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Perché il pubblico deve stare in silenzio durante le partite di tennis?
Con gli appassionati che stanno tornando molto lentamente negli stadi, questo articolo di Atlas Obscura cerca di spiegare una delle convenzioni più consolidate del gioco

Ma la folla lì, come altrove, è un guazzabuglio. Eventi più piccoli, anche quelli che attirano regolarmente tutte le star più grandi, si svolgono in luoghi come il deserto di Indian Wells, in California, o Shanghai, o Monaco, o Cincinnati. Le folle sono spesso fatte di tifosi sfegatati che, ovviamente, conoscono la tradizione del rispetto tra gli spettatori. Se escludiamo i quattro tornei più importanti (Australian Open, French Open, Wimbledon e US Open), il tennis ha qualche problema ad attirare i tifosi occasionali, a causa di fenomeni come la mancanza di un calendario stagionale ben definito, il groviglio di tornei sparsi per il mondo, e la compresenza astrusa di varie organizzazioni professionistiche. E i biglietti per i tornei del Grande Slam sono estremamente costosi, il che li rende anche eventi sociali d’élite. “È stato uno sport di privilegio, quindi forse c’è più resistenza al cambiamento perché le persone che praticano il tennis e hanno in mente quell’associazione non vogliono perderla“, dice Spencer.
Tutto ciò contribuisce alla vera ragione per cui è nata la tradizione di fare silenzio alle partite di tennis, anche se mai esplicitamente, e perché rimane ancora oggi. Ci sono altre teorie, ma non sono del tutto convincenti. Una di queste è che il tennis richieda una concentrazione tale da rendere penalizzante qualsiasi distrazione. Sebbene la pallina nel tennis voli davvero più velocemente che in qualsiasi altro sport a parte forse il jai alai [sport tipico basco e catalano, ndr], questo ragionamento sembra più una scusa per giustificare l’eccezione tennistica. Il silenzio è, ovviamente, utile per la concentrazione, e lo sarebbe anche quando si affronta una palla veloce a cento miglia orarie nel baseball, quando si esegue un tiro libero fondamentale per l’esito di una partita di basket, quando bisogna farsi sentire nell’huddle di una partita NFL, o quando si tira un calcio di rigore. Ma i giocatori di quegli sport non hanno questo privilegio. Ignorare il rumore o, meglio ancora, sfruttarlo per caricarsi, è qualcosa che questi atleti devono imparare a fare. In certi tornei di tennis – la Davis, per esempio, o il World Team Tennis – c’è più rumore del pubblico, e i giocatori che sono cresciuti e si sono allenati con il silenzio lo trovano fastidioso, ma solo fino a quando non vi si abituano.
Un’altra teoria è che i giocatori abbiano bisogno del silenzio per sentire il suono che la palla fa quando esce dalle corde dell’avversario. La palla sta arrivando così velocemente – 230 all’ora, alle volte – che i giocatori hanno bisogno di tutte le informazioni che possono ottenere. È vero che la palla emette suoni diversi quando viene colpita con rotazioni o forza diverse, ma non è chiaro se tale informazione sia necessaria per il gioco ad alti livelli. Uno studio ha verificato se il grugnito (un aspetto spesso criticato, solitamente nel gioco femminile) influisca sugli avversari. Non è risultato affatto essere una distrazione. I giocatori spesso insistono sul fatto che il suono sia vitale per il loro gioco, ma non ci sono dati a conferma. Indipendentemente da ciò, come per la concentrazione, è sicuramente utile poter sentire il suono dei colpi, proprio come lo sarebbe in qualsiasi altro sport. Non è che altri atleti non apprezzerebbero il silenzio in alcuni casi, è che solo i tennisti effettivamente lo ottengono.
Un’altra spiegazione per la necessità di fare silenzio, e che l’autore di questo articolo apprezza (tenendo conto delle radici aristocratiche del gioco), è che il tennis come giocato oggi è uno sport insolito, un po’ pazzoide. I giocatori dei singolari (almeno nei tornei principali) sono completamente soli. Si presentano di fronte a un pubblico numeroso, da soli. Devono portarsi da soli l’attrezzatura, le bottigliette d’acqua piene di misteriosi liquidi colorati, le banane. Non sono autorizzati a comunicare in alcun modo con gli allenatori (sebbene sia generalmente riconosciuto che i suggerimenti illegali, come i segnali con le mani dagli spalti, siano comuni). In singolare, non ci sono compagni di squadra con cui parlare o su cui appoggiarsi. Le partite non sono a tempo, e in alcuni tornei possono teoricamente andare avanti per ore ed ore. E questi non sono dilettanti che giocano per divertimento e botti di vino, sono atleti di livello mondiale che hanno trascorso l’intera vita ad allenarsi mentalmente e fisicamente per bilanciare velocità e potenza, resistenza e precisione, istinto e pianificazione.

Tutto questo contribuisce a rendere il tennis uno sport psicologicamente distruttivo. “La buona notizia è che c’è spazio per concentrarsi. La cattiva notizia è che c’è spazio per concentrarsi “, afferma Drucker. I giocatori hanno visibili crolli, si colpiscono con le loro racchette, distruggono l’equipaggiamento, imprecano in monologhi sconnessi e autodiretti, o si lanciano in filippiche profondamente personali contro i giudici. Nessun altro sport presenta queste manifestazioni così regolarmente. L’esperienza visiva è tesa, a volte sgradevole, ed estremamente divertente.
Il silenzio, o almeno l’aspirazione al silenzio, contribuisce a questo, anche perché non è davvero possibile avere una quiete completa in uno stadio sold-out da 15.000 posti. Il fatto che il silenzio sia previsto e mai realmente raggiunto – basta ascoltare il numero di volte in cui il giudice di sedia chiede al pubblico di fare silenzio – è un altro modo per il giocatore di tennis di farsi condizionare psicologicamente. La minima distrazione – dallo spettatore in terza fila che va in bagno durante un punto, a qualcuno con un’epistassi che urla “COME ON!” durante un servizio, al flash inutile della fotocamera del cellulare – può innescare un crollo. È divertente e interessante, come aspettare un incidente d’auto durante un numero ad alto rischio.
[…] In Premier League, il rumore della folla allo stadio viene diffuso via altoparlanti, con un operatore del suono che essenzialmente preme i pulsanti in base all’azione sul campo. Il falso rumore della folla, secondo i giocatori della Bundesliga che ci hanno giocato, è strano, ma probabilmente meglio dell’eco del silenzio. Sicuramente, quando sono nel bel mezzo di una partita tutto svanisce e si sfuma comunque in un forte rumore bianco.
Fino al 2020, i giocatori di tennis non hanno mai ignorato o potuto ignorare il pubblico, né hanno mai lasciato che le loro sceneggiate passassero in secondo piano. Alcuni sono noti per tentare di portare il pubblico dalla loro parte, cosicché tifi per loro e contro gli avversari, per aumentare la propria energia, ma non durante i punti. Questo sarà un periodo strano per gli atleti professionisti, poiché le percezioni sensoriali nei loro luoghi di lavoro sono cambiate radicalmente. La suddetta stranezza sarà ancora diversa per i tennisti, un fatto che sembra adatto ad uno sport già di per sé tanto strano.
Traduzione a cura di Andrea Canella
Challenger
Al Challenger di Vicenza è stata la giornata di Luca Nardi
Il tennista azzurro vince una sfida drammatica contro Dalibor Svrcina davanti a un pubblico numerosissimo ed entusiasta.

La partita di Luca Nardi contro il ceco Dalibro Svrcina è stata una sorta di viaggio agli inferi con il tennista pesarese che ha avuto tutto il tempo di scavare dentro di sé alla ricerca dei propri fantasmi che poi è fortunatamente riuscito ad esorcizzare. Conoscete tutti il non ancora 20enne talento marchigiano, con la sua classe cristallina che si manifesta in una facilità di tocco che non ha eguali. La pallina esce dal suo piatto corde con una fluidità che spesso annichilisce l’avversario, purtroppo alternata a momenti di assenza che portano a svarioni inaspettati. E’ stata un po’ la storia del match di secondo turno contro Dalibor Svrcina, di un anno più grande di lui. Quanto a talento e facilità di tocco non è che il ragazzo ceco sia molto da meno, e anche quanto a distrazioni ha dato vita a una bella gara con l’azzurro. Se poi aggiungiamo che entrambi hanno avuto dei grossi problemi fisici con ripetuti interventi del fisioterapista (due volte per Nardi e una per Svrcina) avrete il quadro di come sia stata drammatica la partita che ha visto Nardi partire lento, perdere il primo set e manifestare fastidio alla coscia sinistra già abbondantemente fasciata. E anche la faccia tradiva un certo disagio, almeno fino a quando un ragazzo, che passava in motorino sulla strada adiacente, non urlava a squarciagola “Forza Nardi!!!”, strappandogli un sorriso. Poi, per quei capovolgimenti di fronte che solo il tennis sa offrire, cambiava improvvisamente lo scenario con l’italiano che cominciava a sbagliare molto meno, passando il testimone all’avversario. Il numerosissimo pubblico si rianimava e sospingeva Nardi a vincere un secondo combattutissimo set e un terzo in cui Svrcina aveva ormai alzato bandiera bianca. Così Nardi col punteggio di 3-6 7-6(5) 6-2 poteva alzare le braccia al cielo dopo quasi tre ore di lotta e consegnarsi ai selfie e alla firma degli autografi.
Nei quarti gli toccherà lo spagnolo Pabro Llamas Ruiz (n.22 ATP) che ha eliminato in rimonta uno Stefano Travaglia (4-6 6-1 6-2) troppo impegnato a lamentarsi delle condizioni del campo e a battibeccare con il giudice arbitro per concedere la necessaria concentrazione a un match che si stava complicando. Male anche Franco Agamenone che spreca molto contro l’argentino Roman Andres Burruchagae e finisce per arrendersi 7-6(3) 6-2. A fine partita Franco era piuttosto sconsolato e si lamentava della sua stagione che fin qui gli ha riservato ben poche soddisfazioni. E toccandosi la testa ci diceva che il problema era tutto lì dentro. Come per tutti gli atleti, del resto, sempre alla ricerca di quella convinzione di sé così difficile da trovare e tanto facile da perdere. Adesso si giocherà l’ultima fiche sulla terra del Challenger di Perugia e poi preparerà la stagione sull’erba. Oltre a cercare un nuovo mental coach dopo la separazione da Mirta Iglesias.
evidenza
Roland Garros Day 5 LIVE: Zeppieri apre sullo Chatrier contro Ruud, Sinner in campo contro Altmaier
Vivi con noi la quinta giornata da Parigi con cinque azzurri protagonisti.
Rune avanza senza giocare grazie al forfait di Monfils

12:50 – Rybakina batte Noskova 6-3 6-3 sul Suzanne Lenglen. Ora in campo Jannik Sinner contro Daniel Altmaier
11:30 – Il secondo Slam della stagione, come di consueto sulla terra di Parigi, è giunto alla quinta giornata per allineare il tabellone al terzo turno. Cinque i tennisti azzurri che scenderanno in campo oggi. Zeppieri, Sinner, Vavassori tra gli uomini. Cocciaretto e Paolini tra le donne
Flash
Roland Garros, Arnaldi analizza la sconfitta con Shapovalov: “Sono mancato nei momenti importanti”
“La partita è girata su pochi punti” dichiara Matteo Arnaldi. “Ma giocare contro ex top ten mi aiuta a crescere”

Matteo Arnaldi può reputarsi soddisfatto del suo Roland Garros. Intanto, perché ha portato a casa la prima vittoria in un Major in carriera, e poi perché ha strappato un set al n° 32 ATP Denis Shapovalov al secondo turno, in un incontro, poi perso in quattro parziali, che forse con un pizzico di esperienza e malizia in più avrebbe potuto allungare ulteriormente. Presentatosi alla stampa nel post-match, di seguito riportiamo le sue dichiarazioni.
D. Matteo, qual è stata la difficoltà maggiore?
MATTEO ARNALDI: “Mah, non saprei dirtelo in questo momento. Sicuramente non era una partita semplice. Lui è molto discontinuo perché alterna fasi in cui gioca molto bene ad altre in cui commette qualche errore, e per questo non mi ha dato continuità. Ha giocato meglio nei momenti importanti, mentre io in quei frangenti non sono riuscito a fare la differenza. Alla fine il match è girato su un break per ogni set. Io potevo prendere vantaggio nel terzo e quello poteva significare un risultato finale diverso, ma va detto che lì è stato bravo anche lui”.
D. Una curiosità. In questi giorni in cui ti stai allenando a Parigi e vedi altri giocatori nella loro quotidianità, c’è qualcosa che hai carpito da loro nella routine, nel modo di approcciare le partite? Qualcosa che ti possa essere utile per progredire.
MATTEO ARNALDI: “Sinceramente mi faccio un po’ gli affari miei (ride, ndr). Io e il mio team abbiamo le nostre idee. Certamente mi sto abituando a stare in questo ambiente, nel quale non sono solito trovarmi. Ma sinceramente faccio le mie cose come sempre”.
D. Senti, invece secondo te cosa è mancato per fare di più?
MATTEO ARNALDI: “Sono mancato nei momenti topici, semplicemente. È ciò che ha fatto pendere l’ago della bilancia in suo favore. In più, lui certamente ha fatto una buona partita, mentre io no. Se fossi riuscito a comportarmi meglio in qualche frangente, saremmo qui a parlare di un altro match e forse di un altro punteggio. Meriti suoi, senz’altro, ma anche qualche demerito mio”.
D. Abbiamo visto che, soprattutto nel terzo set, insistevi parecchio sul dritto di Shapovalov. L’avevate preparate così?
MATTEO ARNALDI: “Senza dubbio lui stava commettendo diversi gratuiti con il dritto. Per questo ho cercato di insistere un po’ di più da quel lato”.
D. Cosa ti porti via di buono da questo Roland Garros?
MATTEO ARNALDI: “Intanto la prima vittoria a livello Slam e tanta esperienza. Poi ho giocato i primi match tre su cinque, e questi sono i fattori più importanti. E mi ha fatto bene anche disputare partite contro tennisti di un certo valore, come Shapovalov stesso, ex n° 10 ATP. Ciò mi darà più consapevolezza per i prossimi match e tornei”.
D. VANNI GIBERTINI (Ubitennis) – Qual è il tuo rapporto con l’erba?
MATTEO ARNALDI: “Non l’ho mai vissuta tanto in realtà. Ci ho giocato quando ero Junior e l’anno scorso ho disputato una sola partita. Al momento non abbiamo programmato di giocare tanti tornei prima di Wimbledon, anche perché non so ancora se lì sarò direttamente in tabellone oppure no. Cercherò di racimolare ancora qualche punto in qualche Challenger in Italia, credo su terra, e poi si vedrà”.