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Numeri: lo Slam che manca a Sascha Zverev
Il giocatore tedesco è ormai da cinque anni in Top 10 con 3 Masters 1000, le Finals e le Olimpiadi in bacheca. Arriverà anche lo sfuggente primo titolo Major?

6- i Big titles – come in gergo tennistico viene chiamata la somma dei tornei vinti tra Slam, Masters 1000, Giochi Olimpici e ATP Finals – conquistati sinora da Alexander Zverev. Da quando nel maggio di quattro anni fa, da n.17 ATP e vincitore di tre tornei ATP 250 (San Pietroburgo, Montpellier, Monaco di Baviera) il tedesco metteva nella propria bacheca il primo Masters 1000 della sua carriera imponendosi al Foro Italico in finale su Novak Djokovic, il tennista nato ad Amburgo, pur non avendo vinto alcun torneo del Grande Slam, ha trovato una notevole continuità ad alti livelli.
Dopo quel primo Masters 1000 messo in bacheca, a seguito della finale persa nettamente con Federer ad Halle nel giugno 2017 Sascha è entrato, due mesi dopo aver compiuto i venti anni, per la prima volta nella top 10, nella quale permane da 192 settimane (103 delle quali in top 5). Un risultato reso possibile dalla una spiccata universalità del suo tennis (ha vinto tornei su tutte le superfici, ad eccezione dell’erba, dove ha però sconfitto Federer e raggiunto due finali ad Halle) e alla capacità di non partire battuto contro nessun avversario: nella top 10 attuale ha un bilancio negativo negli scontri diretti solo con Thiem (3 W-8 L), Tsitsipas (2-6) Nadal e Djokovic (contro entrambi ha vinto tre volte e ha perso in sei occasioni). Come permanenza consecutiva in top 10, tra i tennisti attualmente presenti Zverev è superato solo da Nadal (828 settimane), Thiem (entratovi nel maggio 2016) e Federer (tornato nel febbraio 2017 tra i primi 10). Persino Djokovic, rientrato nel luglio 2018 dopo aver vinto Wimbledon, gli sta dietro.
Quella che in questa sua prima parte di carriera è mancata a Zverev è stata la capacità di disimpegnarsi con successo sulla lunga distanza dei tre set su cinque, quella con cui si disputano i Major, i tornei che maggiormente contano nella carriera di un tennista. In tale categoria di eventi, Sascha ha raggiunto “appena” una finale (quella persa al fotofinish con Thiem agli US Open 2020) e due semi in ventiquattro partecipazioni: anche per il rendimento non eccellente nei Major Sasha non è mai riuscito ad andare oltre alla terza posizione del ranking ATP. Tuttavia il discorso sulla sua competività ad altissimi livelli cambia notevolmente se il suo rendimento viene valutato esclusivamente nei tornei che si giocano al meglio dei tre set.
Per approfondire questo concetto, abbiamo esaminato il rendimento degli otto tennisti capaci – da quegli Internazionali d’Italia 2017 sino ad oggi – di aggiudicarsi almeno un Masters 1000 e di arrivare quantomeno in finale in un altro. Abbiamo così escluso, perché autori di un grande exploit ma anche di risultati non comparabili agli otto colleghi da noi considerati, Dimitrov (vincitore a Cincinnati nel 2017), Sock (campione a Bercy nel 2017), Del Potro (Indian Wells 18), Khachanov (Bercy 18), Fognini (Monte Carlo 2019) e Hurkacz (Miami 2021).

Da questa tabella si osserva come Zverev, in questi ultimi cinquanta mesi da noi presi in considerazione abbia vinto tredici tornei, facendo peggio in tal senso solo di due mostri sacri come Djokovic e Nadal, vincitori rispettivamente di diciannove e sedici trofei. Se però restringiamo l’attenzione alle ATP Finals e ai Masters 1000 – oltre agli Slam, i soli tornei organizzati dalla ATP in cui è quasi sempre garantita la partecipazione dei primi 50 del mondo e nei quali per la conquista del titolo sono molte volte necessarie vittorie contro almeno un top 10 e un top 20 – la differenza tra Zverev e queste due leggende diminuisce notevolmente.
Considerando infatti tutti i trenta tornei della categoria Masters 1000 giocati dagli Internazionali d’Italia disputatisi quattro anni fa, le ultime quattro edizioni delle ATP Finals e i Giochi Olimpici da poco terminati a Tokyo, Alexander è a quota sei vittorie (corrispondenti ai successi ottenuti nel 2017 a Roma e Montreal, al bis centrato a Madrid tra il 2018 e lo scorso maggio, alle ATP Finals vinte meno di tre anni fa, e alla medaglia d’oro alle ultime Olimpiadi). Quota sei è lo stesso numero di tornei vinti da Djokovic (sei Masters 1000 conqistati, sparsi su tutte le condizioni di gioco) e Nadal (che a sua volta li divide tra gli ultimi suoi tre trionfi romani, i due ai Canadian Open e il sinora ultimo suo successo a Monte Carlo, ottenuto nell’aprile di tre anni fa).
Indubbiamente, il dato dei sei successi a pari merito rende meno ‘sorprendente’ la vittoria ai Giochi Olimpici di Zverev: con Nadal assente e Djokovic grande favorito, il tedesco aveva dimostrato di avere un curriculum e un’esperienza migliore ad alti livelli in un torneo del genere rispetto al più “anziano” Medvedev e al più giovane (di 15 mesi) Tsitsipas, che pure lo precedono attualmente in classifica.
Tuttavia, non si può nascondere che questo dato così favorevole al tedesco è anche condizionato dalla sempre decrescente importanza data negli ultimi anni da Djokovic e Nadal ai tornei diversi dalle prove dello Slam. Non va nemmeno sottovalutato un altro aspetto riportato dalla tabella che abbiamo preparato: tra i giocatori considerati nel nostro approfondimento, oltre a Isner (che al massimo è stato 8 ATP e quindi non può essere paragonato a chi ambisce ad arrivare ai vertici, come fa Zverev) solo Medvedev e Tsitsipas – venuti fuori ad alti livelli circa due anni fa e quindi con dati un pò falsati – hanno avuto in questi quattro anni un rendimento peggiore del tedesco nelle partite che regalano l’immortalità tennistica, quelle giocate al meglio del tre su cinque.
La netta differenza del rendimento di Sascha quando si disimpegna nella breve o nella lunga distanza diventa quasi clamorosa quando affronta colleghi nella top ten del ranking: apprendiamo dalla tabella che da maggio 2017 ha vinto 23 delle 43 sfide complessive (corrispondente a un 53% di successi, percentuale inferiore al rendimento dei soli Djokovic, Nadal e Medvedev) giocate due su tre, mentre ha perso tutte le otto sfide al meglio dei cinque.
Non può essere certo una ragione di scarsa tenuta fisica a spiegare le difficoltà di Zverev nei Major: Sasha ha ventiquattro anni ed è molto preparato dal punto di vista atletico. Molto più probabilmente il tedesco non riesce ancora a gestire la tensione maggiore che accompagna gli appuntamenti dello Slam: la stessa finale dello US Open 2020 persa dilapidando due set di vantaggio e la possibilità di andare a servire per la vittoria nel quinto set, lo fa pensare.
Ora è tanta la curiosità di capire se l’oro dei Giochi Olimpici e la relativa adrenalina e popolarità seguita in patria, superiore a quella conferita dalla vittoria delle stesse ATP Finals o dai Masters 1000 – sebbene questi ultimi mediamente abbiano un campo di partecipazione ben migliore di quello di Tokyo 2020 – saprà conferirgli quella dose di fiducia e serenità per rendere al meglio anche quando gioca sulla lunga distanza. Lo US Open di fine agosto è ormai vicinissimo e avremo la prima risposta in merito: non resta che aspettare.
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ITF W60 Brescia: vince l’ucraina Zavatska, male le italiane
Nella suggestiva cornice del Castello, nessuna azzurra è riuscita a raggiungere i quarti di finale. la numero uno del seeding Kudermetova eliminata dalla detentrice del titolo, Fita Boluda

Oltre Piazza Vittoria e Piazza Loggia, la piazza del potere, delle vestigia della Serenissima; oltre i porticati e i clamori del centro storico; oltre Brixia, oltre la leonessa d’Italia, oltre Brescia: v’è una strada, una ripida ma dolce strada, che sale, abbandonando i domini urbani. Per essa si incontra per prima la Chiesa di S.Faustino in riposo, che nella sua intima e tenera quiete pone un distinguo fra il sotto e il sopra della città; s’incontra poi S.Maria delle Consolazioni: la luce di maggio sorride alla Vergine e lo sguardo dell’idolo in penombra fa vacillare un poco molte certezze. Infine, il Castello. Posto per secoli a perpetua tutela della città, infine teatro della difesa asburgica, lì costretta ad arroccarsi durante le Dieci Giornate risorgimentali.
Oggi, simbolo di un’identità. Qui, trascorso il Monte Cidneo fino alla cima, il Circolo Forza e Costanza tiene, da quattordici anni, immerso nel glicine e nella terra rossa, e nel silenzio e nei pomeriggi di maggio, l’ITF W60 di Brescia, patrimonio cultural-sportivo, ed evento di grande valore e prestigio nel circuito femminile minore, ora che le “grandi” sono occupate a Parigi.
Anche quest’anno, il torneo si tiene dal 29 maggio al 4 giugno. Questo periodo ha sempre coinciso, negli anni passati, con la seconda settimana del Roland Garros, con la conseguente presenza di eliminate illustri del torneo parigino. Se scorriamo l’albo d’oro del torneo, infatti, troviamo nomi davvero altisonanti, per questa categoria: da Viktorija Golubic a Polona Hercog, passando per Kaia Kanepi a italiane come Jasmine Paolini, Karin Knapp e Martina Trevisan, quest’ultima soltanto finalista nell’edizione 2018.
Quest’anno tuttavia, a causa della riforma del calendario, il torneo coincide con la prima, e non più con la seconda settimana del grande slam parigino. “Ma noi abbiamo preferito conservare la collocazione del passato”, ha detto Alberto Paris, ex numero 207 ATP, oggi direttore del torneo. “La ragione è di carattere puramente organizzativo: se il torneo si fosse giocato dal 5 all’11 giugno, sarebbe terminato nel primo week-end della 1000 Miglia, una concomitanza che ci avrebbe creato problemi non indifferenti a livello logistico e in termini di prenotazioni alberghiere. Per questo, abbiamo preferito rimanere nella settimana tradizionale, a cavallo fra maggio e giugno.”
Ma non c’è solo tennis a Brescia: varcando i cancelli del circolo, sul cartellone all’entrata campeggia la scritta: “il primo torneo di tennis a zero impatto CO2”. Attraverso la collaborazione con la società specializzata Up Green, infatti, le emissioni di CO2 prodotte dalla terra rossa e dalle palline sono state opportunamente compensate. “Nel nostro piccolo – dice sempre Paris- abbiamo voluto dare un forte segnale dal punto di vista ambientale: il nostro torneo fa da apripista a un’iniziativa molto importante, dimostrando che chiunque può fare qualcosa per la tutela del pianeta”
Da martedì a domenica, le trentadue giocatrici che hanno avuto accesso al main draw si sono date battaglia, a partire dalla numero uno del seeding, la numero 142 Polina Kudermetova, sorella minore della numero tredici Veronika. Di queste, ai nastri di partenza ben otto venivano dall’est Europa: tre russe (compresa la sopra citata Kudermetova) non hanno fatto molta strada; e poi un’estone, una bielorussa e un’ucraina. Queste ultime sono state protagoniste della finale di domenica, vinta dalla ucraina numero 218 Katarina Zavatska sulla 263 del mondo Yuliya Hatouka. Per tutta la durata del torneo, la bielorussa era parsa la più solida, la più pericolosa, anche in virtù della sua prestanza fisica che ricordava quella della più nota connazionale Sabalenka. Eppure, di fronte a Zavatska, maglietta gialla e gonna azzurrina (chiari richiami alla bandiera del suo paese, tremendamente invaso; e, forse, la bielorussa Hatouka si è sentita un po’ in soggezione, un po’ colpevole di colpe non sue) nulla hanno: si è completamente sciolta, finendo per cedere 4-6 2-6.
9.142 dollari e 80 punti, dunque, all’ucraina, che aggiunge il suo nome, in Castello, ad uno degli eventi tennistici femminili più importanti d’Italia: come Roma, come Palermo, anche Brescia si scopre, ancora una volta, teatro tennistico affascinante e suggestivo, in questi ultimi pomeriggi di primavera.
E le italiane? Erano tutte qualificate (Chiesa, Zantedeschi, Pieri) oppure in tabellone grazie a wild card (Rocchetti, Ruggeri, Pedone, Ceschi). Nessuna, insomma, aveva grandi chance di vittoria. Eppure la prestazione azzurra è stata decisamente deludente: soltanto Pedone e Pieri sono riuscite a vincere una partita, per poi venire entrambe nettamente sconfitte rispettivamente dalla testa di serie numero 6, la giapponese Hontama, e dalla campionessa Zavatska.
Zavatska succede così nell’albo d’oro alla spagnola Angela Fita Boluda, che pure si è fatta valere in questa edizione, finendo per cedere alla stessa Hatouka solo in semifinale, dopo aver eliminato Kudermetova. La spagnola, tutta dritto mancino arrotato e grinta (sì, molto Nadaliana) aveva poi eliminato anche Ann Li oggi 190, ma con un recente passato da numero 44 del mondo (nel 2021 ha vinto il 250 di Tenerife).
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Roland Garros: Tsitsipas non fa sconti a Ofner. Raggiunge Alcaraz ai quarti
Finisce la favola del qualificato austriaco Sebastian Ofner. Il greco rispetta il pronostico e si prepara ad affrontare il numero 1 Carlos Alcaraz

[5] S. Tsitsipas b. [Q] S. Ofner 7-5 6-3 6-0
Il match conclusivo sul Court Suzanne Lenglen, nonché del programma maschile, vedeva affrontarsi il numero 5 Stefanos Tsitsipas contro il numero 118 Sebastian Ofner. Il match ha regalato parecchi punti spettacolari, sia nella parte iniziale quando l’austriaco è sceso in campo senza troppe pressioni riuscendo a fare gioco pari con Tsitsipas, sia quando, dopo aver incamerato il primo set a fatica (7-5 recuperando un break e sventando la minaccia tiebreak), il greco ha potuto contare su una maggior fiducia che si andava ad unire ad un atteggiamento sempre più rilassato da parte di Ofner, consapevole della sconfitta ormai inevitabile.
Per la terza volta su sette partecipazioni al Roland Garros Tsitsipas raggiunge i quarti di finale (obiettivo che ancora gli manca sia a Wimbledon che allo US Open, mentre a Melbourne sono ben quattro le occasioni in cui ha raggiunte, e superato, i quarti). Adesso per lui ci arà la sfida più attesa da quando è stato sorteggiato il tabellone: affrontare il numero 1 del mondo Carlos Alcaraz, dal quale ha perso tutti e quattro i precedenti. Partendo dalle qualificazioni invece, il torneo dell’austriaco Ofner si può considerare un grande successo: ha portato a casa sei incontri perdendo cinque set (due dei quali contro Fognini) e, a 27 anni, lunedì prossimo potrà festeggiare l’ingresso tra i primi 100 del mondo per la prima volta in carriera
IL MATCH – All’inizio del set si complicano un po’ le cose per Tsitsipas che si trova coinvolto in una vera e propria lotta fisica contro l’austriaco fatta a colpi di racchetta. Il match prende i binari di un classico da terra battuta, con il copione che prevede scambi duri da fondo risolti con colpi a tutto braccio. La testa di serie numero 5 rimonta da uno svantaggio 3-1, e pian piano fa breccia nella difesa di Ofner; l’austriaco prima rischia di cedere sul 5-4, e poi ad un passo da tiebreak arriva il passo falso che gli costa il primo set per 7-5.
Di fatti il match termina lì perché nella successiva ora di gioco, Ofner riuscirà a portare a casa solamente tre game contro i dodici di Tsitispas che gli permetteranno di chiudere col punteggio di 7-5 6-3 6-0.
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Musetti dopo la batosta con Alcaraz: “La cosa più difficile è lottare, oggi ho scelto la via comoda: lasciarsi andare”
“Ho fatto tutto quello che non dovevo fare” così Lorenzo Musetti, eliminato al Roland Garros dal n.1. “Lui è stato più grintoso, non c’è da stupirsi del suo gioco”

Risultato decisamente netto quello con cui il numero 1 del mondo Carlos Alcaraz ha raggiunto i quarti di finale del Roland Garros, estromettendo Lorenzo Musetti, battuto 6-3 6-2 6-2. Di seguito le risposte date in italiano dal 21enne Musetti:
D: Quando la situazione sembrava un po’ compromessa ti abbiamo visto tirare delle manate. È forse un rimpianto di qualcosa che non hai fatto all’inizio?
Lorenzo Musetti: Sicuramente potevo fare molte altre cose rispetto a quelle che ho fatto, ho fatto forse tutto quello che non dovevo fare (sorride). Ci eravamo prefissi di avanzare sul suo rovescio o comunque imporre un gioco su qeul’angolo dove fa meno male. Col dritto muove molto bene la palla, spesso viene a rete e si avvicina molto. Credo che i piani di gioco erano simili per tutti e due, il primo che riusciva a prendere il controllo con il dritto provava ad imporre il gioco per vincere il punto. Io oggi non mi sono espresso come avrei voluto. Non credo si tratti di emozione, ma più che altro devo avere consapevolezza di me stesso e del livello che ho; non devo fare confusione quando sono di fretta. A volte mi faccio prendere troppo da chi c’è dall’altra parte. Ci sto lavorando e speriamo che già dai prossimi tornei questa sconfitta mi sia da lezione.
D: Comunque in passato hai battuo anche Djokovic quindi si possono ripartire da queste belle sensazioni per andare avanti.
Lorenzo Musetti: Non serve ripartire dal passato perché è una cosa poco realistica. Una cosa che mi serve è proprio vedere, analizzare questo match giocata in maniera sbagliata sin dall’inizio e vedere cosa avrei dovuto fare, sicurmente anche nei match precedenti, per valutare cos’è il mio gioco e cosa sarà in futuro. Partendo da questo torneo, i match con Shevchenko e Norrie sono state giocate da manuale quindi andranno osservate anche queste che rappresentano un cambio di marcia, senza ombra di dubbio.
D: Sei stato sorpreso da certe giocate di Alcaraz? Discese a rete, palle corte ecc
Lorenzo Musetti: Sicuramente certi numeri, certi gesti atletici altri giocatori non li fanno, però ecco sei numero 1 al mondo, il più giovane della storia del tennis, un significato ce l’abbia. C’è poco da sorprendersi. Ovvio che in campo, soprattutto per la situazione di svantaggio si tende a meravigliarsi un po’. Più che altro mi sono sorpreso in maniera negativa di quello che facevo io, troppe volte uscivo dallo scambio, magari con una palla corta che non c’entrava nulla, servito sempre male, di fretta, non mi sono mai caricato. Un atteggiamento non positivo che reputo influente sul mio gioco. Ovvio che se al numero 1 al mondo gli lascia anche questo, dà il megio di sé come ha fatto vedere. Su qualsiasi superficie sta imponendo il suo gioco su chiunque.
D: Da una partita di questo tipo cosa ti resta per capire cosa fare per raggiungere quel livello?
Lorenzo Musetti: Questa partita mi serve non dico come bagno di umiltà perché non ho avuto la sfacciataggine di dichiarare qualsiasi che non fosse vera. Oggi mi sento solo di accettare che lui ha giocato meglio, è entrato più grintoso, con più voglia di vincere e mi ha battuto tre set a zero. La cosa più difficile credo sia proprio lottare, io oggi ho scelto la via più comoda che è quella di lasciarsi andare, arrendersi un po’; la prossima volta sceglierò di lottare. Ma proprio da queste partite imparo a scegliere la via più dura che darà i suoi frutti.