Effetto sorpresa

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Effetto sorpresa

Da Chang a Cilic, passando per Krajicek, Becker e del Potro. Per scoprire che anche Sampras, una volta, ha vinto uno Slam senza che nessuno lo avesse previsto

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Stan Wawrinka - US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)
 

Circa un mese fa abbiamo pubblicato un articolo sui sette vincitori Slam più improbabili, che ha scatenato un vivo e piacevole dibattito. Abbiamo provato ad affrontare il tema da un’altra prospettiva, ricercando gli Slam vinti sì da grandi giocatori, che dunque non possono proprio essere ritenuti ‘improbabili’, ma che in quella occasione si sono imposti contro pronostico. Generando il più classico degli effetti sorpresa. Anche per onorare il termine delle due settimane orfane di Wimbledon, la cui finale maschile si sarebbe dovuta disputare oggi, abbiamo trovato posto per un paio di exploit a sorpresa: quelli di Boris Becker e Richard Krajicek.


Sorpresa, evento inaspettato che genera stupore, meraviglia, se sgradita spesso regge l’aggettivo. Una sorpresa non lascia indifferenti, non sarebbe tale. Una scossa alla sicurezza ed all’indifferenza offerta dal certo. Lieve sarà l’incedere delle ingiurie del tempo a chi mai perderà la capacità di meravigliarsi. Alice nel suo paese non potrà invecchiare. Le sorprese sono il succo delle competizioni, ciò che le rende sovente, secondo retorica delle cronache di settore, epiche. Quelle sportive, tra esse son regine, a quelle canore e politiche non certo minori. Il tennis e le sorprese, come a Pasqua l’uovo.

“Ever Tried. Ever Failed. No Matter. Try Again. Fail Again. Fail Better”. Non avrebbe potuto scegliersi massima più appropriata da scriversi sul braccio il Signor Godot Stan Wawrinka, svizzero con in sorte esserlo nell’era Federer. Promessa da juniores, alle soglie dei 30 anni nel bel mezzo di una carriera con poche luci, diverse ombre e tanti bei colpi, vince l’Australian Open battendo Djokovic ai quarti e in finale un Nadal a tre cilindri. Nasce in quei giorni Stan The Man o Stanimal, l’unico tennista capace di battere al loro massimo i Fab Four, anche se con Roger lo avrebbe sempre fregato una non banale sudditanza psicologica (e forse un certo svantaggio tecnico-tattico). Wawrinka tra maree di vincenti, rovesci da cineteca e giocate di fino perché anche di mano garbata munito, avrebbe portato a casa altri due Slam, rendendo la sua vittoria degli AO 2014 la prima di tre.

Anche il Roland Garos vanta nella storia recente vittorie non previste come quella di Andrès Gomes nel 1990 o Gaston Gaudio nel 2004 e si potrebbe azzardare, una affettuosa provocazione, quella del 1983 di Yannik Noah, che pur signor tennista a lungo ai vertici delle classifiche mondiali, quell’anno vincitore non è che se lo aspettassero in tanti. French Open 1997. Gustavo Kuerten, brasiliano numero 66 ATP, è un ragazzo di 20 anni alto, magro, dai riccioli d’oro e sorriso stampato sul volto, dal rovescio ad una mano magnifico e dalla gioiosa propensione a far gioco e a portare il tifo dalla propria parte. Macina avversari, batte i due vincitori delle edizioni precedenti, Muster e Kafelnikov e va in finale. Ci trova Bruguera, altro vincitore parigino, lo batte in tre set e scrive la parola fine alla favola di un ragazzo che da sorpresa diviene leggenda in soli 15 giorni. Guga Kuerten vincerà tre Parigi, un Master e sarà numero 1 al mondo, non riuscirà a vincere molto di più, causa un’anca che lo porterà ad un precoce ritiro.

Il suo nome è Micheal Chang e a 17 anni e 3 mesi e l’11 giugno del 1989 diviene il giocatore più giovane ad aver mai vinto Parigi. In finale batte, di fisico, tigna e pazienza, Stefan Edberg, autore di un meraviglioso tennis serve and volley degno del McEnroe dei primi due set contro Ivan Lendl nella finale di cinque anni prima. Più del record di gioventù, di Chang si ricorda la lesa maestà nei confronti dello stesso Lendl, contro cui, tra sceneggiate di crampi veri o presunti, batte da sotto in un ottavo di finale passato alla storia per aver lanciato anche la moda del divorare banane ai cambi di campo.

Michael Chang – Roland Garros 1989

Il 17 deve portare bene a Parigi. 17 anni e diversi mesi ha Mats Wilander quando vince il primo dei suoi tre Roland Garros. Non è una sorpresa assoluta, anche per una questione di abitudine estetico-geografica, Mats si sta già imponendo come l’erede di Borg, ma sempre un ragazzino che vince uno Slam resta. Wilander avrebbe vinto due edizioni dell’AO su erba e per logica tennistica, questa avrebbe dovuto rappresentare la vera sorpresa. In realtà nemmeno, perché Mats era tennista intelligente e solido di testa, di gamba e pensiero veloce, capacità e voglia continua di migliorarsi che gli consentirono di vincere anche l’AO su cemento, nel 1988 gli US Open e diventare numero 1 al mondo. Per migliorare nel gioco a rete si diede al doppio, vincendo Wimbledon in coppia con Nystrom, svedese come ed anche più di lui e chissà se la vera sorpresa non sia questa.

Bombe su Londra, sportive per fortuna. Il bombardiere è un ragazzone tedesco di nome Boris Becker e nel luglio del 1985, a 17 anni e mezzo, diviene il più giovane vincitore del torneo di Wimbledon. La settimana prima si era annunciato vincendo il Queen’s, ma nessuno si sarebbe sognato che questo potesse essere più di un avvertimento. Becker ha reso il Centre Court per anni il suo campo privato tra finali vinte, perse o buttate via. Becker giocava un tennis da erba magistrale a una potenza superiore, a cominciare dal servizio che gli valse il nome di “Boom Boom” e a lui si deve il merito di aver alzato il livello del tennis di quegli anni.

Sorpresa invece è la vittoria a Wimbledon dell’olandese Richard Krajicek, arrivato a vincerlo nel 1996, dopo che nelle due edizioni precedenti non aveva mai passato un turno, e mai prima di allora gli ottavi (sarebbe poi tornato in semifinale, due anni dopo). Sorpresa non è quella del 2001 di Ivanisevic poiché cosa più complessa che riguarda il mondo dell’arte, della letteratura e probabilmente anche il sovrannaturale e suoi collegamenti con il fato e la rivelazione e merita una trattazione a se stante, già fatta proprio su queste pagine.

Difficile considerare una vittoria di Pete Sampras una sorpresa, ma la sua agli US Open del 1990, lo è nel modo. Sampras è un ragazzo di 19 anni, taciturno, di atteggiamenti sobri, camminata a capo chino e look morigerato classico anonimo andante, un tipo “sottotraccia”, ma quando gioca esprime un tennis assolutamente esplosivo, dominante, ossessivo nell’avere l’iniziativa. Un martello. Giocatore essenzialmente serve & volley, capace di giocarsela alla pari da fondo con i migliori fondocampisti, eccezionalmente esplosivo, abbina alla potenza e velocità dei colpi specie dal lato del diritto con il quale ha una facilità di “entrare” totale, un tocco, una inventiva e capacità di improvvisare tennis da assoluto virtuoso. Sampras ha regalato al mondo del tennis 14 Slam vinti praticando “l’art tennis” e un’altra grande sorpresa, una intrigante rivalità divenuta poi storica, con la sua antitesi tecnico-estetico-caratteriale Andre Agassi, perché una rivalità è tale quando tocca fattori che vanno al di là del mero risultato sportivo.

In anni recenti gli US Open hanno visto la vittoria di Del Potro nel 2009 e di Cilic nel 2014, sorprese non perché tennisti di basso livello, ma perché vincere uno Slam durante l’epoca Federer/Nadal/Djokovic ”è” una sorpresa.

Juan Martin del Potro – US Open 2009

Curiosità, sostantivo femminile. Sorpresa anche. Agatha Christie, donna, ha scritto pagine memorabili dove la curiosità conduce alla sorpresa nella scoprire l’assassino. “Giallo”, il nome che prende in Italia questa forma narrativa, gialla la palla da tennis fu bianca. Il tennis femminile è tale generatore di sorprese che usare il concetto sarebbe abusarne. In epoche recenti, ad eccezione dei periodi del dominio di Navratilova ed Evert, di Graf e Seles, finché glielo hanno permesso, della breve parentesi della magnifica Henin e di quella tanto lunga di Serena Williams da lasciar spazio anche alle altre nei suoi momenti di “distrazione”, il tennis femminile si è sempre caratterizzato per una certa disponibilità a cambiare il nome della vincitrice Slam dopo Slam. Democrazia, magnanimità, distribuzione, sostantivi femminili.

Panatta Pennetta Schiavone, da leggere in quest’ordine tutto d’un fiato per una questione di suono, erano forse favoriti degli Slam vinti? E Korda che la tirò in Australia? Ferrero era la marca del cioccolatino da cui la sorpresa? Il Master lo vince l’allievo? Hewitt e Roddick, un diavolo per cappello.

Sorprendersi, meravigliarsi serve, il certo alla lunga spegne. La rigidità formale della canzone annoia, il campionato di calcio, le guerre con i loro medesimi vincitori annoiano, le trame dei film e le idee politiche che sanno sempre chi sia il buono e chi il cattivo e da che parte stare, annoiano. La storia dell’uomo con il riproporre sempre la stessa trama mutandone gli attori annoia. Il certo come forma religiosa annoia. L’ateo ha una sua religione, l’agnostico forse anche, ma è più interessante.

(…) Stare all’erta, ecco la vita; essere cullato nella tranquillità, ecco la morte (Oscar Wilde).

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