Senza pubblico, meno soldi. Roma, si gioca dal 10 maggio (Cocchi). «I capelli come Borg, l'esempio di Sinner. Ma il rovescio retrò a una mano è solo mio» (Piccardi)

Rassegna stampa

Senza pubblico, meno soldi. Roma, si gioca dal 10 maggio (Cocchi). «I capelli come Borg, l’esempio di Sinner. Ma il rovescio retrò a una mano è solo mio» (Piccardi)

La rassegna stampa di mercoledì 6 gennaio 2021

Pubblicato

il

Senza pubblico, meno soldi. Roma, si gioca dal 10 maggio (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Sarà un anno di “ristrettezze”, per quanto ristretti possano essere i montepremi del tennis. La Atp ha reso noto il metodo secondo il quale verranno calcolati i premi in denaro per le diverse categorie dei tornei. Atp 250 e 500 avranno un trattamento diverso rispetto ai Masters 1000, che mantengono comunque cifre più alte. I primi non vedranno tagli in caso di pubblico presente al massimo della capacità, ci sarà invece una riduzione del 20% con il 50% di spettatori, e della metà in caso di tornei senza pubblico. I premi per i tornei da 1000 punti invece saranno decisi in base alla vendita dei biglietti. Quindi con l’85% dei tagliandi venduti rispetto all’edizione 2019, il montepremi sarà pieno, mentre è previsto che non si taglierà più del 60 per cento in caso di torneo a porte chiuse. Anche l’Australian Open, primo Slam della stagione, ha previsto una redistribuzione dei premi in denaro. I vincitori perderanno un terzo dei guadagni in favore degli eliminati nei primi turni. Ma il problema di Melbourne, a oggi, è un altro: il Westin Hotel, la struttura deputata a ospitare i tennisti dal 15 gennaio per osservare le due settimane di quarantena ha revocato la sua disponibilità e ora gli organizzatori si trovano a cercare una nuova bolla in meno di dieci giorni. Il circuito femminile intanto ha ufficializzato altre date del calendario, fino a Wimbledon. Il 1000 di Roma, dove giocano anche gli uomini, è in programma dal 10 maggio.

«I capelli come Borg, l’esempio di Sinner. Ma il rovescio retrò a una mano è solo mio» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Mai Lollo («È tremendo! Nessuno mi chiama così»), a volte Muso, più spesso Muse, Lorenzo Musetti è il futuro che atterra oggi a Doha, alfiere di una piccola pattuglia di italiani che tenta l’arrembaggio all’Australian Open passando dalle qualificazioni dislocate in Qatar, prima che un charter della Federtennis aussie trasporti i fortunati vincitori a Melbourne per la quarantena. Con Jannik Sinner campione in fieri, che l’Italia abbia pescato in una cava di marmo di Carrara questa pietra preziosa di 199 giorni più giovane dell’altoatesino, raro rovescio monomane e gesti bianchi d’altri tempi, è notizia che la dice lunga sull’abbondanza di tennis nostrano che converge verso le Atp Finals, accasate a Torino per cinque anni. Reduce da una stagione di prime volte, Musetti a 18 anni va di fretta. Lorenzo, a fare il marmista come papà Francesco ha mai pensato? «No. Mio padre me l’ha sempre detto: fare l’operaio non è un mestiere facile. Studiavo: mi piaceva, ero bravo. Avrei fatto l’Università. Ma il tennis mi è sempre riuscito facile, a un certo punto passare alla scuola privata è stata una necessità. Sono alla quinta del linguistico, a giugno ho la maturità».

Due sono le figure chiave nella sua formazione.

Il primo è nonno Renzo. Per anni, in pensione, mi ha fatto da tassista tra Carrara e La Spezia. Secondo lui non giocavo mai bene abbastanza. Mi arrabbiavo ma ora mi rendo conto che mi ha dato una motivazione in più per migliorarmi. E morto mentre ero a un torneo U12 in Francia: sulla tomba ha voluto un sigaro toscano, la sua passione. L’altro punto di riferimento è il mio coach Simone Tartarini. Ci siamo capiti da subito, c’è un rapporto stupendo. Lo dico: non vorrò mai altro coach all’infuori di Simone. E stato un babysitter in fase di crescita, un educatore, un secondo padre, un maestro. Mi sento in debito con lui.

Anche noi, se è a Tartarini che dobbiamo il suo tennis così meravigliosamente retrò.

Gioco il rovescio a una mano da quando avevo 9 anni: piaceva a mio padre e mi è venuto spontaneo. Simone, piuttosto, ha cercato di svecchiarmi: quando ci siamo incontrati facevo troppe azioni in back, troppe smorzate. Mi ha incanalato verso un tennis più moderno. Come dice lui: Lorenzo, prima viene la torta, poi la ciliegina.

Dice Sinner che Musetti ha più tennis di lui nel braccio.

Jannik è tre step davanti a me, lo ringrazio ma il più forte per ora è lui. Ad essere al centro dell’attenzione mi fa un grande favore: agli Internazionali ero più stanco per le interviste che per aver eliminato Wawrinka!

Però è vero che Musetti ha più frecce al suo arco, rispetto a Sinner.

Io ho così tante soluzioni che spesso vado in confusione e mi confondo… Jannik ne ha tre o quattro che fanno davvero molto male e non sbaglia mai. […]

Qual è l’obiettivo di quest’anno ancora pandemico?

Con Simone ragioniamo per mini-obiettivi di ranking ma alla fine quello che conterà è aver giocato il più possibile ad alto livello. Che significa vincere tante partite.

È superstizioso?

Un po’. Agli Internazionali aspettavo che si liberasse sempre la stessa doccia, i capelli li ho tagliati solo dopo il primo titolo, il challenger di Forlì a fine settembre. Ma adesso li faccio ricrescere: mi piacciono lunghi, alla Borg, magari con il codino.

L’emozione più intensa sperimentata fin qui?

Scaldare Federer all’Australian Open l’anno scorso. “Hi, I’m Roger”, mi fa entrando in campo. Ma va? Ho giocato a tennis perché da bambino lo vedevo alla tv vestito di bianco nel verde di Wimbledon…

Gliel’ha detto?

Nooooo, scherza? Ero troppo emozionato.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement