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Reading: Naomi Osaka: la regina del cemento
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Al femminileAustralian Open

Naomi Osaka: la regina del cemento

Con la vittoria all’Australian Open di Naomi Osaka, è emerso un verdetto chiaro: gli Slam sul duro hanno trovato la giocatrice da battere

Last updated: 25/02/2021 22:38
By AGF Published 23/02/2021
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25 Min Read
Naomi Osaka - Australian Open 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)


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Osaka contro Muguruza. Ne è uscita, a mio avviso, una grandissima partita, che i numeri da soli non fotografano sino in fondo. Perché se è vero che il saldo vincenti/errori non forzati di Osaka è stato positivo (+4, 40/36) quello di Muguruza è risultato negativo (-4, 24/28). Ricordo che nel tennis i punti non sono tutti uguali, e in questo match nei frangenti più importanti il livello di gioco si è regolarmente alzato, rendendo il confronto straordinariamente intenso.

In fondo si fronteggiavano due tenniste con alcune affinità sul piano mentale. Così come Osaka, infatti, anche Muguruza vanta un palmarès inusuale: dei sui 7 titoli complessivi, 2 sono Slam. Segno che quando sono davvero “sul pezzo”, sono giocatrici in grado di proporre tennis di qualità assoluta. Dopo l’ottimo Slam australiano dello scorso anno, quando era arrivata a un solo set dal vincere la finale, Garbiñe ha nuovamente dimostrato di cosa è capace, e probabilmente il fatto di scendere in campo non da favorita l’ha aiutata a esprimersi ancora meglio. Del resto per fare match pari contro l’Osaka delle scorse settimane era obbligatorio sfoderare grandi prestazioni.

Punteggio finale: 4-6, 6-4, 7-5 in 1 ora e 57 minuti. Per le sue possibilità, Muguruza è stata straordinaria al servizio; non solo per incisività (8 ace, solo 2 doppi falli), ma ancora di più per percentuale di prime: addirittura il 79%. Grazie a questa solidissima base è riuscita a costruire un impianto tattico nel quale ha riequilibrato il piccolo deficit sulla diagonale dei dritti (del tutto prevedibile) con la leggera prevalenza su quella dei rovesci.

Delle sette giocatrici incontrate da Naomi a Melbourne, Garbiñe è stata l’unica a dare l’impressione, almeno per alcuni tratti, di poter incidere in prima persona sul destino del match, al di là degli alti e bassi di Osaka. Nel terzo set, quando il confronto si è fatto più intenso, ha saputo approfittare dello scoramento che aveva colpito Naomi dopo un incredibile errore a un metro dalla rete (un dritto al rimbalzo, spedito fuori quando bastava appoggiarlo) per aumentare il proprio livello di aggressività, e staccarsi nel punteggio.

Verso il finale di match, la regia televisiva ha mostrato un dato significativo: nel terzo set oltre un quarto dei colpi di Muguruza erano stati effettuati con i piedi dentro la linea di fondo, a fronte dello zero di Osaka. È la famosa attitudine alla aggressività territoriale che contraddistingue Garbiñe e che, a dispetto delle apparenze, la rende una giocatrice speciale del panorama contemporaneo (ne avevo parlato qui: “Garbiñe Muguruza e la terra di nessuno“). Sempre in linea con questa spinta all’avanzamento, nel terzo set ha anche vinto 8 punti su 8 a rete. Eppure non è bastato.

Cosa ha permesso ad Osaka di avere la meglio? Sul piano tecnico Naomi è riuscita ad ovviare a una giornata in cui la prima di servizio entrava poco (solo il 41% nel terzo set), con una buona efficacia della seconda, e una notevole continuità in risposta. E poi, al dunque, ha saputo ricavare soluzioni efficaci da entrambi i colpi al rimbalzo, sfoderando rovesci lungolinea determinanti. Al contrario di Garbiñe, che nel finale di match ha lasciato riaffiorare l’aspetto erratico del dritto, punto debole dei suoi colpi al rimbalzo.

Senza entrare nel dettaglio del punteggio, la svolta definitiva del set finale è arrivata sul 3-5, 15-40: doppio match point Muguruza. Naomi ha annullato il primo grazie a un ace, e il secondo al termine di uno scambio pesantissimo concluso da un dritto lungo di Muguruza. Arrivata sull’orlo del precipizio, Osaka ha così alzato il proprio livello e ha definitivamente vinto il braccio di ferro, conquistando quattro game di fila. E 8 degli ultimi 10 punti, a sancire il successo dopo aver strappato il servizio due volte di fila alla avversaria.

Al termine del match la mia sensazione (sensazione, e come tale indimostrabile) è che Muguruza avesse giocato molto vicina ai suoi massimi, mentre Osaka era stata più lontana dal migliore rendimento. Ma la facilità con cui Naomi riesce a imprimere potenza e la capacità di giocare bene nei momenti decisivi, hanno fatto la differenza.

A proposito di questo match, in molti hanno parlato di finale anticipata. A torneo chiuso, credo proprio che sia la migliore definizione possibile per una partita nella quale entrambe le giocatrici hanno dimostrato perché nel loro curriculum si trovano vittorie Slam e il numero 1 del ranking.

Il primo set perso contro Muguruza è stato l’unico lasciato per strada da Osaka in tutto il torneo. Le avversarie dei turni successivi non sono davvero riuscite a dare la sensazione di poter vincere il match. Non Hsieh Su-Wei (6-2, 6-2), che pure nel passato vantava confronti molto tirati con Osaka. Ma in questo caso i suoi deliziosi “trucchi” non sono stati sufficienti a scardinare l’efficacia del tennis potente e lineare di Naomi. Pensando a questa partita, ma anche a quella contro Jabeur, mi è tornata in mente una scena tratta dal primo film della saga di Indiana Jones:

Perché, per quanto si possa essere dotati a maneggiare un’arma da taglio, contro qualcuno che dispone di un’arma da fuoco diventa molto complicato avere la meglio. O, se vogliamo rifarci alla storia militare, certi match ricordano gli ultimi assalti di cavalleria contro eserciti equipaggiati di artiglierie moderne: assalti quasi sempre destinati al massacro. Ma, sia chiaro, non è detto che non si possa apprezzare un certo tipo di tennis: perché anche se di rado riesce ad avere la meglio, rimane, almeno per me, straordinariamente divertente.

a pagina 3: Semifinale e finale contro Williams e Brady

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TAGGED:australian open 2021Garbine MuguruzaJennifer BradyNaomi OsakaSerena Williams
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