Racconti
Ricostruire una carriera dopo il Coronavirus: l’esempio di Julia Elbaba
Julia Elbaba è stata numero 372 del mondo, poi gli infortuni ne hanno condizionato la carriera. Dopo un’esperienza come cronista, ha capito che il suo destino è la racchetta e ci riproverà. Anche grazie ad Andreescu

Quale impatto ha avuto la pandemia sulle carriere di molti tennisti? Quanti giovani agli esordi che sono stati costretti a fermarsi definitivamente, quanti giocatori e giocatrici che stavano rientrando da un infortunio sono dovuti ritornare ai box pur in perfetta salute? La risposta è impossibile da dare al momento, ma il podcast di Tennis.com ha provato a offrire uno scorcio, intervistando la 26enne Julia Elbaba, ex leggenda del tennis collegiale statunitense con un best ranking di numero 372.
Elbaba è stata numero uno a livello di college e detiene il record di vittorie nella Ivy League (circuito che raggruppa otto delle più prestigiose università degli USA): 133. La sua carriera professionistica però non è mai decollata, anche a causa di numerosi infortuni. “Ho un fisico molto mascolino, ma è genetico. Probabilmente avere tanta massa muscolare mi rende più soggetta a infortuni“. L’ultimo stop, causato da un problema al gomito destro patito a inizio 2019, è durato più di un anno e, proprio quando Julia era pronta al rientro, la diffusione del COVID-19 ha rimesso in pausa il suo sogno.
A rincarare la dose di brutte notizie è arrivata la decisione della USTA di sospendere il programma sviluppo giocatori con base a New York, la città in cui Julia vive e si allena. “La sera prima del mio compleanno ho ricevuto la brutta notizia che il programma sviluppo giocatori di New York sarebbe stato chiuso per le difficoltà finanziarie. Non sono mai stata una molto disposta a trasferirmi in Florida o in un altro stato per il tennis, mi piace stare a casa con la mia famiglia intorno, quindi è stato un duro colpo“. Insomma era di fronte ad un bivio: continuare o smettere.
Nell’anno in cui il gomito non le ha permesso di competere, Julia ha provato a esplorare altre opzioni, sporgendosi oltre la siepe per vedere cosa la vita avesse da offrirle al di fuori del tennis. Le varie esperienze però non hanno fatto altro che rinnovare e rafforzare la sua voglia di giocare e di riprovarci. “Ho messo a frutto la mia laurea in comunicazioni e media. Ho provato a cercare qualcosa nell’ambito dell’informazione sportiva e ho trovato un posto a Newsday. Non mi occupavo di sport, ma più di cronaca. Si è trattata di una bellissima esperienza, ma alla fine mi è servita per realizzare quanto adoro giocare a tennis. Non c’è niente di meglio che correre in campo“.
In attesa di avere una chance di ritornare in campo, Julia commenta la situazione dello US Open. Da buona newyorchese, quello che normalmente sarebbe il quarto Slam dell’anno è vissuto come una grande festa e anche nella versione dimidiata del 2020 sarà comunque un sollievo per tutti gli appassionati dopo questi mesi difficili. “Credo che la cosa più bella degli US Open siano i fan. A New York ci sono gli spettatori più pazzi del tennis, magari non quelli più di classe, ma sicuramente sono molto coinvolti e emozionati di assistere. L’ambiente è elettrico. Lo US Open senza pubblico sarà strano, ma sempre meglio che non avere affatto lo US Open“.
Allo US Open dei “grandi” Julia non ha ancora preso parte come giocatrice, ma l’anno scorso ha fatto esperienza dal lato dei media. Un’esperienza che l’ha arricchita e che le ha permesso di vedere da vicino la cavalcata vittoriosa dell’amica Bianca Andreescu. I retroscena di quelle due magiche settimane sono davvero interessanti e restituiscono un’immagine di Bianca davvero innocente e spensierata, quasi incredula di avere una chance. “Ci ho giocato molte volte contro in tornei ITF, ma sempre in doppio. Avremmo dovuto cenare insieme un paio di sere prima del suo primo turno, ma ho avuto un imprevisto e non ce l’abbiamo fatta. Le ho detto che stava giocando molto bene e lei mi rispondeva “So che posso farlo, spero di riuscire a giocare bene” e io la rassicuravo, dicendole di essere più sicura perché stava davvero andando bene. Sperava di giocare una partita sull’Arthur Ashe, direi che ce l’ha fatta!“.
Quella vittoria è stata uno dei pungoli che ha spinto Elbaba a non gettare la spugna. Nessuna invidia, ma solo tanta voglia di tornare in campo. “Mi dispiaceva ma soprattutto per il fatto che lei era in campo, mentre io a malapena riuscivo a stendere il braccio. In realtà è stata d’ispirazione per me“.
Flash
Match fixing, in Belgio riprende il processo alla rete criminale internazionale: sospetti su centinaia di match
Sull’Equipe le cifre impressionanti che risulterebbero dalle indagini degli inquirenti: complessivamente oltre otto milioni di euro

Sull’Equipe di lunedì 21 marzo Alban Traquet è ritornato sulla vicenda dei match truccati e del processo all’organizzazione che avrebbe gestito scommesse e pagamenti. Una rete che vede accusato principale in un processo in corso in Belgio Grigor Sargsyan, detto “il Maestro”, personaggio a capo di una rete criminale armena che avrebbe approfittato delle falle del circuito internazionale per avvicinare e corrompere giocatori francesi e non.
Una piaga che si è propagata al di sotto dei radar e dei media (la maggior parte di questi tornei non sono ripresi dalla televisione) e grazie anche all’anonimato dei gradi più bassi del tennis professionistico. L’inchiesta avrebbe permesso di identificare, secondo l’accusa, 376 incontri sospetti tra il febbraio e il 2014 e il giugno del 2018, in una rete di corruttela che implicherebbe 182 giocatori di più paesi (alcune audizioni hanno avuto luogo in Belgio, in Francia, in Germania, in Slovacchia, Bulgaria e Stati Uniti) e l’apertura di 1671 conti per l’organizzazione criminale.
Presente all’apertura del processo, il 17 marzo presso il tribunale di Audenarde, in Belgio, Sargsyan, che ha scontato 8 mesi di carcerazione preventiva dopo l’arresto, continua a negare i fatti attribuitigli. Interrogato all’uscita del Palazzo di Giustizia, ha rotto brevemente il silenzio dichiarando: “i miei demoni per i soldi facili sono morti e sepolti. Mi rimetto alla giustizia”. La ripresa del dibattito è prevista per il giorno 24 marzo.
La vicenda ha avuto inizio nel 2015 dopo un segnale dato da più operatori all’interno della Commissione per i giochi d’azzardo, in Belgio. Gli attori principali sono tennisti dai bassissimi guadagni, in generale sotto la duecentesima posizione del ranking.
La vita di chi bazzica i tornei Challenger o Futures costa cara (alberghi, trasporti, pranzi) e non è granché redditizia. In queste condizioni può essere forte la tentazione di perdere un set o un game in cambio di qualche centinaia o migliaia di euro. Il pubblico ministero belga nelle sue conclusioni evoca “un esercito di soldati facilmente avvicinabili proprio per motivi di premi bassi e alti costi di partecipazione ai tornei”.
Tra questi soldati deboli ci sarebbero parecchi giocatori francesi. Alcuni sono già stati puniti come Mick Lescure e Jules Okala, sospesi a vita da dicembre. La testimonianza di uno di questi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta francese sullo stesso argomento, ben figura nel dossier battezzato “Oryan”.
Il giocatore in questione ha spiegato di aver partecipato a dei match truccati su richiesta del “Maestro”, e che sarebbe ugualmente servito come intermediario tra Sargsyan e altri giocatori, servigio per il quale avrebbe ricevuto una somma di denaro. Avrebbe infine riconosciuto di avere ugualmente truccato dei match di doppio all’insaputa del suo compagno di squadra.
Ha poi raccontato dei pagamenti In banconote alla Gare du Nord a Parigi, all’aeroporto di Roissy o a Forest, a sud di Bruxelles. Ha parlato dei messaggi attraverso Telegram, dei codici utilizzati e delle tariffe: 400 euro per un game perduto in ogni set per il singolare, 2.000 euro per un match di doppio perduto in due set.
Gli inquirenti hanno analizzato minuziosamente le entrate sospette sul suo conto, e hanno trovato 40.000 euro da aprile 2016 a giugno 2018, soldi provenienti da 9 conti correnti diversi.
Il Parquet Federal ha concluso che più di 560000 euro “sporchi” sono stati redistribuiti ai giocatori coinvolti, in cambio dei loro favori “racchetta in mano”. Se la combine per qualche motivo non poteva essere effettuata, il giocatore implicato dichiarava forfait, annullando così la scommessa. In totale più di 8 milioni di euro sono transitati tra giugno 2016 e il marzo 2018 su un conto numerico utilizzato dell’accusato numero 2 nel dossier belga, Andranik M. , presunto responsabile finanziario della rete criminale.
Secondo le conclusioni dell’inchiesta Sargsyan utilizzava diversi metodi per evitare di essere smascherato. Tra marzo e agosto 2017 avrebbe utilizzato 18 numeri di telefono e 8 cellulari diversi, consegnando ai giocatori con cui comunicava diverse schede SIM.
Si sono costituite parte civile la ITF, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la FFT. “E’ un grosso affare, dentro il quale si possono trovare parecchie prove; ben organizzato e con tantissimo denaro circolante” – commenta il rappresentante dell’ITIA – “la punta di un iceberg, dalla quale si ha una buona vista d’assieme del fenomeno”.
ATP
Insider Expeditions sceglie i fratelli McEnroe come icone per un viaggio in Tanzania
I fratelli McEnroe ambasciatori del tennis in Tanzania: la storia

Un progetto di integrazione tra sport e conoscenza dei territori sarà attuato da Insider Expeditions nel prossimo dicembre. L’azienda, leader nell’organizzazione di viaggi internazionali per lavoro o divertimento, ha annunciato una partnership con John e Patrick McEnroe per portare queste due leggende del tennis in Tanzania. In collaborazione con il governo, i fratelli McEnroe saranno accompagnati da ben 120 appassionati di tennis durante uno speciale viaggio di otto giorni che includerà l’inaugurazione di un nuovo campo da tennis nella pianura di Serengeti.
“Siamo entusiasti di dare il benvenuto a John e Patrick McEnroe e ai loro ospiti in Tanzania per questo evento speciale di dicembre 2023”, ha affermato Samia Suluhu Hassan, la presidente della Tanzania. “Il nostro paese – prosegue – continua a crescere grazie a sforzi come questo, tesi a mettere in evidenza i territori e le tipicità locali. L’aggiunta di un elemento speciale come il tennis ci aiuterà anche nel diffondere altre discipline sportive oltre al calcio. Serve dare nuove possibilità ai giovani, fornire loro testimonianze di altri stili di vita . E’ il calcio a farla da padrone in quelle fasce d’età, ma ovviamente l’esperienza di queste leggende potrebbe aiutarci tantissimo a far crescere uno sport come il tennis”.
John McEnroe si dice entusiasta dell’iniziativa: “Io e la mia famiglia non vediamo l’ora di fare un viaggio molto emozionante in Tanzania, dove avremo la possibilità di far consocere il tennis ai giovani, probabilmente per la loro prima volta”.
Il viaggio di lusso includerà una partita di tennis tra i fratelli McEnroe nel mezzo del Serengeti, una delle destinazioni più iconiche dell’Africa. L’itinerario comprende i migliori parchi nazionali della Tanzania tra cui il cratere di Ngorongoro e il Serengeti che ospitano numerosi uccelli e rettili.
Fauna selvatica impareggiabile, culture locali e paesaggi mozzafiato si uniscono per produrre quella che viene spesso descritta come la vacanza da sogno. Realizzare questo percorso accanto a leggende del tennis arricchirà l’esperienza in maniera esponenziale.
ATP
ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese
Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinner – come abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.
All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.
In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.
Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.
(match completo con commento lo trovate nel video in basso)
I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.