Sinner, una sconfitta per incantare il mondo (Scanagatta). È nata una stella (Crivelli). «Talento Sinner», garantisce Nadal (Mastroluca). Sinner? Tutto ok (Azzolini). La lunga era geologica degli Invincibili (Clerici)

Rassegna stampa

Sinner, una sconfitta per incantare il mondo (Scanagatta). È nata una stella (Crivelli). «Talento Sinner», garantisce Nadal (Mastroluca). Sinner? Tutto ok (Azzolini). La lunga era geologica degli Invincibili (Clerici)

La rassegna stampa di giovedì 8 ottobre 2020

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Sinner, una sconfitta per incantare il mondo (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

E’ finita all’una e 26 del mattino, la prima avventura di Jannik Sinner al Roland Garros, al termine di un duello avvincente per i primi due set e di oltre 2 ore di grandissimo tennis contro il tennista più forte di tutti i tempi sulla terra rossa, Rafa Nadal. Sembra storia ormai vecchia, ma resta importante e significativa per l’avvenire. Il ragazzo della Val Pusteria, 15 anni più giovane del suo avversario che disputava il suo centesimo match a Parigi – di cui 98 vinti – ha perso in 3 set (76 64 61, 2h e 48 m), ma quel che ha fatto vedere in quelle prime due ore, prima di cedere due servizi di fila all’inizio del terzo set, ha impressionato tutti gli addetti ai lavori che ancora non lo conoscevano abbastanza, anche se ormai nel mondo del tennis ne parlano in tanti. Se un tennista di 19 anni riesce a far match pari con Nadal sulla terra battuta, come si fa a non mettere in preventivo per Jannik un luminoso avvenire? […] A Sinner al momento manca forse una seconda palla di servizio più incisiva. Deve migliorare anche il dritto quando gli arriva una palla senza peso, tagliata e che rimbalza poco. A Roma Dimitrov lo fece diventare matto giocando soltanto rovesci slice dopo aver perso il primo set. E deve migliorare soprattutto a rete dove sembra un po’ disarticolato. Ma da ragazzino ancheun certo Roger Federer, secondo il suo allenatore Peter Lundgren, a rete si muoveva «con l’impaccio di chi fosse capitato in un mare infestato da pescecani!». Per tutto il primo set il “mostro” Nadal era stato preso a pallate, aveva subito sempre l’iniziativa e di palle break non ne aveva avuta neppure l’ombra. Impressionante. Quel bombardamento puntuale, fin lì infallibile di Sinner nel dodicesimo game sarebbe invece diventato preda dell’inevitabile inesperienza. Quel che è certo è che questo Sinner non è una promessa. E’ una certezza. «Non guardo al passato e neppure al futuro – dice lui con la saggezza di un veterano – riguarderò come sempre almeno due volte il match in video, con il mio allenatore Riccardo (Piatti), e cercherò di cogliere gli aspetti positivi e quelli negativi». Jannik è un ragazzo incredibilmente maturo, anche nell’interpretare la sconfitta con Nadal dopo quei primi due set memorabili: «E’ vero che ho mancato alcune opportunità, non solo qui, ma anche a Roma con Dimitrov. Quelle sono situazioni che non si possono vivere in allenamento e io alle spalle ho ancora troppe poche gare».[…]

E’ nata una stella (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Quando ti trovi di fronte il sovrano, puoi decidere se abbassare deferente lo sguardo, oppure lo fisserai dritto negli occhi immaginando che un giorno sul trono ci sarà posto solo per te. Sinner ha scelto il suo ruolo: non suddito, ma erede. Perché giocare due set alla pari contro Nadal a Parigi, sulla terra che lo ha incoronato 12 volte, sulla quale ha perso appena due partite in 100 match, con condizioni ambientali estreme (vento e 10° di temperatura) decisamente più favorevoli a un veterano ricolmo di gloria piuttosto che a un teenager al primo Roland Garros, vale più di un’investitura. Abbiamo un campione. Un’idea che non appartiene solo all’appassionato italiano, ma è condivisa da molti monumenti del tennis, passati e presenti, dalla Evert a McEnroe per arrivare proprio a Nadal, il fenomeno che ne ha testato in presa diretta l’enorme crescita. Ricoprendolo, nel dopopartita, di complimenti assolutamente non di maniera: «Sinner è un talento molto, molto giovane che possiede tanta forza e ha dei colpi incredibili. I primi due set sono stati duri, soprattutto la fine del primo. Sono stato fortunato a recuperare dopo esser stato sotto 6-5, lui colpiva ogni pallina con molta potenza». Jannik è stato il primo avversario del torneo a strappare il servizio al maiorchino (due volte) ed è sceso in campo con un progetto tattico definito per vincere la partita e non certo per limitare i danni. Il vincitore di 19 Slam ha dovuto estrarre il meglio dal suo repertorio tecnico e caratteriale per girare dalla sua parte il tiebreak del primo set ed è stato anche fortunato nel nono game del secondo quando un nastro ha destabilizzato l’azzurro che ha perso il servizio (e sostanzialmente la partita) da 40-15. «In quei game ho comunque giocato bene, ma non è per una sola palla che perdi la partita. Io devo crescere nella gestione emotiva di quei momenti, non è una cosa che si insegna, ma ti viene naturale solo quando hai messo insieme tanti match di questo livello. Io devo sfruttare anche le sconfitte per fare esperienza». Certo, ci sono pure dettagli tecnici da perfezionare per dare ancor più sostanza a un talento sopraffino, dalla continuità al servizio al gioco a rete, ma l’ingresso nella top 50 (sarà il più giovane) di lunedì prossimo (numero 46) dopo essere partito dalla posizione 1592 nel febbraio 2018 (la sua prima classifica) indica che il suo limite può essere solo il cielo: «Però non sono uno che guarda al futuro o al passato, ma sempre al presente. È bello sentirsi dire che posso ambire alla top 10, ma alla fine devi dimostrare tutto. Non ho vinto niente fino ad ora, se non le Next Gen Finals. Devo restare a testa bassa e cercare di migliorare e giocare dopo ore e ore dl lavoro in campo. Ho un grande team alle mie spalle. Vedremo tra 12 mesi dove sarò». […]

«Talento Sinner», garantisce Nadal (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Per migliorare, serve giocare. Jannik Sinner ha superato la prova di maturità contro Rafa Nadal sul Philippe Chatrier. In una sfida finita ben oltre l’una di notte, contro un campione che al Roland Garros ha vinto 98 partite sulle 100 giocate, di cui 78 senza perdere un set, l’azzurro è uscito sconfitto ma pienamente consapevole del suo valore attuale e del percorso futuro. «Devo sfruttare anche le sconfitte per fare esperienza di campo» ha spiegato. A 19 anni, al primo Roland Garros, dopo una giornata ad aspettare, è sceso in campo con un piano chiaro per provare a battere il più vincente di sempre sulla terra rossa. Contro Nadal, ha detto, «non devi attaccare troppo ma non devi rallentare. Ho cercato di stare dentro il campo il più possibile, di alzare la velocità e rubargli il tempo». Nadal, che si è allenato con Sinner a Roma, ha riconosciuto il suo valore. «Per i primi due set, è stata davvero difficile. Colpiva molto forte e le palline con il freddo hanno meno rotazione. Ha davvero un grande talento». […] Contro Nadal, ha detto, ha impostato una strategia chiara. «Con lui, non devi attaccare troppo ma non devi rallentare. Quando comanda il gioco, ti fa muovere tanto. Io ho cercato di stare dentro il campo il più possibile, di alzare la velocità e rubargli il tempo. Ha funzionato abbastanza bene». Con questo piano, e una quasi totale assenza di timore reverenziale o condizionamenti, nel primo set ha servito per chiudere sul 6-5. Nel secondo è andato avanti 3-1 ma ha subito il controbreak. «Se hai un break di vantaggio, devi giocare al meglio i tuoi turni di servizio. E io non l’ho fatto. Devo migliorare anche mentalmente» ha spiegato. […]

Sinner? Tutto ok (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Lasciamolo da parte, NadaL.. Appartiene alla categoria un po’ aliena e un po’ divina di chi sta lassù, non si sa nemmeno bene dove. Lui, Federer, Djokovic, un’altra categoria, semplicemente. Parliamo invece di Jannik Sinner, che con Rafa ha perso in tre set, tenendolo sotto scacco nei primi due, ed è stato avanti di un break prima del letale gorgo causato dall accensione dei motori di riserva dello spagnolo. Sono piaciute a tutti la determinazione e la qualità che Jannik ha portato in campo, insieme con gli attrezzi del mestiere. Sono fioccati gli applausi dalle sparute tribune di appassionati resilienti (era l’1 e 30 della notte) e gli elogi dei molti che hanno titoli per intervenire. «Vede in anticipo dove va la palla, manca solo di un po’ di muscoli, ma si farà», ha osservato Chris Evert con il colpo d’occhio dell’esperta. «Dategli dodici mesi e sarà top ten», la scommessa di Tim Henman. «Su un terreno più rapido non sono cosa sicuro che avrebbe perso contro Nadal». Infine, Mouratoglou: «Già oggi nessuno lo vuole incontrare, temono di dover ammettere di essere più deboli di un diciannovenne appena sbarcato sul circuito». Ma è il caso di girare pagina. Sinner lo sa. «Ma quale top ten, non ho vinto ancora niente d’importante. Devo crescere, in ogni parte del mio gioco. Questa è la verità». Sapeva bene, Jannik, che entro poche ore se la sarebbe dovuta vedere con coach Piatti, e sarebbe stata tutt’altra musica. Era contento, il coach (ci mancherebbe), ma non è stata quella la prima cosa che gli ha detto. E anche questo è parte dell’apprendistato. «Sento dire che ha avuto Nadal in pugno, ma non è così. Ha giocato bene, anche molto bene, finché il punteggio è stato alla pari, ma quando ha ottenuto il break, sia sul 6-5 del primo set, sia sul 3-1 del secondo, Jannik non ha dato il meglio di sé, l’attenzione è calata, e Rafa lo ha rimontato in un attimo». […]

La lunga era geologica degli Invincibili (Gianni Clerici, La Repubblica)

Dovrei riconoscere che abbiamo sbagliato in due, io e Riccardo Piatti che mi aveva telefonato ammettendo che nella mia lettera suggerivo a Sinner ciò che gli aveva detto anche lui. In realtà il ragazzone di San Candido ha tenuto Nadal al guinzaglio per tutto il primo set, un parziale che avrebbe potuto aggiudicarsi prima di smarrirlo al tiebreak. Poi lo spagnolo è risalito nell’Olimpo dove siedono in tre e che ci fa domandare se arriverà mai il giorno in cui gli “Invincibili” smetteranno di essere tali. Arriverà ma temo non sarà domani e non per l’insipienza del candidati alla successione. Nell’era open mai era accaduta una circostanza del genere, la formazione di una lunga era geologica dominata da tre giocatori soltanto: Federer. Nadal e Djokovic che hanno vinto complessivamente cinquantasei tornei del Grande Slam. Ciascuno li metta nell’ordine che preferisce, ma sono loro che in un modo o nell’altro, pur essendo oltre la trentina (Roger ha quasi 40 anni), riescono a risorgere da infortuni, depressioni, vaticini e persino spilloni voodoo per issarsi ai primi posti della classifica mondiale. Ed è straordinario se si pensa alla fatica di una giostra che non fa pause per undici mesi l’anno, virus permettendo. Da cosa deriva questa loro invincibilità? Il mio amico Nicola Pietrangeli non sarà d’accordo, ma mi sento di spiegarlo con la capacità di avere creato uno stile di gioco personale. Djokovic non sbaglia mai e possiede il miglior passante di rovescio del circuito; Nadal è un guerriero che si inventato un diritto mancino mai visto prima nella storia del tennis; Federer sa essere il più bravo in ogni porzione di campo e tirare tutti i colpi in una sorta di mezzo volo. A queste doti tecniche aggiungete un carattere capace di schiacciare la giusta arroganza e i muscoli dei presunti eredi e capirete perché tanti ragazzi pronosticati campioni rischiano di restare sul bordo dell’alba senza vedere mai spuntare il sole.

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