Tennis e libertà sessuale: perché LGBTennis è più di una 'pride celebration'

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Tennis e libertà sessuale: perché LGBTennis è più di una ‘pride celebration’

Nessun coming out in campo maschile in Era Open? “Il tennis è meravigliosamente gay”, assicura Nick McCarvel, ideatore degli eventi ‘LGBTennis’ che promuovono la libertà sessuale nel mondo del tennis

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A un primo sguardo, il tennis sembra essere all’avanguardia nel riconoscimento degli atleti omosessuali grazie anche a personaggi del calibro di Billie Jean King e Martina Navratilova. Tuttavia, un’analisi più approfondita mostra perché una serie di eventi LGBTQ+, come quelli organizzati dal giornalista Nick McCarvel, siano più importanti che mai.

Non si può sottovalutare l’impatto che il mondo del tennis ha avuto nella storia degli sport LGBTQ. Diversi dei primi atleti apertamente gay sono tennisti: nel 1981 un quotidiano pubblicò senza autorizzazione la notizia dell’omosessualità della fondatrice della WTA, Billie Jean King, che poi diventò una delle leader nelle lotte per l’uguaglianza. Lo stesso anno, Martina Navratilova parlò apertamente della propria sessualità, dichiarando di essere bisessuale in un’intervista al New York Daily News. Le due fecero coming out in un’epoca in cui avrebbero rischiato di perdere sponsorizzazioni, e tutto questo prima dell’emergenza-AIDS, che portò a un’ulteriore discriminazione contro la comunità LGBTQ+.

Negli anni seguenti diverse altre giocatrici del circuito WTA appartenevano al mondo LGBTQ+, tra le quali Amelie Mauresmo, Casey Dellacqua, Conchita Martinez ed Alison Van Uytvanck, mentre per quanto riguarda il fronte maschile si fotografa una situazione differente. Bill Tilden, vincitore di dieci titoli Slam negli anni ‘20, dovette lottare a causa della propria sessualità in un’epoca nella quale il sesso omosessuale era dichiarato illegale dalla legge e non accettato dalla società. In tempi più recenti l’americano Brian Vahely, top 100 nei primi anni 2000, decise di dichiarare la propria sessualità dopo il ritiro dal tennis giocato. Sicuramente ancora oggi c’è tanta strada da percorrere.

Fortunatamente, nel tennis ci sono persone che portano alla ribalta il tema delle questioni LGBTQ+. Nick McCarvel è un noto giornalista che ha partecipato a numerosi tornei del Grande Slam in qualità di reporter o lavorando alla copertura online per i loro canali media.

Se mi piacerebbe che ci fossero altri come Brian Vahaly, il quale ha dichiarato la propria sessualità dopo l’uscita dal circuito, oppure qualcuno che fa coming out mentre è ancora in attività? Certamente, ma la cosa non mi condiziona particolarmente”. McCarvel ha raccontato a Ubitennis di essere cresciuto senza che ci fosse un vero punto di riferimento gay nel mondo del tennis. “Avendo accettato con serenità ciò che sono e grazie al mio ruolo di giornalista, mi sono sentito in dovere di trattare in maniera approfondita questo argomento anche a causa della mancanza di giocatori omosessuali nell’ATP”.

LGBTennis

McCarvel non è sicuramente rimasto con le mani in mano. Qualche anno fa ha lanciato gli eventi LGBTennis, nei quali si può parlare di temi inerenti la comunità gay. Il primo di questi è stato organizzato in concomitanza con lo US Open e si è svolto all’Housing Works Bookstore nel quartiere SoHo di New York. Denominato “Open Playbook: Being Queer and Out in Pro Tennis” ha visto tra gli altri la partecipazione di Vahaly e Dellacqua.

Nella primavera del 2018 mi ero messo a pensare che fosse giunto il tempo di far qualcosa che conciliasse tennis e minoranze sessuali. Non avevo nessun obiettivo particolare se non quello di portare alla ribalta una discussione di un argomento che nella mia esperienza di giornalista gay non aveva ancora abbastanza risalto”, ha commentato per spiegare cosa l’avesse portato a creare gli eventi.

A partire dalla data inaugurale, l’idea di McCarvel era quella di organizzare degli eventi anche in occasione di Wimbledon e dell’Australian Open, coinvolgendo sempre più nomi di cartello. Tuttavia c’è bisogno, in un certo senso, di rimanere equilibrati nell’organizzazione di tali serate.

Abbiamo avuto una risposta piuttosto calorosa da parte dei giocatori, ma allo stesso tempo non c’è stata molta pubblicità. È stato fatto tutto senza incoraggiarli o spingerli a partecipare a tutti i costi; vogliamo invece fare leva sulle varie anime del tennis professionistico e di quello amatoriale”, ha commentato McCarvel riguardo ai metodi di promozione del suo concept.

Il due volte finalista slam Kevin Anderson ha partecipato a uno dei nostri eventi (all’Australian Open 2019) e ci ha dato grande visibilità, mentre giocatrici come Nicole Gibbs hanno dato voce al nostro progetto supportandoci online. Campioni e campionesse del passato come Billie Jean King, Brian Vahaly, Casey Dellacqua, James Blake e Rennae Stubbs hanno parlato in varie occasioni, e anche giocatrici in attività quali Alison Van Uytvanck e Greet Minnen hanno partecipato all’LGBTennis dell’ultima edizione dello US Open”.

Il bacio tra Van Uytvanck e Minnen

Nel tentativo di non essere ripetitivi, ciascuno dei cinque eventi che si sono svolti finora ha avuto dinamiche diverse, e uno di questi ha lanciato anche una raccolta fondi per beneficenza. Alcune delle organizzazioni benefiche coinvolte sono Housing Works and New York Junior Tennis & Learning negli Stati Uniti, Stand Up Events in Australia e Pride Sports nel Regno Unito.

McCarvel ha indubbiamente molti motivi di cui essere fiero degli eventi che ha contribuito ad organizzare. Ma qual è stato il risultato più gratificante ottenuto finora?

L’invito dell’All England nel parco di Wimbledon per il nostro evento della scorsa estate è stato fantastico, e Billie Jean King ha tenuto un discorso“, ha detto. “Avere oltre 400 persone presenti al nostro evento presso l’USTA National Tennis Center lo scorso anno alla vigilia degli US Open è stato altrettanto soddisfacente!

Tutti hanno un ruolo importante

I più critici potrebbero contestare l’importanza di eventi come questi nel 2020. Eppure, uno studio globale del 2015, “Out in the fields”, ha mostrato come otto giocatori omosessuali su dieci abbiano ricevuto insulti omofobi nel proprio sport. Per contestualizzare meglio queste statistiche, la ricerca ha coinvolto 9494 atleti, e il report ha evidenziato come quasi la metà (il 49%) dei gay e un quarto (il 24%) delle lesbiche sotto i 22 anni abbiano mostrato timore nell’esprimere le proprie preferenze sessuali per paura di essere bullizzati in caso di coming out nei rispettivi sport.

Questi responsi possono essere applicati soltanto in parte nel tennis, essendo quest’ultimo uno sport individuale, ma evidenzia la paura che diversi atleti possono avere nel fare coming out, specialmente nel circuito maschile, nel quale tra i più di 1000 atleti facenti parte del ranking ATP nessuno si è dichiarato apertamente gay o bisessuale. Ironicamente, nel 2010 il tennis era stato votato lo sport più gay-friendly in un sondaggio indetto dall’organizzazione britannica Stonewall.

Ci sono tanti strati di analisi. Penso che la natura individuale del gioco e, a volte, la solitudine, possano avere un impatto negativo. Lo sport non deve fare altro che abbattere queste barriere tramite un confronto onesto e tramite la volontà di lavorare per cambiare le cose“, ha detto McCarvel. “Possiamo paragonare questo fenomeno con quanto sta succedendo – su scala ancora maggiore – col movimento Black Lives Matter in tutto il mondo. Dobbiamo essere aperti al dialogo, a idee differenti, persone differenti… il tennis deve farlo con la comunità LGBTQ+ per continuare ad evolversi e crescere”.

L’impegno di McCarvel per la causa è lodevole, ma il cambiamento non può essere creato da una sola persona. Si potrebbe discutere del perché la campagna non abbia attirato investimenti o interessi da parte di nessuno dei sette organi ufficiali del tennis nel corso degli anni, anche se bisogna tuttavia evidenziare che sotto questo punto di vista qualcosa sta cambiando, dato che lo US Open lo scorso anno ha ospitato la sua prima serata “Open Pride”.

Credo che ci stiamo arrivando. Ho portato sotto la lente d’ingrandimento dei vari organi questi problemi e penso che siano sul loro radar. Per gli eventi #LGBTennis ho collaborato con Tennis Australia (TA), l’USTA, l’All England Club, la WTA e, in misura minore, con l’ATP, l’ITA, Tennis Canada e la LTA“, ha detto. “Dov’è la loro campagna di educazione? Cercano di rendere il tennis inclusivo per ogni tipo di giocatore, a prescindere dal luogo di nascita o da ciò che sono? LTA ha fatto un ottimo lavoro da questo punto di vista. Se sono frustrato? No, voglio semplicemente vedere dei progressi”.

Non bisogna dimenticare la spinta che possono dare anche i giocatori eterosessuali, soprattutto quelli ancora in attività. Non capita molto spesso che domande legate ai gay vengono poste a personaggi del calibro di Federer, ad esempio, ma quando è stato fatto, la risposta è sempre stata positiva. Il 20 volte campione Slam, Federer ha detto, parlando con The Body Serve nel 2018, “Non importa da dove sei venuto, chi sei, credo fermamente che chiunque debba essere libero di mostrarsi per come si sente”. Pochi mesi più tardi Novak Djokovic ha detto durante le ATP Tour Finals: “Chiunque deve avere il diritto di poter esprimere il proprio orientamento sessuale e di dare la direzione che preferisce alla propria vita. Io rispetto questa libertà“.

Quando, nell’estate del 2018, Roger Federer e Novak Djokovic hanno ricevuto delle domande dalla stampa sulla questione, si sono spesi tantissimi titoli di giornale a livello internazionale. Non conosco molti attivisti LGBTQ+ che ritengano necessario dipendere da alleati di questo tipo, ma io penso che nello sport siano fondamentali, vista la cultura eteronormativa che ancora lo pervade“.

Forse l’aspetto più affascinante è che il tennis, per certi versi, è stato in prima linea nella rappresentanza delle persone LGBTQ+ nel mondo dello sport, ma allo stesso tempo deve ancora lavorare da tanti punti di vista. Proprio per questa ragione gli eventi LGBTennis di McCarvel sono stati fonte di ispirazione per molti.

Non sappiamo ci siano tennis professionisti gay sull’ATP Tour o se qualcuno deciderà di fare coming out. La speranza è che, nel caso ci fossero, possano cercare qualche conforto dalle iniziative di McCarvel, che ha dato dei consigli su come farlo: “In questo sport è ancora presente, sebbene in piccola parte, un pensiero retrogrado – e (NON!, ndr) va bene – ma più un giocatore riuscirà a essere se stesso sul campo, negli spogliatoi, nella sala stampa, nei corridoi delle arene del Grande Slam in tutto il mondo, più ci sarà un vero progresso. Ed è fondamentale supportarsi a vicenda! Il tennis è meravigliosamente gay. Questo sport tocca la comunità queer come nessun altro! Mettiamolo in evidenza e facciamo la nostra (piccola) parte“, ha concluso.

Intervista realizzata da Adam Addicott e tradotta da Marco Tidu

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