Proteste in USA, il discorso di Coco Gauff a Delray Beach

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Proteste in USA, il discorso di Coco Gauff a Delray Beach

Non si ferma la mobilitazione sociale negli States: la sedicenne, promessa del tennis femminile, scende in piazza e prende in mano il microfono per parlare alla folla di manifestanti

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Da oltre una settimana gli Stati Uniti continuano a mobilitarsi dopo l’uccisione del 46enne George Floyd per mano di un poliziotto di Minneapolis, avvenuta lo scorso 25 maggio. Le radici della protesta generalizzata che divampa da una costa all’altra degli States sono però tanto più profonde del singolo caso Floyd. Le persone scese in piazza protestano contro l’intero sistema poliziesco statunitense, ma soprattutto si mobilitano per i diritti degli afroamericani, contro ogni forma di razzismo, una questione che al di là dell’Oceano non si è mai definitivamente risolta.

Tanti sportivi hanno fatto sentire la propria voce sui social, ma ben pochi hanno partecipato attivamente alla protesta e ancora meno si sono uniti ai cortei. Naomi Osaka fa parte di questo piccolo gruppo. La tennista giapponese si è recata proprio a Minneapolis, nel cuore pulsante della protesta. Non è stata da meno la sedicenne Cori Gauff che a Delray Beach è scesa in piazza e nella giornata di giovedì ha parlato alla folla di manifestanti.

Il suo discorso: “Il mio nome è Coco e quella che ha parlato prima di me è mia nonna. È triste che io sia qui a protestare per lo stesso motivo per cui protestava lei più di cinquant’anni fa. Sono qui per dirvi prima di tutto che dobbiamo volerci bene l’un l’altro senza distinzioni. Secondo, ho passato gli ultimi giorni a discutere con i miei amici non neri, a mostrare loro come possono aiutare il movimento. Dobbiamo agire, il mio futuro, quello di mio fratello e il vostro è nelle vostre mani. Terzo, usate la vostra voce, non importa se avete poco o tanto seguito. Come è stato detto, il silenzio delle persone buone è peggio della brutalità delle persone cattive. Non state in silenzio. Se scegliete di stare in silenzio, scegliete di stare con chi vi opprime.

Ho sentito nei giorni scorsi qualcuno dire ‘non è il mio problema’. Allora voglio dirvi questo: se ascoltate la musica afroamericana, vi piace la cultura afroamericana e avete amici neri è anche la vostra lotta. Se siete tra queste persone, ma dite che non vi importa ciò che è capitato a George Floyd, questo non ha nessun senso. Io chiedo un cambiamento ora, è triste che sia dovuta morire un’altra persona nera per far capitare questo. Dobbiamo capire che andiamo avanti così da tanti anni. Non è solo George Floyd. Avevo otto anni quando Trayvon Martin venne ucciso e perché io sono qua a sedici anni che ancora chiedo che cambi qualcosa? Mi spezza il cuore”.

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