Osaka-Gauff, doppio contro il razzismo (Cocchi). La maturazione di Musetti (Bertellino). Schiavone: "Ho il cielo pieno di angeli e un nuovo senso per la vita" (Piccardi). Berrettini: "Roma, aspettami" (Cocchi)

Rassegna stampa

Osaka-Gauff, doppio contro il razzismo (Cocchi). La maturazione di Musetti (Bertellino). Schiavone: “Ho il cielo pieno di angeli e un nuovo senso per la vita” (Piccardi). Berrettini: “Roma, aspettami” (Cocchi)

La rassegna stampa di martedì 2 giugno 2020

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Osaka-Gauff, doppio contro il razzismo. Le baby star vogliono cambiare il mondo (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Naomi e Coco. Gioventù e determinazione. Agonismo e impegno. Osaka e Gauff sono le star del futuro, la rivalità che manca al tennis femminile per tornare sulle prime pagine. Questa volta, però, le due hanno unito le forze per un’impresa che non prevede una racchetta in mano. Niente palline gialle da rincorrere, solo coraggio. La missione è la partita della vita, la lotta contro il razzismo. Osaka e Gauff si sono esposte immediatamente dopo il caso di George Floyd, afroamericano ucciso da un poliziotto bianco a Minneapolis. La Osaka andando sul posto, marciando prima nel Minnesota e poi a Los Angeles e mettendo le immagini su Instagram, poi cancellate probabilmente per la pressione degli sponsor. Coco, invece, ha postato un video su Tik Tok, il social dei balletti, amato dalle ragazzine che si improvvisano starlette. Il messaggio qui era diverso, potente: una foto di Trayvon Martin, adolescente nero il cui omicidio ha fatto nascere il movimento Black Lives Matter, e poi lei, con un cappuccio nero in testa, le mani alzate in segno di resa e la scritta «Sarò io la prossima?». Su Twitter poi ha lanciato un altro messaggio che delinea chiaramente la strada che vuole prendere: «Userò i social network per rendere il mondo un posto migliore». #BlackLivesMatter, le vite delle persone di colore hanno importanza, è l’hashtag che sta facendo il giro dei social dal 25 maggio, giorno dell’omicidio di Floyd, e che le due ragazze magiche hanno tatuato sull’anima. Coco è la 16enne che ha stupito il mondo battendo il suo idolo Venus Williams a Wimbledon l’anno scorso e ripetendosi per poi piazzarsi tra le prime 50 al mondo. […] Lo ha dimostrato in questi giorni, esponendosi in prima linea. Mettendo anche il simbolo del pugno nero nel suo profilo Twitter, poi levato per questioni di «opportunità» e sostituto soltanto con un bollino nero. Naomi è giapponese di bandiera, mamma di Osaka e padre di Haiti, statunitense di formazione. Lei è quella «grande», con i suoi 22 anni, quella esperta, forte di due Slam e del numero uno al mondo conquistato per qualche settimana prima di calare per una crisi tecnica e di personalità. Timida, con la sua faccia buffa da cartone animato. Stavolta la personalità l’ha trovata e l’ha mostrata insieme alle unghie da guerriera con cui ha affrontato questi ultimi giorni: «Soltanto perché non sta succedendo a te, non vuol dire che non stia succedendo» è stato il suo messaggio. Che ha ancora più valore perché arriva dall’atleta più pagata dell’anno […]

“Io, l’erba e l’apnea”. La maturazione di Musetti (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Da chi è nato sulla terra rossa ti aspetteresti che la domanda sul “torneo dei tornei” in chiave personale trovasse quale risposta o il Roland Garros o Roma. Invece Lorenzo Musetti, classe 2002, carrarino assolutamente non banale, né in campo né fuori, non ha dubbi: «Wimbledon, dove ho raggiunto i quarti a livello junior provando grandi emozioni. Non avevo mai giocato sull’erba ma ho immediatamente trovato le giuste cadenze. Sarebbe il massimo fare bene tra i big». Un predestinato Lorenzo, con gli occhi di tutti puntati su di se fin dalle categorie giovanili. A volte non è facile gestire le pressioni. «Mi sono abituato e sono maturato – sottolinea – soprattutto dopo il boom mediatico che è seguito al mio successo dello scorso anno agli Australian Open junior. Un mese continuo di chiamate, interviste, ospitate. Ho fatto un po’ di fatica a rifocalizzarmi interamente sul tennis in quel periodo. Piano piano ho imparato a gestire la situazione, anche lavorandoci sotto il profilo fisico e motorio. In certe situazioni mi si bloccava il diaframma, non riuscivo a fare ciò che volevo e mi innervosivo. Ho chiesto il supporto ad un ragazzo di Livorno che insegna agli apneisti e ne sono venuto fuori. Quando mi capita ora ho le contromisure». Sogni importanti e step intermedi, guardando al domani. «Il massimo, e lo dico con lo stesso spirito di un bimbo che inizia a giocare, diventare il numero 1 del mondo. In stagione, di concerto con il mio coach di sempre, Simone Tantarini, ci eravamo posti quale primo traguardo entrare nelle qualificazioni del Roland Garros. Mi mancavano ancora una cinquantina di posizioni in classifica mondiale, ma credo che sarei riuscito a scalarle visti i tanti appuntamenti che avrei potuto sfruttare. Sarebbe stato fantastico giocare a Parigi. Ora l’imperativo è migliorarsi tutti i giorni mantenendo elevata la motivazione. Un mattoncino alla volta, per costruire una casa solida. Questa è la nostra filosofia». Simbiotico il rapporto con Tartarini. «Dura da molto tempo ed è un secondo padre per me. Nel periodo di quarantena, prima di riprendere gli allenamenti, mi è mancato molto il rapporto quotidiano, quello che ti porta a condividere tornei, trasferte, viaggi, gioie e “cazziatoni”. Si ride, si scherza, ma si fa tutto molto sul serio. Siamo veramente una famiglia». Dal 4 maggio scorso di nuovo in campo a provare i colpi, al TC Junior San Benedetto di La Spezia. «Una bella cosa, dopo oltre un mese di astinenza, riprovare certe sensazioni, in compagnia di Alessandro Giannessi. Sentire il rumore della palla sul piatto corde è stato piacevole. Pensavo che avrei fatto più fatica a ritrovare il ritmo ed invece non è stato cosa, anche perché ho sempre lavorato fisicamente nel periodo di chiusura totale. In tale fase abbiamo anche agito mentalmente con i preparatori che ci ha messo a disposizione la Federazione via Instagram, per tenere comunque alta la concentrazione. Il dubbio che nessuno ad oggi può risolvere è quello sulla data effettiva della ripresa del circuito internazionale, anche se la sensazione è che non si possa tornare alla normalità a breve. La speranza è quella di poterlo fare magari a settembre-ottobre, anche se non sarà facile». […]

Intervista a Francesca Schiavone: “Ho il cielo pieno di angeli e un nuovo senso per la vita” (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

«Stiamo condividendo un’esperienza, la pandemia, che ci costringe a riflettere. I più forti sono quelli che non ne usciranno a mani vuote, ma portandosi dietro qualcosa». La ragazzina milanese spettinata e impertinente che dieci anni fa seduceva Parigi (prima italiana nella storia a vincere uno Slam, terza in assoluto dopo Pietrangeli e Panatta) è diventata grande senza farsi mancare nulla: amori folli (il tennis, ma non solo), una malattia importante e superata, oggi un bistrot sui Navigli («Sifà») e un ritrovato gusto per la vita. A 40 anni (il 23 giugno, auguri di cuore), Francesca Schiavone è molto più della campionessa del Roland Garros 2010 inzaccherata di terra rossa e sogni scintillanti. E lei, Francesca, cosa si è messa in tasca dopo il linfoma e il lockdown? «Io il mio patrimonio me lo porto dentro. Mi sono ripresa la salute, che non è poco, e il tempo. Ora mi rendo conto di quando vado troppo veloce. Il campione è chi sa fermarsi, respirare e dare alle cose il giusto valore». […] Quanto è presente, un decennio dopo, il ricordo di quel mitico Roland Garros? «È buffo: ricorda più il corpo della mente. La sensazione della pancia e delle gambe per terra sul centrale ruvido, dopo il match point con la Stosur, è qui con me. Sentivo la forma che mi cresceva dentro, partita per partita, fino alla finale. Un’emozione difficile da spiegare». Uno stato di grazia? «Una presenza grandissima: ero totalmente calata nel momento e nella situazione. Ricordo il pensiero prima dell’ultimo punto: mandami la palla, che la gioco come voglio io. Se mi servi sul rovescio, io la colpisco alta, in anticipo, e te la rimando sul rovescio. Io posso, io faccio, io, io, io. Zero paura, soltanto positività». Poi la steccata di Stosur. «Eh, qualche angioletto in quel momento è passato…». Sono rimasti nel suo cielo, poi, quegli angioletti. «A questo punto posso dire di credere nel destino: lo disegniamo noi. Poi ci sono forze più grandi che ci aprono le strade. Linfoma, è la diagnosi. Ti chiedi perché, perché proprio io? Io che non ho mai bevuto né fumato…». […] Come si cambia in dieci anni, attraverso il prisma della malattia? «Di base, sono scema come allora (ride). Però comunico di più, mi sono aperta. Prima filtravo, mi proteggevo. Oggi ho un senso dell’esistenza diverso: la malattia mi ha regalato la pazienza». Rifarebbe tutto? «Sì, tutto, e anche di più. Investirei subito su di me: un coach, un preparatore, un viaggio negli Usa senza aspettare. Ma trentacinque anni fa non potevo, non avevo soldi». […] E il tennis, il suo tennis, che fine ha fatto? «Dell’idea di allenare se ne riparlerà nel 2021: ancora non posso prendere aerei, devo essere prudente. Ma ogni tanto vado in campo a Buccinasco con Mila, la ragazzina che ha vinto la mia borsa di studio. Sono ancora bravina!». Diventare coach di Fognini è un gioco o un progetto? «Flavia mi dice: parli a Fabio con un cervello da maschio. A parte che Barazzutti è eterno, allenare un uomo sarebbe una gran bella sfida» […]

Berrettini: “Restiamo uniti e ci risolleveremo. Roma, aspettami” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Il messaggio arriva forte e chiaro in collegamento dalla Florida, dove Matteo si trova dall’inizio dell’emergenza Covid: «Per fortuna sono stato qui e la situazione è stata meno pesante. L’Italia ha sofferto e io con lei, da lontano. Ero sempre in contatto con la mia famiglia e so quanto è stato difficile – racconta alla Gazzetta per Inno all’Italia -. Ma siamo una grande paese, non dobbiamo mollare ma farci forza. Siamo un popolo coraggioso, lo dimostriamo in campo e fuori. Dobbiamo solo stare uniti e darci una mano. Questa è la chiave per ripartire». Parola di numero uno italiano che ancora non sa quando tornerà a casa: «Per il momento stiamo ancora decidendo come muoverci. Insieme al team abbiamo qualche opzione, stiamo aspettando di prendere una decisione definitiva». Non si sa dunque se rivedremo Matteo in campo a Todi per i campionati assoluti in programma dal 22 giugno, ripartenza ufficiale del tennis italiano. Dove non ci sarà nemmeno Fabio Fognini, fresco di operazione a entrambe le caviglie e fermo per almeno sei settimane: «Sapevo che Fabio aveva dolore – racconta il n. 8 al mondo -. Me ne aveva parlato, era indeciso sul da farsi, ma ha scelto il momento giusto per farsi operare. Gli faccio un grande in bocca al lupo e l’augurio di una guarigione il più veloce possibile. Per fortuna in carriera non ha avuto troppi infortuni quindi lo aspettiamo in campo più forte di prima». Intanto c’è ancora molta incertezza su quando potremo vedere in campo i campioni del circuito. Sullo Us Open ci sono ancora parecchi dubbi, e anche Berrettini, che pure da mesi si trova negli Stati Uniti non sa bene se potrà difendere la sua storica semifinale del 2019: «È difficile capire cosa succederà – spiega -. Qui in Florida la situazione è buona, ma a New York l’epidemia è ancora in corso. In più in questo momento ci sono movimenti che vanno al di là dello sport e che stanno scuotendo la nazione». Il romano si riferisce ovviamente ai disordini seguiti all’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto a Minneapolis: «Gli Us Open hanno il 50 per cento di possibilità di giocarsi – conclude-, e io spero di esserci». Altrimenti lo rivedremo tra la metà e la fine di settembre agli Internazionali a Roma, al momento confermati: «Sarebbe bellissimo poter giocare al Foro Italico. L’ho detto tante volte, è il mio torneo di casa e ci tengo particolarmente a poter fare bene». Ci arriverà riposato, dopo questo periodo che secondo lui ha favorito i Big 3: «Sono i migliori giocatori di sempre. Avranno sfruttato al meglio questo periodo e sono abituati anche a lunghi stop dovuti agli infortuni. Comunque spero di batterli prima o poi» […]

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