Focus
Alla scoperta di Ubitennis. Cosa è, cosa fa oggi e come ci si collabora
Dove lo facciamo e perché. Guida non troppo breve su cosa è diventato Ubitennis e dove intende andare: tante novità, da Instagram alla newsletter, passando per i podcast. Le posizioni “aperte” per chi aspiri a collaborare

In una relazione, prima o poi, arriva sempre questo momento. Il momento in cui ci si pianta di fronte al partner e gli si chiede ‘Ma tu, cosa fai per me?’. Dopo un fisiologico momento di smarrimento – se la relazione è solida – il partner sfodererà un sorriso rassicurante e schiverà la minaccia con un discorso caldo e affettuoso, che rinsalderà il rapporto. Se la relazione non è così solida, beh, può finire più o meno così (ma non preoccupatevi: il film ha un lieto fine. Anche se non è quello che vi aspettate).
Noi siamo convinti che il vostro rapporto con Ubitennis sia solido, e anche se non ci avete posto la domanda più difficile della storia delle relazioni abbiamo deciso di rispondere lo stesso. E dirvi, riepilogare, cosa fa Ubitennis per voi.
LA FRAMMENTAZIONE DIGITALE
Una piccola premessa. Esiste un rischio connaturato al cambiamento di paradigma dell’informazione, che una volta si divideva equamente tra carta stampata e schermi televisivi e adesso ha dovuto lasciare spazio alla prepotente ascesa della comunicazione digitale. Nel 2005, appena il 16% della popolazione mondiale aveva accesso a Internet. Nel 2019 siamo passati al 53,6% (l’Africa, il continente più povero, ha fatto un salto dal 2% al 28,2%). La gente passa tempo su Internet per fare tante cose, e tra le tante cose che fa c’è informarsi.
L’ultimo Digital News Report del Reuters Institute stima che in Italia l’utilizzo di Internet (social media compresi) come fonte di informazione ha superato tutte le altre: il 74% delle persone dichiara di informarsi online, il 73% utilizza la TV, ben un italiano su due si informa in modo specifico sui social media e appena il 22% fa ricorso alla carta stampata (nel 2013 il dato era del 59%). E vi diciamo di più: da questo punto di vista, l’Italia è un paese piuttosto ‘vecchio’ perché il delta tra Internet e TV è ancora abbastanza piccolo. Ci sono paesi in cui questo distacco supera il 20%. E sapete quanti sono quelli in cui Internet non è al primo posto come fonte di informazione? Nessuno. Neanche il Kenya o le Filippine.
Dicevamo del rischio, e ora ci torniamo. Quando così tante persone si informano sul mezzo digitale, e hanno a disposizione una miriade di piattaforme per farlo, il rischio è duplice. Per i lettori, quello di smarrire la via e non riuscire a informarsi correttamente. Per chi fa informazione, di voler presidiare ogni piattaforma e di non riuscire a farlo con la sufficiente qualità. Per questo motivo, rimaniamo sempre aperti alla possibilità di allargare il nostro organico: in questo momento siamo interessati a profili con capacità di traduzione (da italiano a inglese/spagnolo e viceversa), collaboratori per la gestione del nostro profilo Instagram (con skill grafiche e conoscenza del ‘linguaggio’ social) e appassionati/esperti del tennis minore italiano (tornei giovanili, ITF e challenger).
Ubitennis, in linea di principio, non arricchirà il vostro conto in banca. Soprattutto di questi tempi tristi e grami. Offrirà invece visibilità ed esperienza a chi, fra gli innamorati del tennis e di ogni tipo di informazione (social e meno social), sia curioso di conoscere – con il giusto spirito di servizio – come funziona un sito di tennis con tante situazioni da “coprire” e tanti amici che collaborano in uno o più team. Mal che vada, per un giovane si tratterà di arricchire il proprio CV e per un meno giovane… conoscere, frequentare (e nascondersi fra…) più giovani. Aiuta lo spirito.
Esaurite le premesse, ecco il manuale ‘Ubitennis 4 dummies‘. Cosa facciamo, dove lo facciamo, perché lo facciamo.
SU UBITENNIS.COM: COSA SCRIVIAMO
Qui è dove siamo partiti. Prima soltanto in italiano, adesso anche in inglese e spagnolo: in totale, ogni anno vengono aperte più di 40 milioni di pagine su Ubitennis da 5 milioni di utenti per oltre 21 milioni di visite. Pubblichiamo più di 4000 articoli all’anno, e non sono mica tutti uguali. Ce ne sono di brevi, di medi e di lunghissimi. Abbiamo tante firme, perché ci teniamo alla pluralità d’opinione, e per fare in modo che ognuno tratti gli argomenti che conosce meglio. Siamo, insomma, una famiglia molto numerosa e variegata che sa essere molto verbosa sia al suo interno (con discussioni a volte anche accalorate) che all’esterno, quando vi proponiamo i nostri articoli. Oltre a giornalisti, tra chi orbita attorno a Ubitennis ci sono avvocati, magistrati, professori, studenti liceali e universitari, bancari, esperti di digital, persino ingegneri e architetti, c’è chi si occupa di risorse umane e chi, da pensionato, accudisce i nipotini (e tra un nipotino e l’altro trova del tempo da dedicare a Ubitennis). Ma adesso torniamo a noi, a quello che facciamo in una classica settimana.
Il lunedì ci sono gli articoli sul ranking, di cui si occupano rispettivamente Roberto Ferri (ATP) e Claudio Gilardelli (WTA). Quando ci sono da dare i voti, il lunedì sera, compare il nostro Antonio Garofalo. Il martedì è dedicato alle statistiche e al tennis femminile: AGF, un esperto di WTA come fatichereste a trovarne anche fuori dai confini italiani, non salta un giro da mesi, forse anni. A Ferruccio Roberti, invece, piace giocare con i numeri e ogni martedì sceglie quelli più interessanti per raccontare la settimana appena conclusa.
Il mercoledì, quando suona il richiamo dei Balcani, l’esperto Ilvio Vidovich ci racconta una storia che si sia svolta ‘Nei dintorni di Djokovic‘. Il venerdì è da sempre letterario: se c’è un libro da recensire, Pier Paolo Zampieri (o qualcuno da lui indirizzato) se ne occupa il prima possibile. Sabato e domenica, di solito, è tempo di semifinali e finali e ci concentriamo su quello. Ma negli ultimi mesi, dacché s’è giocato pochino, Remo Borgatti ha colonizzato le domeniche con i suoi racconti sulla storia dei numeri uno del tennis maschile. Li trovate tutti qui, e la serie (che sta per concludersi) è appena ripartita. Qualcuno ci ha chiesto notizie di Luca Baldissera, il nostro mago della tecnica: tornerà, presto. Nel frattempo, di sua roba da leggere ne avete, eh.
Ultimamente abbiamo deciso che ci piacciono molto i numeri (cioè, ci piacevano già prima, ma ora l’abbiamo ammesso a noi stessi) e tutto ciò che vi ruota attorno. Praticamente in tutti gli sport sono un argomento di dibattito quotidiano, tra data scientist e analyst, e sembra che l’esempio di Craig O’Shannessy abbia avviato il processo anche nel tennis. Per noi se ne occupa soprattutto Federico Bertelli, che scrive articoli come questo. Ma il team si sta allargando e per questa off-season è prevista una serie di articoli che vi aiuti a capire perché i tennisti stanno iniziando a servirsi dei dati, cosa ci fanno e perché sono davvero importanti per vincere le partite.
Ah, quasi dimenticavamo. Ogni settimana aggiorniamo i calendari dei tornei, ATP e WTA, con i nomi dei vincitori. Ci trovate anche i tabelloni, per i tornei in corso e per quelli conclusi, e le entry list – per quelli che devono ancora iniziare.
FUORI DA UBITENNIS.COM
Ci sono tante cose, tra cui i social di Ubitennis. Siamo su Instagram, Facebook, Youtube, Twitter e anche su Linkedin. Tutti posti in cui ci potete vedere. Ma siamo anche in posti in cui potete sentirci, come Spotify. Ora vi spieghiamo tutto.
Instagram (fai clic per seguirci!)
Partiamo da qui perché, in questo momento, è l’angolo di cui siamo più fieri. Un giorno ci siamo resi conto che su Instagram non c’erano mica soltanto i ragazzini a divertirsi con stories e filtri, ma anche tanti adulti. Alcuni dei quali appassionati di tennis. Abbiamo scoperto che negli ultimi dodici mesi è più che quadruplicata la quota di italiani che addirittura su Instagram si informa (dal 4% siamo passati al 17%). Allora ci siamo detti: proviamo a capire come farlo anche noi.
Su Instagram ci sono giusto un paio di regole, però fondamentali: bisogna essere belli, utili e ogni tanto anche divertenti. In formato grafico e testuale, su questo social pubblichiamo notizie, stralci di interviste, statistiche (semplici ma anche più elaborate), classifiche, i video d’opinione del Direttore. Così chi ci segue sa sempre cosa sta succedendo nel tennis. Da poco siete diventati più di diecimila a seguirci, un’altra cosa che ci ha reso tanto tanto contenti.
La prima ad essere stata aperta, e dunque anche la nostra community social più numerosa. Su Facebook finiscono tutti i nostri articoli, alcune delle grafiche che prepariamo per Instagram e soprattutto – ma questo già lo sapete – ci sono Vanni e Luca, che ogni settimana vanno in diretta e parlano di un sacco di cose. Persino di tennis, pensate un po’. Quando si potrà andare di nuovo per tornei, torneranno in diretta anche dal posto. Per fortuna siete sempre in migliaia a seguirli, che siano a Indian Wells o divisi da uno schermo (e migliaia di chilometri, visto che uno vive in Canada e l’altro a Trieste).
Ci sono soprattutto le nostre video-interviste, spesso curate dal direttore Scanagatta. In italiano e in inglese, perché siam mica qui a pettinare le bambole. E sempre il direttore – ma non sarà un po’ vanitoso? – ci aiuta a popolare il nostro canale YouTube con i video di commento ai tornei più importanti, che quest’anno è stato costretto a registrare dal suo studiolo vista la quasi totale impossibilità di seguire i tornei sul posto.
Spotify, di giovedì (i podcast!)
Questa strada, che proprio in questi mesi abbiamo pensato di percorrere con più decisione, incontrerà il favore di chi è sempre indaffarato, chi ha sempre addosso un paio di cuffie – qualsiasi cosa stia facendo, lavorare al computer, jogging o ramazzare la cucina. I podcast sono articoli… chiacchierati, che potete ascoltare mentre fate dell’altro. Noi parliamo, voi continuate pure a tentare di battere il record sui cinque chilometri e nel frattempo vi cuccate qualche opinione sui temi d’attualità. Il progetto nato durante i mesi di ‘buio tennistico’ si chiama Ubi Radio e va in onda di giovedì: tutte le puntate finiscono su Spotify, dove improvvisamente i podcast sono diventati cool come le canzoni. Il finale di stagione parecchio concitato ci ha costretto ad accantonare cuffie e microfono, ma da giovedì 10 dicembre siamo ripartiti (e promettiamo di non fermarci più).
Warning, di venerdì (la newsletter)

Potevamo per caso lasciare le vostre caselle mail sprovviste della nostra ‘U col taglietto‘? Ovviamente no, così abbiamo approfittato dell’off-season per riprendere a scrivere la newsletter, che un paio d’anni fa vi avevamo già sottoposto. Come direbbero quelli bravi, abbiamo fatto un po’ di rebranding cambiandole il nome: questa si chiama ‘Warning‘, che assieme alla U di Ubitennis diventa ‘Warning U’. Accorrete numerosi, iscrivetevi, perché siamo già partiti con la newsletter #1: una mail alla settimana, ogni venerdì, con un po’ di rassegna (non solo nostra), qualche link e un po’ di considerazioni serie – per quanto si può essere seri col tennis. Dateci una chance, anche se l’invito può sembrarvi sfacciato.
ATP
L’anno del riscatto di Nico Jarry. Chi lo ferma ora?
Nel 2019 si era già affacciato tra i primi 40 giocatori del mondo. Poi la squalifica per doping e una lenta risalita fino alla svolta di quest’anno con il torneo di casa. Gli ottavi a Parigi (affronterà Ruud, battuto pochi giorni fa) non sono una sorpresa

Non sono pochi i nomi inattesi che hanno raggiunto gli ottavi di finale del tabellone maschile di questo strano Roland Garros 2023. Ofner è indubbiamente quello più sorprendente, seguito da Varillas, Etcheverry e in parte anche Nishioka, che comunque è accreditato della 27esima testa di serie. C’è poi Nico Jarry: unseeded sì, ma forse la sorpresa meno inaspettata di tutte. Si tratta infatti di uno dei giocatori più in forma del momento e, più in generale, di questa prima metà di stagione e siamo certi che i big abbiano tirato un bel sospiro di sollievo quando hanno visto il suo nome posizionato dal sorteggio ben lontano dal loro. Il cileno, però, pian piano si sta avvicinando a tutte le teste di serie più alte e, anzi, una l’ha già raggiunta: dopo aver superato Dellien, Paul e Giron, agli ottavi se la vedrà infatti con il numero 4 e finalista dello scorso anno Casper Ruud in un match dall’esito tutt’altro che scontato.
Nico viene infatti da sette vittorie consecutive e tra queste ce n’è una ottenuta proprio contro il norvegese. Nell’ultimo torneo prima di Parigi, a Ginevra, Jarry ha giocato un tennis di altissimo livello che gli ha permesso di battere per l’appunto Ruud ai quarti di finale (in tre set) e poi anche Zverev in semifinale e Dimitrov – un altro che sta attraversando un ottimo momento di forma – nell’atto conclusivo del 250 svizzero. Con questa cavalcata degna anche di un torneo di categoria superiore, Nicolas ha conquistato il secondo titolo della stagione: la stagione del suo riscatto. Nella prima classifica del 2023 Jarry era infatti in 152esima posizione, mentre ora è virtualmente tra i primi 30 del mondo.
IL BEST RANKING NEL 2019 – Già qualche anno fa, nel 2019, il giocatore di Santiago aveva iniziato a respirare l’aria dell’alta classifica: risultati come i quarti a Barcellona, la finale a Ginevra e il successo a Bastad lo avevano portato al numero 38 del ranking. Alto quasi 2 metri e dotato di un servizio molto pesante, si stava costruendo la fama di specialista della terra ad alta quota, dove l’aria è più rarefatta e la palla va quindi più veloce. Tra i suoi primi risultati più importanti, nel 2018, ci sono infatti le semifinali a San Paolo e Kitzbuhel: oltre 700 metri sul livello del mare in entrambi i casi.
LA SQUALIFICA PER DOPING – Negli ultimi tre anni, però, di Jarry ci eravamo sostanzialmente dimenticati. Il cileno era infatti letteralmente scomparso dai radar, nel senso che dall’ottobre del 2020 al febbraio 2021 il suo nome non figurava più nel ranking. Mentre tutto il circuito era fermo causa pandemia, Nico scontava infatti una squalifica per doping ed era quindi l’unico a perdere punti in classifica. Il nipote d’arte (suo nonno materno è quel Jaime Fillol ex numero 14 del mondo e in campo anche nella finale di Davis del ’76 vinta dall’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli), in realtà, aveva dimostrato la sua innocenza: gli integratori incriminati non erano vietati ma erano stati cross-contaminati alla fonte, cioè in fase di produzione in laboratorio. Nicolas ricevette comunque una squalifica di 11 mesi dall’ITF e decise di rinunciare al ricorso dal momento che, come detto, in quel periodo non si giocava alcun torneo.
LA RIPARTENZA – Ripartire da zero o quasi, però, non è stato affatto semplice: Jarry perse i primi tre match dopo lo stop, a novembre 2020, in un Challenger e in due Futures, cedendo anche a un diciottenne americano numero 980 del mondo. Solo a marzo della stagione successiva Nico ricominciò a ottenere qualche risultato. Lo fece sfruttando l’aria di casa a Santiago: prima onorò al massimo delle sue possibilità in quel momento la wild card concessagli nel torneo del circuito maggiore combattendo per quasi tre ore contro Tiafoe e poi tornò a vincere due partite di fila nel Challenger che si disputava sempre sui campi della sua città.
IL RITORNO AD ALTI LIVELLI – Da lì è iniziata una graduale risalita che ha avuto un’altra tappa fondamentale di nuovo a Santiago, pochi mesi fa. A dire il vero il 2023 di Jarry era già partito con il piede giusto: qualificazione al main draw dell’Australian Open e vittoria al primo turno su Kecmanovic e poi un ottimo percorso nel 500 di Rio de Janeiro interrotto solo da Alcaraz in semifinale (e per giunta dopo tre set). Nella città natìa, però, Nico ha dato la conferma di essere tornato quello del 2019, se non addirittura più forte. Dopo una serie di lotte su tre set ha infatti conquistato il titolo in assoluto più significativo per lui facendo impazzire i suoi connazionali e concittadini sugli spalti.
Nei tornei di Marrakech, Barcellona, Madrid e Roma ha poi attraversato un naturale calo fisiologico, ma a Ginevra il cileno ha ripreso il filo del discorso. Gli ottavi a Parigi, adesso, significano due cose: i geni di nonno Jaime, di cui Nico ha eguagliato il miglior risultato al Roland Garros, hanno funzionato bene e, soprattutto, non si può più dire che Jarry sia solo un giocatore da tornei in altura.
Flash
Roland Garros, Svitolina : “Sono davvero grata per la posizione che ha preso Kasatkina”
Sensazioni amare per Kasatkina che lascia Parigi con la delusione per i fischi: “Ho solo rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata”

Il potere delle rientranti. I quarti di finale del Roland Garros vedranno tra le contendenti al titolo due atlete al via con il ranking protetto, Anastasia Pavlyuchenkova ed Elina Svitolina. La tennista ucraina al rientro dalla maternità ha subito scaldato i motori, alternando tornei del circuito maggiore, al circuito ITF. Qualche match di rodaggio è stato sufficiente alla tennista ucraina, che prima ha conquistato il titolo a Strasburgo e ora si è lanciata ai quarti di finale dello Slam francese eliminando in due set la russa Kasatkina. Un torneo che Svitolina sta affrontando come una corsa a tappe: “Vivo il torneo partita per partita. Per me era importante ottenere la prima vittoria, poi ottenere la seconda. Ogni volta che scendo in campo, cerco di avere la migliore preparazione possibile e il giusto mindset. Poi basta solamente prendere una partita alla volta”.
Svitolina che sta raccogliendo il supporto del pubblico francese, orfano dei propri rappresentanti, eliminati precocemente sia nel tabellone maschile sia in quello femminile: “Non posso ancora rispondere alle domande in francese ma sin dalla prima partita giocata qui, le persone mi hanno incoraggiato e col passare del tempo sono diventati sempre di più. Era una cosa che non mi aspettavo. Già a Strasburgo ho potuto notare come il pubblico francese era dalla mia parte. Con Gael stiamo insieme da più di cinque, sposati da un paio. Sono solo grata che il pubblico sia lì per me, anche se in alcune partite ero sotto di un set, loro mi hanno incoraggiato dandomi la giusta spinta e la speranza per recuperare e vincere.”
Una prestazione al rientro che libera Svitolina da ogni pressione, nonostante sia stata un top 10 per diverso tempo: “Una delle cose che ho notato è che in questo momento non ho quella pressione che avevo prima. Ovviamente io personalmente mi metto sotto pressione perché voglio vincere uno slam. Questo è l’obiettivo finale per me, ma sicuramente non sento la pressione dall’esterno. Mi sento quasi come se avessi di nuovo 17 anni, una neo arrivata nel tour.”
Assenza per maternità che ha permesso a Svitolina di resettare la mente dalle pressioni di questo sport: “Essere un giocatore di tennis comporta molte. Hai questo bagaglio sempre con te, contenente la pressione dei media, la pressione dei tuoi connazionali, dei fan e anche dai social media. Ovviamente metti anche molta pressione su te stesso, e a volte puoi diventare troppo da sostenere. A volte giocare ogni singola settimana, stare come in una boccia per pesci tutto il tempo è molto stancante. Devi essere quasi sempre perfetto. Per me è stato positivo stare lontano dal tennis, staccare completamente. Godermi il mio tempo con la mia famiglia. Non parlare del prossimo torneo, del prossimo obiettivo, del prossimo avversario. La mia mente riposava, il mio corpo riposava. Poi, quando ho iniziato ad allenarmi a gennaio, ero estremamente motivata, come mai prima d’ora In questo periodo sto iniziando con l’esperienza che mi porto dietro e con la giusta freschezza.”
Quarto di finale che per Svitolina sarà contro la testa di serie numero 2, Aryna Sabalenka. Sfida che non cambierà nulla nella mente della tennista ucraina. “Ho giocato le ultime due partite contro tenniste russe quindi non cambierà nulla per me, sarà tutto uguale.”
Nessuna stretta di mano, ma è arrivato un cenno di intesa tra Svitolina e Kasatkina a fine match. La tennista ucraina in conferenza stampa ha speso belle parole per la tennista russa: “Sono davvero grata per la posizione che ha preso. È stata davvero una persona coraggiosa a dichiarare pubblicamente [di essere contraria alla guerra], cosa che non molti giocatori hanno fatto.”
Tennista russa che tuttavia lascia Parigi con l’amaro in bocca per la reazione del pubblico. In un tweet pubblicato Kasatkina ha manifestato la sua delusione per i fischi ricevuti. Di seguito la traduzione
“Lascio Parigi con una sensazione molto amara. In tutti questi giorni, dopo ogni partita che ho giocato, ho sempre apprezzato e ringraziato il pubblico per il supporto e per essere lì per i giocatori. Ma ieri sono stata fischiata solo per aver rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Io ed Elina abbiamo mostrato rispetto reciproco dopo una partita difficile, ma lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata di ieri. Siate persone migliori, amatevi. Non diffondete l’odio. Provate a rendere questo mondo migliore. Amerò il Roland Garros qualunque cosa accada, sempre e per sempre. Ci vediamo l’anno prossimo”
Editoriali del Direttore
Roland Garros: Sonego ha più fisico di Berrettini, Sinner e Musetti, ma deve lavorare sul…fisico! Musetti non deve più giocare da junior. Il “gap” con Alcaraz
Cosa manca ai nostri migliori tennisti. Non lamentiamoci per due azzurri in ottavi. Sonego vale più del suo ranking attuale. Musetti ha problemi di crescita. Le ultime due partite da soppesare nel contesto di tutto un torneo

Ci restano solo sparuti juniores. Gli altri, più che sparuti sono spariti. Nei tabelloni del grande tennis l’Italia, con le sconfitte degli ultimi due Lorenzo superstiti, non c’è più.
All’inizio del torneo pensavo – come quasi tutti, nessun pensiero particolarmente originale – che Jannik Sinner avesse più chances di chiunque dei nostri azzurri per arrivare alla seconda settimana, ma purtroppo Jannik, come già a Roma con Cerundolo (però avete visto Cerundolo?), ha sofferto con Altmaier l’eccesso di pressione che un po’ tutti, lui compreso, gli mettono addosso.
E’ ancora giovane, ha un tennis ancora incompleto, c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti limiti da limare. Nel fisico, nella tecnica, nella tattica, nel mentale quando l’appuntamento è importante. Aspetterei ad emettere sentenze negative e definitive. E’ un top-ten e alla sua età non lo avevamo mai avuto. Un top-ten destinato a durare. Top 5, top 3? Vedremo. Bando a sentenze affrettate.
Ci vuole più equilibrio di quello che di solito manifestano molti tifosi. Non intendo commettere lo stesso errore.
Il discorso vale anche per Musetti e Sonego. Anche nel loro caso ho riscontrato giudizi affrettati, in passato e oggi. Poco equilibrati.
Se dovessi basarmi soltanto sui match di ottavi di finale, i verdetti sarebbero chiari: Sonego, neo n.40 ATP, ha giocato alla pari con Khachanov (n.10 virtuale) finchè ha avuto le energie per farlo, mentre Musetti, neo best ranking a n.17 (virtuale…), non l’ha fatto con Carlitos Alcaraz, apparso superiore sotto tutti gli aspetti, tranne che per gli errori gratuiti che sono stati pari (23)…ma con la non trascurabile differenza che il murciano ha cercato molto di più il punto, in tutti i modi – dalle smorzate quasi sempre imprendibili, ai serve&volley perfetti sia come scelta di tempo che come esecuzione – e il diverso resonto statistico sui vincenti lo sottolinea chiaramente (42 contro 17).
Le due singole partite, di Sonego come di Musetti, andrebbero soppesate nel contesto di tutto il torneo. E anche della storia dei tennisti italiani al Roland Garros.
Vero che l’appetito vien mangiando, ma fino a qualche tempo avere due italiani in contemporanea piazzati agli ottavi di finale nel “campionato del mondo sulla terra battuta” sarebbe stato considerato un successo.
E le partite di ieri non devono far dimenticare quelle dei giorni precedenti.
Sonego aveva palesato una schiacciante superiorità tecnica nei confronti di due discreti giocatori, Shelton e Humbert (giocando in trasferta), e ha ribadito contro Khachanov l’ottima dimostrazione di tennis e di carattere mostrata con Rublev (peraltro già battuto a Roma tempo addietro; ergo non un caso).
Sulle qualità tennistiche di Sonego, più che su quelle guerriere (che furono anche esse messe in dubbio quando Lorenzo perse a Torino da Goyo in Davis, salvo riscattarsi abbondantemente a Malaga 2022 l’anno dopo) parecchi in questi anni hanno continuato a dubitare.
Non Gipo Arbino, il suo coach che lo conosce meglio di chiunque e, al di là dell’affetto paterno, conosce bene anche il tennis per potersi esprimere con cognizione di causa.
E’ certamente vero che Lorenzo ha ancora una fragilità: una sorta di vera necessità “psicologica” di trovarsi in mezzo a match da… corrida, un torneo e un campo importante, tanta gente, tanto tifo, per esaltarsi e dare il meglio di sé quando è carico al punto giusto. Ecco che in questi casi, più eccezionali che ordinari, lui allora riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione. Da top-10 e dintorni, più che da top-40. La fiducia di Gipo è quindi ben riposta.
Ha giocato una grandissima partita con Rublev e per tre set si è ripetuto con Khachanov, due top-ten che hanno giocato bene, molto bene. Entrambi. Lorenzo, che certamente aveva parlato con il suo allenatore, è stato molto lucido anche nella disamina post-sconfitta con il secondo russo, grande amico del primo.
Sonego ha fatto capire di aver accusato la stanchezza, la fatica della intensa maratona corsa due giorni prima con Rublev. Senza voler fare il …sapientone del “io sì che me ne sono accorto subito” mi era parso chiaro già a partire da metà terzo set contro Khachanov che Lorenzo era molto meno agile, meno scattante e di riflesso anche molto meno lucido.
I servizi slice esterni di Khachanov erano tremendi. Lo buttavano fuori dal campo (se e quando riusciva a rispondere) e venivano seguiti da terribili mazzate di dritto. Ma anche di rovescio Khachanov ha fatto grandi progressi. Del resto il russo è reduce da due semifinali consecutive negli ultimi due Slam. Quando “Polpo” Sonego doveva compiere i soliti recupero sul suo lato destro, quello del diritto che è abituato a lasciare un tantino più scoperto per poter girare attorno alla palla e colpire più dritti che rovesci dall’altro angolo, faticava più del solito, arrivava con maggior affanno del consueto, la spinta sul dritto era meno …spinta!
Non aveva recuperato lo sforzo. Ha quindi ragione Lorenzo quando dice che deve lavorare sul fisico, per potersi permettere in futuro anche due maratone in 48 ore. Djokovic e Nadal hanno vinto tutto quel che hanno vinto perché al di là del talento sono – erano? – due mostri anche atleticamente. Capaci di tenere la massima intensita come nella finale australiana del 2012 anche oltre le sei ore in un giorno solo. E Nadal nel 2009 – cito a memoria – vinse un Australian Open alla domenica recuperando lo sforzo di una maratona pazzesca in rimonta di poche ore prima con Verdasco. Quando qualunque altro tennista sarebbe stato moribondo.
Lo stesso Sonego riposato di venerdì contro Rublev avrebbe probabilmente vinto anche contro Khachanov, anche se questi sono discorsi teorici perché poi ogni partita fa storia a sé. Khachanov ha altre armi rispetto a Rublev – il servizio e la potenza devastante dei fondamentali soprattutto – anche se è meno agile. Resta tuttavia molto agile anche lui considerata la stazza.
Chiudo con Sonego per dire che la stanchezza si manifesta non solo nella minor rapidità e reattività, ma anche nella diversa lucidità. Avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set ha sbagliato un dritto per lui comodo proprio per mancanza di freschezza mentale. Fosse salito sul 5-0 non avrebbe quasi certamente perso quel tiebreak. Ma forse non avrebbe poi vinto ugualmente. A meno che Khachanov, più fresco, non si fosse innervosito. Aveva perso malamente il servizio sul 5-4.
Lorenzo era stanco, se non stravolto, perché le rincorse cui lo aveva costretto Khachanov con quel bombardamento da fondocampo avevano fiaccato perfino la sua non comune resistenza. Si portava dietro la lotta con Rublev. Poca lucidità ha mostrato anche in almeno 3 o 4 occasioni in cui poteva giocare il passante da situazione di gioco favorevoli e invece, dimentico del vento, ha cercato il lob passante ad effetto. Tutti sbagliati. Tutti abbastanza inutili.
Poi, per carità, Sonego può rimpiangere di non aver inferto il colpo del probabile k.o. già nel secondo set quando ha avuto 4 pallebreak per salire 3-1 – e nessuno può sapere come avrebbe reagito Khachanov trovandosi sotto 6-1,3-1 – mentre non può rimproverarsi nulla per il setpoint mancato nel tiebreak. Khachanov gli ha servito un missile a 199 km l’ora. Semmai quella steccata di rovescio quando era ancora avanti di un minibreak, sul 5-3. Ma, insomma, di punti su cui si può recriminare in un match di 3 ore e 3 quarti ce ne sono sempre a bizzeffe.
Lorenzo sistemi il fisico – e sì che lo ha già buono…, certo migliore di Berrettini, Sinner e Musetti tanto per esser chiari! Tuttavia non basta mai se si vuol fare strada negli Slam, quando almeno una o due partite durissime ci sono sempre – e si caverà belle soddisfazioni.
Passo all’altro Lorenzo.
E non dimentico, non sarebbe giusto farlo, quanto bene ha giocato tutte le sue altre partite, Ymer, Schevchenko, Norrie. Non solo tennis bellissimo a vedersi. Ma anche tennis efficacissimo. Puntuale. Ineccepibile sotto tutti i punti di vista.
Contro Alcaraz, invece, match da junior. Da dimenticare…senza dimenticare tuttavia anche che Alcaraz è Alcaraz. Una potenza impressionante e una flessibilità altrettanto impressionante nella capacità di alternare colpi terribilmente potenti a smorzate delicatissime. Come se invece di avere un solo braccio ne avesse due. Uno per tirare forte, un altro per accarezzare drop-shot irraggiungibili. Come pigiando un bottone. Sempre o quasi sorprendendo l’avversario. Qualsiasi avversario per quanto si è visto nelle giornate di vena. Ha battuto quattro volte su quattro Tsitsipas, mi aspetto che lo faccia per la quinta. Perché sul lato sinistro Tsitsi è troppo debole e quando colpisce i suoi topponi monomani di rovescio finisce col corpo all’indietro: una manna per chi sa giocare le smorzate con l’abilità di Carlitos.
Diversa storia potrebbe essere semmai fra Carlitos e Djokovic. Se Djokovic riuscisse a ripresentarsi in quei panni che per adesso non gli ho ancora visto reindossare.
Ma torno su Musetti. L’ho “bollato” poco sopra dicendo che ha giocato come uno junior. Sì, senza il giusto approccio mentale, senza la voglia di lottare come è invece indispensabile. Del resto lo ha ammesso lui stesso a fine match. Leggete le sue dichiarazioni.
Fin dall’inizio, quando ha cominciato con l’illusorio break, è sembrato troppo Narciso. Più intenzionato a cercare il colpo strappa-applausi, che la sostanza. Ogni volta che è stato scavalcato da un lob ha cercato impossibili tweener. Ogni volta! Senza mai l’umiltà di una difesa meno arrogante e pretenziosa.
Idem sulle rare smorzate sulle quali, partendo da così lontano, era riuscito ad arrivare. Ha sempre cercato di tirar fuori il coniglio dal cappello del mago prestigiatore.
Ingenuo. Presuntuoso. O più semplicemente – nell’occasione eh, non sto esprimendo giudizi assoluti sul personaggio Musetti, mi sto riferendo soltanto a questa singola partita e si sa che ogni partita fa storia a sé – giovane, giovanissimo.
Credo che imparerà la lezione. Il talento non si discute. Ma lui non ha bisogno di sottolinearlo a tutti i costi. Anche perché il costo alla fine si chiama sconfitta. E con Alcaraz si è trattato di sconfitta pesante. Non è mai stato in partita, non ha mai dato l’impressione di poterci entrare, di poterla rovesciare. Sembrava che ci fossero due categorie di differenza.
Ci sono? Può essere, oggi come oggi. Ma non è detto che ci saranno sempre. Perfino Alcaraz ha i suoi bassi, non solo alti. Lo abbiamo visto a Roma. Quando anziché a comandare tutto, gioco e punteggio, si trova . inopinatamente per lui e per gli altri – sotto, indietro, si innervosisce, si smarrisce, può commettere errori giovanili lui pure. In fondo i 23 errori gratuiti di domenica non sono pochissimi.
Carlitos è fortissimo, in tutti i sensi, anche tatticamente. Quando decide di venire avanti, seguendo il servizio oppure in controtempo, non sbaglia quasi mai il momento, il tempo, la scelta. Indubbiamente un fenomeno. Fa paura pensare che certamente migliorerà ancora. Ma migliorerà anche Musetti che, a suo modo, ha qualcosa di straordinario anche lui. E non solo la bellezza di certe sue invenzioni. Si assottiglierà o si approfondirà il gap fra i due? Nessuno può saperlo.
Ma se la vittoria di Amburgo non era da prendere per oro colato, perché Carlitos non era ancora quel che è oggi, anche questa batosta del Roland Garros non va presa per oro colato. Il gap c’è, indubbiamente, ma non credo sia così profondo come è sembrato nell’occasione. Ad Maiora.