Lettere al direttore: perché il mio sì al tennis a porte chiuse (scanagatta@ubitennis.com)

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Lettere al direttore: perché il mio sì al tennis a porte chiuse (scanagatta@ubitennis.com)

Roger Federer più… fortunato di Rafa Nadal e Novak Djokovic

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Tetto Philippe Chatrier (via Twitter, @rolandgarros)
 

Vi avevo invitato a scrivermi delle lettere perché io potessi rispondervi, cercando di andare contro la mia natura per essere il più sintetico possibile. Anche questa settimana siete numerosi e di questo vi ringrazio. Di seguito le mie risposte alle due domande che ho selezionato: continuate a scrivermi a scanagatta@ubitennis.com.

Lei, direttore, che ne pensa del tennis a porte chiuse? Angiolo Summa (città non indicata)

Penso che:

1) non mi piace proprio. È evidente che a tutti piace troppo di più seguire uno sport quando c’è la partecipazione del pubblico, gli applausi, l’entusiasmo che sottolinea un bel colpo, le emozioni che si propagano in tribuna e si trasferiscono agli stessi protagonisti dello spettacolo, quando un match raggiunge i picchi di suspense, un break point, un set point, un match point;

2) se anche per ipotesi mi ritrovassi fra i pochi eletti che potessero comunque assistere ad un match a porte chiuse, mi sentirei fortemente a disagio e non riuscirei a provare quelle emozioni senza le quali non avrei mai sviluppato quella passione per il tennis che sento e vivo fin da bambino;

3) però in questa situazione di Covid-19 occorre essere pragmatici e rendersi conto che il giocare a porte chiuse sarebbe un male minore rispetto al non giocare per nulla. Perché? Beh, qui di seguito e non necessariamente in ordine di priorità, ma anzi certamente dimenticando chissà quante categorie di conseguenze negative e danneggiati, penso in ordine sparso e di getto a:

a) agli organizzatori dei tornei. Le entrate di un torneo sono collegate fondamentalmente a: vendita dei diritti tv, sponsorizzazioni (sui campi e fuori), biglietteria. Soprattutto per i tornei di maggior prestigio i diritti tv rappresentano una valenza maggiore rispetto alla biglietteria. Per quanto riguarda le sponsorizzazioni, i villaggi, le tende, gli esercizi commerciali, variano a seconda del livello del torneo e della sua capacità organizzativa. Certo è che ci sono tornei che rischiano di sparire del tutto per aver speso soldi ed energie per un anno di preparazione ad incassi zero e spese a milioni. Questa è una delle conseguenze negative più gravose che si ripercuoterebbe su tutto il movimento già fra un anno. Ecco perché molti organizzatori (non solo la FIT e la Federazione Francese) preferirebbero poter ospitare il torneo a porte chiuse piuttosto che rinunciare in toto al torneo. Oltre agli incassi derivanti dalla vendita dei diritti tv si salverebbero almeno in parte quelli degli sponsor;

b) agli appassionati di tutto il mondo che, orfani per mesi di spettacoli tennistici, ne hanno sofferto. Anche se non sarebbe la stessa cosa rivederli in ambienti ovattati e privi dell’abituale atmosfera, potrebbero finalmente rivedere i grandi interpreti del tennis che si misurano fra loro;

c) alle varie tipologie di media che dopo essersi persi mesi e mesi di introiti legati a vendite (penso ai cartacei, quotidiani e periodici, alle tv) e a sponsorship (penso ai siti gratuiti che vivono di pubblicità), potrebbero riprendere a fare reportage sul tennis giocato, a pubblicare interviste dei protagonisti, dando così un po’ di fiato agli editori in asfissia, ai fotografi, ai cine-operatori, ai giornalisti, ai collaboratori che rischiano di restare senza lavoro;

d) ai tennisti dal cinquantesimo posto in giù che non vivono di ingaggi come gli atleti stipendiati di tante altre discipline, ma di soli premi. Se non hanno un livello tale da avere sponsor personali che accettino di retribuirli anche se non hanno potuto giocare, rischiano di non avere più risorse per continuare a farlo. Non possono permettersi infatti di non allenarsi, e salvo ritrovarsi senza team alla ripresa del tennis a porte aperte dovrebbero continuare a mantenere i loro team (sia pure magari con stipendi ridotti);

e) ai team – appunto – che fungono da corollario a tennisti e tenniste, (manager, coach, fisio, nutrizionisti, “mentali”, p.r., massaggiatori, videoanalisti, massaggiatori);

f) a tutti gli staff arbitrali, giudici di linea professionisti che fermi per un anno devono cercarsi un altro lavoro e forse abbandonare la loro carriera;

g) a tutti coloro che lavorano full time o part time per l’organizzazione dei tornei e che, sia pure in misura minore rispetto agli addetti di solito impiegati, si ritroverebbero senza lavoro;

h) a tutto l’indotto che ruota attorno a tornei comunque in atto, anche se ridotto dalla minore affluenza di persone che potessero frequentare un torneo a porte chiuse. Fornitori di varie tipologie e genere. Dagli spedizionieri al resto in loco;

i) a tutte le aziende, di abbigliamento e di prodotti tennistici che a fronte degli investimenti produttivi e pubblicitari (pensate a quelli che sponsorizzano tennisti), si ritrovano con i magazzini pieni perché si gioca meno a tennis e non si vede né tennis, né testimonial (magari pagati a caro prezzo). Con riflessi pesanti per l’occupazione;

j) a tutti i negozi di articoli sportivi e società di e-commerce legate al tennis e, anche qui, a tutti coloro che ci lavorano.

Ripeto: chissà quante altre attività lavorative da me qui neglette e trascurate troverebbero comunque uno sfogo anche se il torneo venisse giocato a porte chiuse.

Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

P.S. La risposta di cui sopra è diretta anche all’ingegner Salvatore Perna che ha scritto: “Tutte le partite iniziano sempre da 0-0. Ma quanto conta il pubblico nel tennis? Il tennis a porte chiuse non ha nessun senso, come si può pensare di sollevare la coppa di uno slam. Senza nemmeno ricevere un applauso?”


Caro Direttore, nell’eterna lotta tra i big 3, secondo lei, Nadal e Djokovic sono stati un po favoriti dalla mancanza di un avversario all’altezza di un paio di anni più giovane come invece accaduto per Federer nei loro confronti? Grazie (G.B. da Napoli)

Beh, Nadal e Djokovic sono 5 e 6 anni più giovani di Federer. Non un paio di anni. Quindi la mia risposta alla sua domanda è forse sì. Ma con un necessario distinguo. Federer ha goduto di un periodo nel quale i suoi avversari, mentre Nadal e Djokovic erano ancora imberbi, non sono stati formidabili, sia come talento e continuità, tant’è che li ha dominati spesso e volentieri. Federer non ha dovuto imporsi a dei similFederer nei primi anni della sua carriera. Nadal e Djokovic invece si sono ritrovati per tutti i primi anni, e poi i secondi anni e poi perfino per i terzi anni della loro carriera, un mostro sacro come Federer.

E a Nadal non è toccato misurarsi soltanto con un fenomeno come Roger, ma anche in un altro fenomeno come Novak. Stesso discorso vale quindi per Novak che si è imbattuto, arrivando per terzo a cercare di infrangere un duopolio, in due campioni pazzeschi. Il tutto trascurando un certo Murray che, sia pure un gradino più in basso rispetto agli altri, ha pur sempre vinto un paio di Wimbledon, uno US Open e due medaglie d’oro olimpiche. Insomma, G.B. da Napoli, se volevi farmi dire che Federer è stato più… sfortunato di Nadal e Djokovic, ripensandoci, la risposta è no. Sono stati più sfortunati – si fa per dire! – loro due.

P.S. Chiudo questa prima serie di risposte alle vostre lettere, tantissime (grazie!) anticipando che ne ho ricevute molte da parte di lettori infuriati per i mancati rimborsi dei biglietti degli Internazionali d’Italia e per la mancata trasparenza della FIT. Nihil novi… ma non mi andava di dare il via a questa nuova rubrica di lettere al sottoscritto con argomenti subito “politici”. Ne riparleremo prossimamente confrontando i comportamenti di altri tornei. Ma magari più in qua, anche in attesa di ulteriori sviluppi, nella speranza che siano positivi.


Scrivete a scanagatta@ubitennis.com

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