha fatti registrare tra marzo e aprile. Poi, finale di Wimbledon a parte, solo trionfi. In questo US Open, il n.1 insegue un primato che nessuno potrà mai eguagliare: vincere il torneo su tre diverse superfici. Fino agli ottavi si gioca due su tre e Jimmy ha qualche problema contro Pat Dupre, uno che diventerà famoso l’anno dopo conquistando la semifinale a Wimbledon a spese di un italiano che sarà anche il prossimo avversario di Connors: Adriano Panatta. Il romano viene da una stagione a dir poco deficitaria ma tutti nel circuito gli riconoscono quel talento che fa a cazzotti con la regolarità e le statistiche. Jimbo lo sa bene, per averci già perso due volte (finale di Stoccolma 1975, ottavi al WCT di Houston nel 1977) da quando è numero 1 del mondo.

Panatta si porta in giro l’immagine del giocatore che può facilmente perdersi in un niente ma che al contempo ha le chiavi per aprire qualsiasi cassaforte; non è forse lui l’unico ad aver battuto – e per ben due volte – Borg al Roland Garros? Jimbo lo conosce bene, dicevamo, ma ancora non abbastanza. Perché quando, avanti due set a uno, Connors pensa di aver chiuso la pratica, è proprio lì che iniziano i guai. Panatta lo travolge nel quarto (6-1) e si porta 5-3 nel quinto, a un passo dalla storia. Affermerà anni dopo: “Non mi spaventava Connors in quanto tale ma tutto ciò che ci circondava; quel campo enorme, il rumore che arrivava dagli spalti e dal cielo, con tutti quegli aerei che decollavano e atterravano a La Guardia. Giocai bene per lungo tempo ma non abbastanza da portarla a casa; ci ero quasi riuscito, poi lui fece quel passante che ti viene una volta ogni mai e lì capii che non era il mio giorno”.

Quel passante in corsa di rovescio a una mano che sfiora il naso del giudice del net e si spegne sulla riga laterale consegna a Connors il match-point e, subito dopo, il passaggio del turno. Dai quarti in poi il n.1 diventa intrattabile e in finale, contro un Borg che ha il pollice destro menomato ma ci terrà a sottolineare che “stavo bene, solo che oggi lui ha giocato a un livello per me impossibile”, non concede nemmeno una palla-break e domina 6-4/6-2/6-2. Niente Grand Slam, dunque. I due grandi rivali si ritroveranno a Tokyo (dove Connors perde con Brian Teacher, poi battuto in finale da Borg) e rimanderanno al 1979 il discorso relativo alla leadership mondiale. Un duello che seguiremo da vicino nella prossima puntata.

TABELLA SCONFITTE N°1 ATP – TERZA PARTE

1977D.Stockton-BORG36 64 10 rit.US OPEN
1977D.Stockton-CONNORS65 65Challenge Cup WCT
1978G.Vilas-CONNORS64 36 75Masters
1978B.Borg-CONNORS76 36 61Pepsi Grand Slam
1978J.Borowjak-CONNORS63 60Las Vegas WCT
1978H.Pfister-CONNORS76 36 64Las Vegas
1978B.Borg-CONNORS62 62 63WIMBLEDON
1978B.Teacher-CONNORS46 64 63Tokyo


Uno contro tutti: Nastase e Newcombe
Uno contro tutti: Connors

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