Le statue del tennis (che nessuno tocca)

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Le statue del tennis (che nessuno tocca)

Migliaia di statue sono messe sotto attacco dal movimento Black Lives Matter, ma a Monument Avenue resiste quella di Arthur Ashe. Non è affatto l’unica raffigurante un tennista

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Lo stadio Pietrangeli gremito durante gli Internazionali BNL d'Italia 2019 (foto Felice Calabrò)
 

Nelle ultime due settimane le proteste del movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti hanno ispirato milioni di persone che, in ogni continente, sono scese in piazza nel nome dell’uguaglianza e della lotta contro la discriminazione razziale. Il movimento, tornato in auge in seguito all’uccisione di George Floyd a Minneapolis, nei giorni scorsi ha allargato il suo raggio d’azione contro i simboli di antichi soprusi: le statue. È in Gran Bretagna che il grido di protesta si sente forte quanto negli States. Domenica a Bristol la statua di Edward Colston, ricco benefattore del Settacento che però guadagnò le sue ricchezze grazie al commercio di schiavi, è stata abbattuta e gettata nelle acque del porto.

Ma non finisce qui: sull’apposito sito web ‘Topple the Racists, è stata una pubblicata una mappa che indica tutte le statue del Regno Unito che commemorano razzisti e schiavisti. Insomma, un’enormità di opere sono sotto attacco ed è probabile che nei prossimi giorni si verifichino altri episodi simili a quelli di Bristol o Minneapolis, dove è stata abbattuto il monumento a Cristoforo Colombo, il ”primo colonizzatore” che secondo diverse ricostruzioni ha avallato le violenze del suo equipaggio ai danni dei nativi americani.

Dopo aver osservato queste vicende, il giornalista Bill Simons ha pubblicato un articolo sul sito del magazine ‘Inside Tennis’. Simons scrive che nei giorni in cui diverse migliaia di statue sono prese di mira, realizziamo che sono una presenza più o meno costante anche nell’universo tennistico. Nel caso del nostro sport, però, si tratta di statue che commemorano campioni capaci di grandi imprese sportive e per fortuna non dobbiamo attenderci alcuna furia revisionista. Anzi, c’è una statua in particolare che raffigura un tennista che fu grande in campo e forse persino più grande fuori, e la sua collocazione non è casuale.

Presso il sito di Monument Avenue a Richmond, nello stato della Virginia, dove in questi giorni è stata rimossa la statua di Jefferson Davis, presidente degli Stati confederati dal 1861 al 1865, a pochi metri rimane ben salda quella di Arthur Ashe. L’articolo cita le parole dello scrittore Richard Evans: “Quando vivevo a Richmond, trovavo difficile superare la statua di Ashe senza sentire un groppo in gola. Rispetto alle enormi e assurde statue dei generali confederati che adornano Monument Avenue, la statua di Arthur è relativamente piccola, ma non meno carica di emotività”.

La protesta tocca anche le statue di Monument Avenue, a Richmond

La forza simbolica dell’uomo, oltre che del tennista Arthur Ashe, acquisisce un valore ancora maggiore in giorni come questi. Il campione nativo della stessa città di Richmond, scomparso 27 anni fa, resta ancora l’unico tennista nero ad aver trionfato a Wimbledon, all’Australian Open e allo US Open; ma al di là dei trofei collezionati, sono le numerose iniziative benefiche a cui ha dato vita in seguito alla scoperta della positività al virus HIV che lo rendono una delle personalità più significative di sempre in ambito sportivo. Pur conoscendo i memoriali di tanti altri atleti – alcuni ancora in attività – di enorme successo sul campo e impatto nella società (Cristiano Ronaldo, Michael Jordan, Magic Johnson, Thierry Henry, Sir Alex Ferguson), ciò che trasmette la storia di Ashe rimane ancora oggi qualcosa di unico e impareggiabile.

La statua di Arthur Ashe a Richmond. Attorniato dai bambini, il campione tiene in mano una racchetta e -più in alto- i libri a evidenziare il valore dell’istruzione

La città di Richmond non è l’unica ad aver onorato la memoria di Ashe. Anche al Billie Jean King Tennis Centre di New York, dove il Campo Centrale più grande del circuito porta il suo nome, nel 2000 è stata eretta una statua che lo raffigura. In molti non hanno gradito il fatto che sia stato scolpito nudo e senza racchetta, evidenziando un’eccessiva spersonalizzazione o addirittura denunciando un palese richiamo alla nudità degli schiavi neri che venivano deportati oltreoceano.

Come ben ricorda Ben Simons, l’Italia vanta uno stadio circondato da giganti e atletiche sculture, quelle poste attorno al campo Pietrangeli. Nel corso degli anni sono quasi diventate il simbolo dell’Open d’Italia, con sede in quel Foro Italico che in precedenza era il Foro Mussolini. Fu proprio il Duce nel Ventennio a volere il parco che attualmente ospita numerosi eventi sportivi (e non) di portata nazionale e internazionale. Il Foro venne progettato dall’architetto Enrico Del Debbio, che fu la mente anche dello Stadio dei Marmi, poi intitolato a Pietro Mennea. È proprio da quell’impianto, circondato da 60 statue in marmo, che prende l’ispirazione il campo Pietrangeli – ex campo centrale degli Internazionali d’Italia, prima che venisse eretto quello attuale.

Tuttavia possiamo imbatterci in statue anche in altri tornei del Tour, sebbene non possano contare sulla stessa epica di quelle romane o sull’impatto e il significato sociale di quella di Ashe. Dal 2017 a Melbourne Park troviamo un Rod Laver di bronzo che indossa una scarpa Adidas e una Dunlop, i suoi due sponsor da giocatore. Nello stesso impianto venne posta anche una statua di Margaret Court, appena fuori dall’Arena a lei dedicata. Court si è apertamente dichiarata contraria alle nozze tra persone dello stesso sesso, motivo per cui John McEnroe e Martina Navratilova lo scorso gennaio hanno preso posizione e, con un un’iniziativa ben più pacifica dei cortei delle ultime settimane, hanno sfilato sul campo con un cartello, chiedendo a Tennis Australia di intitolare il campo a Evonne Goolagong.

Ancora a Flushing Meadows troviamo una statua di Althea Gibson, pioniera del tennis femminile: la sua statua è stata svelata appena un anno fa. A Wimbledon si può ammirare la raffigurazione di Fred Perry (di recente però spostata in un luogo più defilato dell’All England Club), mentre al Roland Garros si può ammirare la statua dedicata a Suzanne Lenglen, appena fuori lo stadio a lei dedicato dove pure la Divina non ha mai giocato: all’epoca in cui dominava i campionati Internazionali di Francia non si giocava ancora nell’attuale impianto.

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