Berrettini: "Djokovic era probabilmente l'unico che poteva battermi"

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Berrettini: “Djokovic era probabilmente l’unico che poteva battermi”

Tanti riscontri positivi per Matteo, che sarà ricevuto dal presidente Mattarella, ma anche qualche rimpianto: “Cosa è mancato oggi? Entrare meglio nello scambio”

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Matteo Berrettini a Wimbledon 2021 (Credit: AELTC/Florian Eisele)
 

Arrivare ad un passo dal sogno, vederne la forma, toccarne la consistenza, sentirne l’odore. Poi, il brusco risveglio dalle sembianze aliene di un giocatore che sta scrivendo la storia del tennis e che non sembra avere intenzione di fermarsi. Sono durate un set le speranze di Matteo Berrettini di battere Novak Djokovic, che grazie alla vittoria di oggi si aggiudica lo Slam numero 20, il sesto titolo a Wimbledon e l’ottantacinquesimo in carriera. Il “not too bad” è quasi un riflesso condizionato.

Matteo Berrettini ha in ogni caso entusiasmato e stupito, regalando la magia del tennis al grande pubblico, oltre ogni elitarismo, portando la magia di Wimbledon ovunque ci fosse un televisore acceso in Italia per quella che comunque resta una domenica da ricordare per il tennis italiano.

La logica conseguenza di quanto visto sul campo sono le parole di Matteo in conferenza stampa a fine match: “Sono state due settimane sull’erba davvero speciali. Ho vinto il torneo del Queen’s contro ogni mia più rosea previsione. Poi ho raggiunto la finale di Wimbledon, un qualcosa che, come detto dopo la vittoria in semifinale, il solo sognare di arrivare fin qui sarebbe stato fin troppo”. Ma nonostante queste parole, più o meno di circostanza, il messaggio che arriva in tutta la sua forza è che sì, Matteo ci credeva e tanto: “Ovviamente adesso sono deluso e arrabbiato perché ho perso e perché sono convinto di non aver giocato il mio migliore tennis, anche perché dall’altra parte della rete c’era un giocatore come Novak; ecco perché è uno dei migliori di sempre. Cosa è mancato oggi? Entrare meglio nello scambio, soprattutto da fondocampo. Comunque per me sono state due settimane incredibili a che mi lasciano la consapevolezza che questo titolo lo posso vincere. Quello che farò nelle prossime settimane, mesi e anni mi è molto chiaro: lavorare per sollevare quel trofeo”.

Sono entrato in campo sapendo che le sue armi disinnescano le mie, non sempre succede che ci riesca non sempre succede in finale. Lui è l’unico giocatore che probabilmente poteva battermi, l’unico che poteva mettermi in difficoltà sull’erba, mi sentivo molto bene ed emotivamente non è facile da gestire. Su questo aspetto sono sicuro che l’esperienza mi aiuterà. Col mio team ci siamo detti che siamo sulla strada giusta e concordo su questo”.

Cosa resterà di questo Wimbledon nel cuore di Matteo? Anche qui tanto da dire, molto ancora da comprendere: “Le emozioni che ho provato in queste due settimane sono ancora dentro di me e sto ancora cercando di realizzare cosa è successo; tra tutte le emozioni provate il ruggito del pubblico è quello che più mi resterà dentro. Nello specifico alla fine del primo set, ho urlato tanto ma non mi sentivo, non mi sentiva nessuno. Ero sovrastato dalle voci del pubblico e se pensiamo a quello che abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo e come abbiamo giocato alla ripresa, questa è la cosa che più mi resterà dentro di queste due settimane. Sono comunque molto fiero di quello che ho fatto e di quello che stiamo facendo tutti noi per il tennis; l’essere ricevuto domani dal presidente Mattarella è motivo di grandissima soddisfazione. Soddisfazione che in primis però voglio condividere con chi ci è sempre stato, con la mia famiglia, i miei amici, con il mio team e con voi giornalisti che mi seguite da sempre”.

Uno sguardo, infine, alle imminenti Olimpiadi: “La medaglia? Vado a Tokyo perché credo di poterne vincere una, è di sicuro un obiettivo. La cosa più importante è guardare avanti, adesso ci saranno giorni impegnativi dal punto di vista burocratico, prenderò qualche giorno off per recuperare e poi partirò per il Giappone, sperando che questa che arriva sia la prima e ultima Olimpiade da vivere così”.

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