ATP Finals: Thiem vs Medvedev, è il cambio della guardia. Ma l’appeal è, e sarà, lo stesso?

Editoriali del Direttore

ATP Finals: Thiem vs Medvedev, è il cambio della guardia. Ma l’appeal è, e sarà, lo stesso?

Djokovic e Nadal hanno lasciato Londra con la valigia piena di rimpianti. I loro fan in gramaglie. Il sesto “Maestro” inedito di fila sarà un vero “Maestro”?

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Novak Djokovic e Dominic Thiem - Australian Open 2020 (foto via Twitter @AustralianOpen)
 

Sei Maestri tutti diversi dal 2015 non saranno troppi? Forse, ma era già successo fra il 1974 e il 1979 (Vilas, Nastase, Orantes, Connors, McEnroe, Borg) e ricapiterà quest’anno dal momento che chiunque vincerà la sfida odierna fra Medvedev e Thiem seguirà a Djokovic (2015), Murray, Dimitrov, Zverev e Tsitsipas.

Ad onor del vero, comparando quei sei Maestri di allora e quelli di quest’ultima mandata, beh, sarò considerato un nostalgico del tempo che fu come quei vecchietti che cominciano i loro discorsi con “Ai miei tempi…”, ma mi pare che il confronto a distanza fra quei nomi, quei campioni, e questi contemporanei proprio non regga.

Il nuovo Maestro per il 2020 sarà il secondo russo della storia, dopo Davydenko che vinse nel 2009 la prima edizione Brit della 02 Arena, oppure il primo austriaco di sempre (Muster si qualificava… ma il cemento non era pane per i suoi denti).

Avevo presentato le semifinali come uno scontro tra il Duo Matusa e il suo Primavera – era stato Rino Tommasi a “brevettare”  il soprannome alla coppia formata da lui e Gianni Clerici e a quella più giovane di Roberto Lombardi con il sottoscritto – e non era stato molto difficile prevedere che sarebbero state due sfide molto equilibrate, senza veri favoriti capaci di dominare i loro sfidanti. Beh fin lì ci abbiamo azzeccato tutti. Anzi, assistere a partite più equilibrate di così era impossibile.

Forse oggi abbiamo assistito, semmai, anche al cambio della guardia. L’hanno invocato molti, stufi dei ripetuti trionfi dei soliti Fab, ma era l’ora? Mah, non è che io sia del tutto convinto. Di certi “de profundis” pronunciati anzitempo, anni e anni fa, per un presunto anziano campione  svizzero, ce ne ricordiamo tutti. E siamo stati tutti contenti quando il quasi “caro estinto” ha dimostrato di non essere estinto affatto.

Per quanto mi riguarda, bene che soffi il vento delle novità, ma bene anche che i Fab 4 – sì, se fosse possibile anche Andy Murray – continuino a sfoderare le loro racchette e a mulinare dritti e rovesci eccellenti ancora a lungo. E poi, per carità, vincano i migliori, ma senza che a decidere sia necessariamente la carta d’identità.

Ieri i due “Matusa” hanno ceduto, fra mille rimpianti, ai due “Primavera”. Non so chi fra le due “vittime” anziane di quei rimpianti ne avrà di più. Forse Nadal, perché questa era forse l’ultima occasione di vincere uno dei pochi tornei che non figurano ancora nel suo ricchissimo palmares. Lui stesso ha ammesso con voce tristissima ai colleghi spagnoli: “Sì, credo di aver mancato una opportunità di giocare un’altra finale e di vincere questo torneo…ma la vita va avanti”.

Mentre per Djokovic, anche se ha sottolineato comprensibilmente e sportivamente più i meriti dello straordinario tiebreak giocato da Thiem – ma dallo 0-4 in poi però! – ci sono in bacheca cinque trofei vinti all’02 Arena a poterlo consolare. Quindi ok, non ha eguagliato i sei vinti da Federer, ma insomma non è la stessa delusione che deve avere provato Rafa.

Magari si poteva pensare che in due partite giocate spalla a spalla e decise all’ultimo sprint, 2h e 54 m il match vinto da Thiem, 2h e 36 m quello vinto da Medvedev, l’esperienza dei due Fab avrebbe potuto avere il sopravvento. Invece non è stato così e soprattutto nel caso di Medvedev con Nadal ho avuto l’impressione che nello spagnolo sia affiorata nel finale una stanchezza abbastanza evidente, anche se lui l’ha orgogliosamente negata. Ho avuto perfino la sensazione che nel finale camminasse male, quasi zoppicasse quando è uscito dal campo. Ma Rafa non ne ha fatto il minimo cenno. Se ha un problema ad una gamba, per andare a pesca con la sua mega barca a Maiorca non ne risentirà.

Non so poi se quella prolungata condotta remissiva di Djokovic non fosse anch’essa conseguenza di un po’ di stanchezza, forse più mentale che fisica. E non andiamo adesso a cercarne ancora le cause vere o semplicemente presunte facendo ricorso a psicologi da supermercato…

Novak Djokovic – ATP Finals 2020 (via Twitter, @atptour)

Però in tutte le previsioni della vigilia il fattore fisico, atletico come mentale, non era stato forse preso abbastanza in considerazione e invece ha l’aria di avere almeno un po’ influito. Decisivo non si può dire, perché almeno Rafa in un’ora e mezzo avrebbe potuto chiudere la pratica a suo favore. 

Una volta Martina Navratilova mi disse: Non è vero che invecchiando si senta meno la pressione per un fattore di maggiore esperienza… la si sente invece di più, perché ogni giorno e ogni torneo che passa si teme di non essere più in grado di salire sull’ultimo treno“.

Certo il maiorchino difficilmente dimenticherà di aver perso a zero il game di battuta quando – dopo un’ora e 24 minuti di buon tennis – si è trovato a servire per il match sul 6-3 5-4. Dopo aver vinto un primo set che aveva subito un’improvvisa e inopinata svolta sul 3 pari, quando invece pareva che Medvedev fosse molto più ispirato di Nadal. Ma il russo aveva avuto un improvviso black out e Rafa ne aveva prontamente approfittato.

Ma, al di là di quel game del 5-4 in cui avrebbe avuto tanto bisogno di qualche “prima” in più, quasi altrettanto determinante è stata, ormai nel terzo set, anche quella facile volée giocata troppo morbida sulla palla game del 4-3 nel terzo set. A quella ha fatto seguito, due punti dopo, un altro errore al volo proprio simile. Volée abbastanza comoda giocata un po’ lontana dalla rete e senza la spinta delle gambe. Lui non l’ha chiusa e in entrambe le occasioni lesto Medvedev –che ha un’agilità straordinaria per un uomo d’un metro e 98 – ne ha approfittato per infilarlo a rete. Subito dopo il russo, che sa tirar su piegandosi come una molla anche palle che non si alzano da terra, è venuto intelligentemente avanti in controtempo – avendo scorto che Rafa avrebbe giocato un rovescio slice – a prendersi il punto del break per il 4-3 in suo favore. Lì si è in pratica decisa la partita. A vederlo Medvedev è tutto il contrario di Federer: è l’ineleganza stilistica fatta persona. Ma quanto a efficacia siamo lì. Salvo che per i passaggi a vuoti che di solito accusa.

Anche Novak Djokovic, del resto, non dimenticherà facilmente di essere stato avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set, dopo aver annullato a Thiem quattro match point nel tiebreak del secondo. Lui, ribattezzato “l’uomo dei tiebreak” – nella specialità poteva vantare un bilancio nel 2020 di 16 tiebreak vinti su 17 (erano 15 su 16 prima di quello vinto 12-10 su Thiem) e di 24 sugli ultimi 26 – chissà perché ha deciso di giocare in maniera conservativa proprio questo tie-break nel quale si era procurato due mini-break che avrebbero dovuto spalancargli la via per la finale.

Vero che Thiem, dopo aver esordito nel tiebreak decisivo con un doppio fallo e aver regalato un dritto sullo 0-3, si è riscattato prima con un ace sullo 0-4 e poi con uno splendido scambio per risalire a 2-4. Ma lì Djokovic, già fin troppo passivo e a rincorrere lungo quasi tutta la gara, ha sotterrato un rovescino slice senza pretese prima di sbagliarne un altro. Al miglior Djokovic non sarebbe mai successo. Rinfrancato dal raggiunto 4 pari, Thiem ha messo a segno l’ace n. 12 e poi, rischiato super-coraggiosamente il tutto per tutto, ha fatto un punto assolutamente straordinario con un missile incrociato di rovescio che lo ha portato sul 6-4 e a due match point. Il secondo è stato quello buono.

Eccolo, il missile di rovescio di Thiem

Insomma la finale che avevo pronosticato, Thiem-Nadal, non ci sarà. Ci sono andato vicino, ma come si è potuto constatare, ad andare vicino al traguardo ci sono andati anche i due rappresentanti old-gen che hanno fatto le valigie per tornare a casa.

Chi vincerà adesso fra il n.3 e il n.4 del mondo, Thiem o Medvedev? (trovate qui le quote dei bookmaker). Beh, adesso basta con i pronostici. Ho azzeccato il 50% di quelli che avevo fatto ieri, non voglio sciupare la mia dote.

Non significa granché che Medvedev – che prima di ieri non aveva perso un set – non abbia perso neppure una partita in questo torneo. Chissà infatti se Thiem avrebbe perso con Rublev se quel successo gli fosse stato necessario per raggiungere le semifinali. E poi in ben 25 occasioni il Masters di fine anno è stato vinto da un tennista che nel corso del torneo aveva perso almeno una volta.

Thiem ha vinto tre volte su quattro con Medvedev, ma una sola partita meriterebbe di avere un po’ di peso specifico nel valutare le chance di successo dei due finalisti, perché le altre tre sono troppo datate (due nel 2019, una nel 2018) e troppe cose sono cambiate. Sono cambiate per Thiem, che intanto quest’anno a New York ha sfatato il tabù che gli aveva impedito di vincere uno Slam – ma anche un protagonista di quattro importanti finali perse, due a Parigi con il Nadal imbattibile sul rosso del Roland Garros, una in Australia con Djokovic a Melbourne Park, la quarta alla 02 Arena con Tsitsipas. Che l’austriaco abbia cambiato marcia lo prova il fatto che è diventato il solo giocatore, assieme a Murray, ad aver battuto almeno cinque volte ciascuno dei Fab 3 (quindici volte in tutto). Le cose sono cambiate anche per Medvedev, che lo scorso anno raggiunse fra sei finali anche quella dell’Open degli Stati Uniti persa con Nadal 6-4 al quinto.

Quell’unico scontro significativo cui alludevo è la recente semifinale dell’US Open. Thiem l’ha vinta in tre set. Ma dopo aver dominato il primo, gli altri due li ha vinti soltanto al tie-break e dopo che in entrambi i set Medvedev aveva servito per il set, tanto da meritarsi da Ubiennis l’appellativo di ‘sprecone’. Insomma, scommettere su un altro match bello e equilibrato, dovrebbe essere una scommessa abbastanza facile da vincere.

Sarà però – sospetto – una partita con minor appeal che se ci fossero stati Djokovic e Nadal, o almeno uno dei due, perché sì, prima o poi il cambio della guardia doveva avvenire, ma ai due Matusa ci eravamo tutti un po’ affettuosamente affezionati – perfino i tifosi di Federer oso dire… sapendo di esagerare! – proprio come a me accade quando penso ai miei cari “Maestri” Rino e Gianni.

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