L’erba del Centre Court è probabilmente l’immagine che più di tutte fa parte della psiche collettiva come simbolo del tennis. Tutti perciò saranno rimasti scioccati quando Wimbledon, il torneo che più di tutti è riuscito a creare una propria mistica, è stato il primo Slam a cadere per l’emergenza COVID-19 – cadendo in piedi, non fraintendiamoci. Una persona che però non è rimasta scioccata è Neil Stubley, head gardener della ventina di specialisti che ogni anno cesellano i campi fino all’ultimo filo d’erba. Ottavo capo-giardiniere, è stato promosso nel 2017 dopo 22 anni di servizio, ed era quindi presente quando il torneo è mutato verso la contemporaneità, passando a prati al 100% in loietto inglese nel 2001 e l’anno dopo adottando palline Type 3, sempre fornite dai fidi sodali della Slazenger.
Alla notizia della cancellazione, molti si erano chiesti se non potessero essere spostati nel calendario come il Roland Garros, ma, al di là dell’aspetto economico dettato dall’assicurazione contro le pandemie, la risposta del torneo aveva chiarito che l’erba non si sarebbe adattata a climi diversi da quello estivo.
Stubley, che è probabilmente la persona con più cognizione di causa, ha confermato in un’intervista a “La Nación” quanto aveva già dichiarato: “Più l’estate avanza, più ore di luce si perdono. Dopo il crepuscolo l’erba diventa più scivolosa, cosa che fra giugno e luglio accade dopo le 22:00, mentre in autunno non avremmo abbastanza tempo per tutte le partite. In passato si è giocato a settembre per la Davis, ma si parla di cinque partite in tre giorni, quindi le ore di luce bastano e avanzano, ma per Wimbledon questo non è possibile, e provare a farlo comporterebbe una pressione ingiusta per il torneo“.
I suoi pensieri sullo stato attuale delle cose sorprendono per quanto dello sportivo ci sia all’interno di essi: tutti gli avvenimenti diventano secondari, nelle sue parole, rispetto al compito da portare a termine, in una visione del mondo (o meglio in una vocazione nel mondo) che comprende esclusivamente un aspetto esecutivo, tagliando fuori tutto ciò che non rientra nella propria sfera di controllo e trasformando ogni stimolo emotivo in un’arma da usare a proprio vantaggio per portare l’opera a compimento.
Un perfetto esempio è la sua prima risposta al quesito sull’impatto dell’annullamento dei Championships: “Ovviamente siamo delusi per la cancellazione, ma dobbiamo continuare a fare la corretta manutenzione dell’erba, che ora continua a crescere al chiuso“.
Lui, infatti, non sembra avere tempo né per gli oneri di un lavoro che viene valutato annualmente in mondovisione (“devi essere concentrato e l’ansia fa parte del lavoro“) né tantomeno per gli oneri: “Non definirei eccitante il primo giorno del torneo, ma sicuramente ci si sente nervosi sperando che le condizioni dei campi siano buone. Non si riposa tranquilli, ma almeno ci si sente un pochino felici quando i primi match vengono giocati bene. Non ci si gode il torneo finché non è finito, e guardando indietro si riflette sul proprio successo. Se nessuno ha parlato dell’erba, allora il torneo è andato bene“.
La mentalità della sua squadra pare essere legata a vecchi/nuovi obiettivi da raggiungere, sempiterni come il lavoro che compie. Morto uno scopo se ne fa un altro: “Ci stiamo preparando per la prossima stagione e per quando il circolo riaprirà. Fino all’autunno ci concentreremo sul consueto rinnovamento dei campi“. Va infatti sottolineato che, allorché il governo lo dovesse permettere, il circolo riaprirà per i suoi iscritti, e questa è la nuova deadline di Stubley e dei suoi accoliti.
Come i tecnici che lavorano a un film (dai cameraman agli elettricisti, dallo schiavo a Biascica, insomma), la qualità fondamentale per far sì che il prodotto finale sia del massimo livello è l’equilibrio artigianale, per così dire, e anche risposta alla domanda su come la squadra dei prati stia vivendo questo momento non lascia spazio a sentimentalismi, risultando esclusivamente fattuale.
Altro esempio: “Seguiamo le linee guida governative su quello che possiamo e non possiamo fare. Il distanziamento sociale non è un problema, visto che lavoriamo sempre ad almeno 20 metri di distanza gli uni dagli altri. Ognuno lavora con la sua macchina e con i suoi strumenti personali, quindi non c’è contatto. A fine giornata, si lavano le macchine e le si mette via in modo che tutto sia pulito e che non ci siano assembramenti all’ora di pranzo; è una sfida, ma è una sfida che ha colpito tutto il mondo e che noi abbiamo affrontato dall’inizio“.
Al momento, l’erba dell’AELTC è ancora in preparazione, venendo annaffiata costantemente. Una volta che la data di riapertura verrà resa nota, l’idratazione verrà gradualmente ridotta per due settimane, rendendo la superficie più ferma, e solo allora verranno messe le righe dei campi – nelle parole dell’head gardener, i campi sono pronti al 95% per essere utilizzati.
Se questa può apparire come un’affermazione sorprendente, Stubley, flemmatico, ribatte che per la sua équipe, in fondo, il cambiamento non è stato così radicale: che i campi vengano utilizzati o meno non è rilevante, perché vengono costantemente rinnovati in ogni caso; perciò, la cura dei prati non si ferma mai nel corso dell’anno, variando esclusivamente a seconda delle temperature – per esempio, vista l’umidità dello scorso inverno, si sono trovati a dover tagliare l’erba una o due volte a settimana.
Anche quest’ultimo aspetto, però, non costituisce più una variabile di difficile previsione, come succedeva in passato: “La quantità di informazioni che abbiamo a disposizione adesso rende tutto molto più prevedibile. L’unica parte difficile è rifare i campi a fine estate, perché c’è poco tempo e bisogna già prepararli per l’anno successivo, e spesso dobbiamo iniziare quando ci sono ancora dei membri del club che stanno giocando, fra agosto e settembre“.
Tutto molto scientifico, tutto molto asettico, ma per chi assiste al prodotto finale non è così. Perciò, si può solo essere grati per il grado di professionalità che permette ai migliori tennisti del globo di esprimersi al massimo, e noi appassionati di ammirarli. Speriamo che Mr. Stubley possa tornare a farci trattenere il fiato molto presto, e quando succederà di nuovo forse un sorriso scapperà anche a lui.