Il servizio di Sascha Zverev ha un problema. Anzi, due

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Il servizio di Sascha Zverev ha un problema. Anzi, due

Il servizio di Zverev ha qualcosa che non va, lo sappiamo. Cerchiamo di capire cosa con l’ausilio di Andy Roddick e Paul Annacone

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Alexander Zverev – US Open 2020 (foto via Twitter @usopen)
 

Abbiamo visto che alle ATP Finals Daniil Medvedev ha fissato a 5,51 metri di media il nuovo record di lontananza dalla linea di fondo quando si trovava a ribattere la prima battuta di Alexander Zverev: un po’ più indietro e avrebbe rischiato di violare i limiti della bolla. Quest’oggi è proprio del servizio del tedesco che intendiamo parlare.

Ripartiamo un attimo da Medvedev, prima di arrivare a Sascha. È stato rilevato come in finale contro Thiem la distanza media dalla riga di fondo sia stata decisamente inferiore, precisamente 3,43 metri. Entrando nel dettaglio di quell’incontro, notiamo un’enorme differenza a seconda che Daniil si trovasse a rispondere dal lato della parità o da quello del vantaggio. Sempre riferendoci alla prima battuta, infatti, se a sinistra il moscovita assumeva un posizione complessivamente non dissimile rispetto alla sfida con Zverev, da destra gli impatti avvenivano in punti decisamente più avanzati: circa due metri dietro la riga per i servizi al corpo o alla T e un solo metro per quelli a uscire, quando doveva tagliare il campo per intercettare gli slice esterni prima che la curva li portasse troppo lontano dal corridoio. È chiaro che una posizione di partenza eccessivamente arretrata sui servizi da destra gli avrebbe impedito di raggiungere quegli slice.

Il dettaglio dei punti d’impatto delle risposte di Medvedev contro la prima di Thiem alle ATP Finals 2020 (fonte: ATP)

Se il servizio di Dominic ha richiesto questo tipo di attenzione da parte del Maestro 2020, peraltro impegnato ancor più nel variare la posizione in risposta nella semifinale contro Nadal, non aver adottato alcun aggiustamento rispondendo alla prima di Zverev sembra suggerire un problema dal lato tedesco del campo. Non che si tratti di notizia straordinaria, tutt’altro, ma ne hanno autorevolmente spiegato le possibili cause su Tennis Channel Andy Roddick e Paul Annacone. La loro analisi, rispettivamente dal punto di vista tecnico e mentale, ci fornisce spunti interessanti – non che ci fossero dubbi in proposito.

È troppo dritto inizia Roddick riferendosi alla postura di Sascha. “Tutti grandi battitori sono in grado di girarsi [mima la rotazione delle spalle assumendo la trophy position] e creare la V: vedono la palla a sinistra del braccio che effettua il lancio” prosegue. Zverev è invece un po’ più frontale, la vede a destra del braccio. “Credo che ciò influisca sulla traiettoria, lo renda più inaffidabile; la seconda se ne va….

Nella grafica che lo affianca a Pete Sampras, vediamo il braccio-racchetta di Zverev attardarsi in basso e a destra rispetto all’asse verticale del corpo, a riprova di una rotazione delle spalle ancora insufficiente e una posizione troppo frontale. Andy, quinto miglior battitore degli ultimi trent’anni secondo il sistema di valutazione dell’ATP, fa notare che si scorge addirittura il mento di Sascha; mento che, rimarca, spunta dalla “parte sbagliata” del braccio, mentre quello di Pete è ben nascosto.

Pete Sampras vs Alexander Zverev (via Twitter @TennisChannel)

In definitiva, è una posizione che può comunque andare bene per tirare sassate piatte, ma che limita la possibilità di colpire slice efficaci. Il discorso è anche più vero per quanto riguarda il kick, rotazione che permette alla palla di passare alta sopra la rete e ricadere nel giusto rettangolo, quindi particolarmente utile sulla seconda battuta, a cui si richiedono al contempo sicurezza e aggressività. In ogni caso, il punto di Andy è la lettura relativamente facile del servizio di Sascha da parte del ribattitore che può rimanere indietro per prendersi il tempo necessario a contenere la bordata in arrivo o fare un passo verso destra intuendo la scelta esterna.

A questo è inevitabilmente collegata la direzione del braccio sinistro che, a metà corsa, punta circa verso l’angolo del rovescio avversario, mentre quello di Sampras è praticamente parallelo alla linea di fondo; e quasi lo stesso vale per Roger Federer, un altro che sa mascherare egregiamente le proprie intenzioni. Aggiungiamo che anche il lancio eccessivamente alto contribuisce a rendere il servizio intelligibile – basti pensare all’efficacia sotto questo aspetto della battuta di Kyrgios, con la palla colpita appena inizia la ricaduta. Inoltre, maggiore è la differenza tra l’altezza del lancio e quella dell’impatto con la racchetta, più elevata sarà la velocità della palla che ricade, riducendo la finestra temporale in cui si trova nel punto ottimale per essere colpita e complicando ulteriormente le cose.

Se Jim Courier teme che sia “molto difficile per i tennisti introdurre grossi cambiamenti tecnici a questo punto della carriera”, non possiamo neppure dimenticarci di tutti gli incontri in cui Zverev è stato inavvicinabile nei propri turni di battuta. A volte si è trattato di interi tornei, come Madrid 2018: il tedesco concesse una sola palla break in cinque partite e fu trascinato ai vantaggi appena cinque volte in totale.

Ma arriviamo ora a un’altra candidata al ruolo di causa del… disservizio: il peso delle vicende fuori dal campo che da tempo tormentano il ventitreenne di Amburgo. Ecco dunque l’intervento di Annacone, che concentra la propria attenzione non sulla tecnica bensì sull’approccio mentale, spiegando che Zverev “ha un po’ di yips”. Gli yips sono uno spiacevole fenomeno – verosimilmente di origine psicologica – a causa del quale uno sportivo perde fluidità e naturalezza nell’esecuzione di un’abilità data per acquisita (ne avevamo parlato qui).

Dai 210 doppi falli del 2018, Sascha è arrivato 392 nel 2019 pur giocando meno incontri, passando da una media di 0,23 per turno di servizio a 0,45. Quest’anno, anche se è andata leggermente meglio (0,39), è stato colui che più ne ha commessi. Non dovrebbe essere un’eresia ipotizzare che lo stesso lancio di palla molto alto contribuisca ad aggravare il problema: se manca la fiducia, quel tempo extra richiesto da una preparazione più lunga dà modo di “pensare troppo” all’esecuzione invece di lasciare che accada. Annacone raccomanda allora tre semplici passi: “Innanzitutto, accelerazione, spingere la palla e assicurarsi di creare molta velocità. Dopo di ciò, si costruisce la fiducia. Infine, ci si preoccupa del bersaglio”.

Esempi evidenti di qualcosa che non va arrivano dalle seconde tirate rallentando il braccio laddove è invece indispensabile imprimere una decisa accelerazione alla testa della racchetta . “Pete Sampras colpiva più forte il secondo servizio” dice ancora l’ex coach di Federer. “Generava tantissima rotazione”. Che è poi la chiave di tutto il discorso, giusto per sgombrare il campo da quegli estemporanei tentativi di sorprendere l’avversario con un’altra mazzata piatta dopo aver fallito la prima, null’altro che un liberarsi della palla nella vana speranza di aggirare il problema. Non c’è alcuna ragione per cui questo ragazzo di 198 cm non debba tirare seconde a 160 km/h al corpo ogni volta e iniziare lo scambio da una situazione neutra, dal momento che ha dei gran colpi da fondo”.

La soluzione proposta è una seconda centrale, carica, difficile da attaccare e che pertanto gli dia fiducia. Perché, nonostante la velocità mostrata sul display già al secondo game attivi riferimenti cinematografici di indiscutibile spessore, mancare il bersaglio con una seconda a 88 miglia orarie non ti proietta nel futuro come protagonista. Un futuro che dichiarazioni come anche se la mia carriera dovesse finire qui” fanno apparire sempre più incombente ed esigono che ci si faccia trovare pronti.

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