Djokovic cacciato dall'Australia. Cancellato il visto, la bolgia continua

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Djokovic cacciato dall’Australia. Cancellato il visto, la bolgia continua

Segregato per una notte in aeroporto, Novak Djokovic costretto a tornare a casa entro 14 ore. Gli avvocati promettono battaglia.

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Il N.1 del mondo Novak Djokovic, che aveva ricevuto nella giornata di martedì un’esenzione medica per giocare l’Australian Open 2022, è stato respinto all’aeroporto di Melbourne per un’irregolarità del visto di ingresso e dunque sarà costretto a tornare a casa con il primo volo disponibile.

Il serbo è stato bloccato all’aeroporto per tutta la notte australiana dalla polizia di frontiera ed è infine stato rispedito indietro quando nello stato di Victoria è già la mattina di giovedì 6 dopo quasi otto ore di discussioni. Con lui era presente anche il suo coach Goran Ivanisevic.

Gli avvocati di Djokovic hanno intenzione di contestare la decisione presa dalle autorità locali, secondo quanto riportato ai giornali australiani The Age e Sydney Morning Herald.

Si può davvero definire incredibile la vicenda che ha visto protagonista il n.1 del mondo Novak Djokovic e il suo tentativo di arrivare a Melbourne dopo aver ottenuto una controversa esenzione dalla necessità di essere vaccinato.

Il campione serbo è stato tenuto per diverse ore in una stanza dell’aeroporto Tullamarine di Melbourne al suo arrivo da Dubai con un volo di linea nella serata di mercoledì (ora australiana) sembra perchè il visto che il suo staff aveva richiesto per lui non consentiva l’esenzione dal vaccino per motivi medici.

In un ambiente già incandescente a causa delle fortissime reazioni dell’opinione pubblica australiana per lo “strappo alla regola” consentito a Djokovic, questa faccenda ha assunto subito i contorni di uno scontro politico ai massimi livelli, nel quale sono stati coinvolti immediatamente il governo laburista dello Stato di Victoria e quello liberale dell’amministrazione federale di Canberra, che si è imposto poichè competente per la salvaguardia dei confini: “Il visto di mister Djokovic è stato cancellato – ha twittato irremovibile il primo ministro federale, Scott Morrison -. Le regole sono regole, specialmente quando si tratta dei nostri confini. Nessuno è al di sopra di queste regole. La nostra rigida politica è stata decisiva per permettere all’Australia di avere uno dei più bassi tassi di mortalità al mondo per Covid. Continueremo a vigilare”.

Nelle ore precedenti erano scesi in campo anche il padre di Novak, Srdjan Djokovic, che dalla Serbia ha fatto sapere di “essere pronto a scendere in strada” se il figlio non fosse rilasciato dalla “prigionia” nella quale era costretto all’aeroporto di Melbourne. Addirittura si è scomodato il presidente serbo Aleksandar Vucic, che ha telefonato personalmente a Djokovic dicendogli che “la Serbia è con lui” e che stava facendo tutto il possibile perchè “il miglior tennista del pianeta cessi immediatamente di essere molestato in questa maniera“. “La Serbia combatterà per Novak Djokovic, la giustizia e la verità” ha poi continuato il presidente.

Tuttavia l’operazione diplomatica della Serbia, che ha mandato pure una lettera formale all’ambasciata australiana a Belgrado per chiedere di sbloccare la situazione, non ha sortito gli effetti sperati: Novak Djokovic si è visto respingere la propria richiesta di ingresso in Australia e verrà deportato dal Paese con il primo volo disponibile, molto probabilmente il volo Emirates per Dubai in partenza da Melbourne giovedì sera alle 22.30 (le 12.30 in Italia).

Gli avvocati del n. 1 del mondo hanno inoltrato immediatamente un appello formale contro la decisione dell’Australian Border Force (ABF), e quindi la faccenda sicuramente non si concluderà qui. Ora diventa basilare capire su quale basi si fonda l’appello di Djokovic e per quale motivo la sua domanda di ingresso in Australia è stata rifiutata.

Secondo quanto trapelato nel corso della giornata, sembrava si fosse trattato di un errore amministativo: il tipo di visto richiesto da Djokovic non sarebbe tra quelli che permette l’esenzione dal vaccino per motivi medici, quindi tutti i richiedenti devono presentare prova di vaccinazione per poterlo ottenere. Se ciò fosse vero, si potrebbe ipotizzare che la ABF avesse consentito a Djokovic di ritirare la domanda, lasciare il Paese e poi rifare la procedura nella maniera corretta richiedendo il visto corretto nel suo caso.

Se ciò non dovesse essere accaduto, e la domanda di Djokovic non fosse stata ritirata ma fosse stata respinta, l’azione potrebbe anche essere accompagnata da un ordine di esclusione che impedirebbe a Djokovic di mettere piede in Australia per un certo periodo di tempo, sostanzialmente impedendogli di difendere il titolo al prossimo Australian Open al via tra 12 giorni. Il fatto che siano stati coinvolti gli avvocati e che sia stata inoltrata istanza d’appello contro la deportazione (se questa è stata la decisione) sembra far pensare che per vedere scendere in campo il 20 volte campione di Slam serbo sia necessario un rovesciamento della decisione presa.

Sarà interessante capire quali sono state le ragioni che hanno spinto la AFB a prendere questo provvedimento nei confronti di Djokovic, ovvero se si sia trattato davvero di una questione amministrativa, oppure se sono state riscontrate irregolarità di altro tipo nella sua documentazione, e se questo abbia a che fare con le motivazioni addotte per ottenere la dispensa dal vaccino, motivazioni che sono state considerate sufficienti da due panel nello Stato di Victoria, ma che potrebbero essere state valutate insufficienti dalle autorità federali.

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