Un paio di ottavi e mezzo: questo è quanto ha delineato la prima parte del programma femminile di venerdì allo US Open, che si è conclusa attorno alla mezzanotte italiana. Hanno vinto in tre set e avanzato una discreta candidatura per arrivare in fondo Halep, Muguruza e Kerber, tutte e tre chiamate a impegni per nulla banali.
È stato un match dall’andamento ondivago quello che Simona Halep ha vinto su una Elena Rybakina capace di reagire a una prima partita persa nonostante il 5-3 e quattro set point complessivi, ma anche condizionata da un problema al piede nel terzo parziale. 7-6(11) 4-6 6-3 per Halep, apparsa del tutto recuperata dal punto di vista fisico e sempre più in fiducia, nonostante qualche breve pausa in cui ha concesso errori che non appartengono ai suoi momenti migliori.
Inizialmente imperfetta, Halep è finita sotto 3-0, ha recuperato e poi ha mandato l’avversaria a servire per il parziale – salvo poi annullare il set point con una risposta profonda che ha costretto Rybakina all’errore. Poi è stata lei a portarsi in vantaggio, senza riuscire a chiudere il set col servizio. In un tie-break godibilissimo, Elena ha annullato sei set point (quattro consecutivi), ne ha mancati tre e si è arresa con il doppio fallo al 24° punto. Il tentativo di allungare gli scambi limitando gli errori è riuscito solo a tratti alla rumena, capace di 16 errori, ma Rybakina ha finito per far peggio (ben 24 errori a fronte di 13 vincenti).
Elena non si è però disunita ed è ripartita a razzo, mentre Simona ha tirato il fiato ed è finita sotto 3-0 (pesante). Qui c’è stata un’altra rimonta, completata dopo l’intervento del fisio per fasciare il piede sinistro della ventiduenne nata a Mosca – MTO durante il quale Halep ne ha approfittato per farsi trattare la spalla destra, già fonte di guai lo scorso marzo.
In un replica del primo parziale, un brutto game rumeno ha mandato avanti Rybakina che questa volta è stata perentoria con il servizio e ha pareggiato il conto dei set. Dopo un break di vantaggio illusorio subito smarrito, il problema al piede e certo un po’ di stanchezza si sono fatti sentire e Rybakina ha faticato sempre più a tenere il campo – mentre l’atteggiamento di Halep passava dal “non ce la posso fare” al “sono ancora qui” Logico epilogo il 6-3 del set decisivo. Con tutt’altro spirito rispetto a quello dubbioso con cui ha probabilmente iniziato il torneo, agli ottavi Halep non giocherà da sfavorita contro Svitolina o Kasatkina. Se vi serve una prova del rinnovato vigore di Halep (e della disattenzione del cameramen sul primo recupero della rumena), ecco uno dei punti più spettacolari del duello.
Con gradi di fatica decisamente differenti – altini quelli della spagnola, quasi nulli per la ceca – Muguruza e Krejcikova sono riuscite a fissare il terzo appuntamento stagionale, dopo la vittoria di Muguruza in finale a Dubai e quella di Krejcikova agli ottavi di Cincinnati, mezzo mese fa. La campionessa in carica del Roland Garros ha approfittato di una Rakhimova (lucky loser) molto fallosa e ha perso solo sei game, e mai il servizio, mentre Muguruza è riuscita a estromettere la finalista in carica Vika Azarenka solo sulla lunga distanza.
Col senno di poi, ad Azarenka vanno fatti i complimenti per aver tenuto in piedi una partita che sembrava ben indirizzata dopo il primo set vinto (6-4) dalla spagnola, superiore un po’ in tutti i settori del gioco dopo un avvio incerto durato appena un paio di game. Si è ricordata di essere ancora una delle migliori ribattitrici del mondo e ha tolto il servizio alla sua avversaria per tre volte di fila, vincendo logicamente il set (6-3). Le energie profuse per vincerlo, ben canalizzate nell’avanzamento del baricentro soprattutto in risposta, non sono però state riproposte nel set decisivo nel quale invece Azarenka è apparsa più nervosa che concentrata. Quando servi peggio dell’avversaria, leggi meno bene il servizio e tiri anche meno forte (e preciso), non puoi che rassegnarti alla sconfitta. Megli per il torneo: Muguruza ha dato la sensazione di poter essere una contender più credibile.
E se parliamo di contender credibili per la vittoria finale, c’è sicuramente da fare il nome di Angelique Kerber, lei che non si è mai fermata prima della semifinale negli ultimi tre tornei disputati (Bad Homburg, Wimbledon e Cincinnati) e che in questo lasso di tempo è stata sconfitta solo da Ash Barty. Messa decisamente alle strette da Sloane Stephens nel primo set – quasi al punto di trovarsi dominata, a dire il vero – ha reso evidente la differenza tra una giocatrice a cui riesce tutto molto facile, tranne rimanere concentrata fino alla fine (Stephens) e una che quanto a talento nel colpire ha ricevuto in dote qualche grammo in meno, ma che la voglia di lottare non l’ha mai smarrita neanche nelle annate peggiori.
Kerber è rimasta lì e non era facile, perché pur giocando per nulla male ha perso un primo set che avrebbe dovuto perdere ancora prima se Stephens, dopo aver giocato un tennis di cristallina bellezza per mezz’ora, non fosse incappata in un doppio fallo. Poi Kerber ha approfittato del calo che ormai tutti ci attendiamo dall’ex vincitrice di questo torneo (correva l’anno 2017) quando la vediamo giocar bene per più di qualche game di fila e ha serrato i ranghi, difendendo con profitto il servizio nei due set conclusivi. Sempre più padrona del campo e capace di anticipare quelle traiettorie strette che le erano state fatali nel primo set, la tedesca ha completato la rimonta con un 6-2 6-3 che lancia anche un messaggio alle sue prossime avversarie: di qui non sarà facile passare.
Ha contribuito Michelangelo Sottili