Dopo l’increscioso episodio che ha visto protagonista Alexander Zverev al torneo di Acapulco e la pena comminata al campione tedesco dall’ATP, giudicata da molti troppo morbida, un altro episodio che farà discutere è arrivato a turbare le prime giornate del Miami Open in corso di svolgimento sui campi dell’Hard Rock Stadium di Miami Gardens.
Nel corso del match di primo turno tra il giovane americano Jenson Brooksby e l’argentino Federico Coria, Brooksby ha ricevuto due penalità per condotta antisportiva che sono risultate nella perdita di un punto, ma la gravità degli episodi mostrati dalle telecamere sembrano suggerire che sarebbe stata più appropriata una pena molto più severa.
Nel corso del primo set, Brooksby era in svantaggio per 3-5 e stava affrontando un set point sul 30-40. Dopo aver messo in rete la volée che ha consegnato il parziale a Coria, Brooksby ha raccolto la palla che stava tornando indietro dalla rete e l’ha spedita fuori dal Grandstand; pochi secondi dopo, camminando verso la propria panchina, ha poi provveduto a gettare la racchetta per terra, facendola rimbalzare in modo tale che è terminare nella metà campo avversaria.
In quella occasione il giudice di sedia Carlos Bernardes ha immediatamente sanzionato una condotta antisportiva con l’annessa ammonizione.
Successivamente Brooksby ha vinto il secondo set ed è andato avanti di due break nel terzo parziale, servendo sul 4-1. Sul punteggio di 40-40, l’americano ha sbagliato un diritto di palleggio e, in una reazione rabbiosa, ha tirato la racchetta verso il telone di fondo, andando a colpire il raccattapalle. Il giudice di sedia Bernardes ha comminato immediatamente un’altra condotta antisportiva, risultando quindi nella perdita del punto e di conseguenza del game, visto che il punteggio era “vantaggio Coria”.
Tuttavia, il fatto che la racchetta lanciata da Brooksby abbia colpito indiscutibilmente il raccattapalle potrebbe suggerire che sarebbe stata necessaria una misura più dura, ovvero una squalifica immediata del giocatore americano.
La mente è corsa immediatamente all’episodio che ha visto sfortunato protagonista Novak Djokovic allo US Open 2020, quando durante il suo incontro di ottavi di finale contro Carreno Busta una palla tirata dal campione serbo verso i teloni di fondo ha colpito alla gola una giudice di linea causando la sua squalifica immediata dal torneo.
Le similitudini tra i due casi sono piuttosto evidenti, così come è altrettanto evidente la differenza più fondamentale: i tornei dello Slam non si svolgono sotto l’egida dell’ATP, che ultimamente sembra essere sempre più in difficoltà nel far rispettare i propri stessi regolamenti.
Bisogna dire, peraltro, come in questo ambito le regole ATP permettano un enorme margine di discrezionalità nell’amministrazione della disciplina, e la formulazione delle specifiche regole sia diversa rispetto a quelle dei tornei dello Slam. Tuttavia il fatto di colpire un giudice o un raccattapalle con una pallina o con un attrezzo è sempre stato assimilato all’abuso fisico (che le regole definiscono come il semplice atto di toccare un giudice o un’altra persona nei pressi del campo), che sia secondo le regole ATP sia secondo quelle dei tornei dello Slam può far scattare una squalifica immediata e anche prolungata da parte del Supervisor.
In questo caso Bernardes non ha voluto chiamare il Supervisor, giustificando la sua decisione con il fatto che il raccattapalle non era stato ferito, e non ha nemmeno accolto la richiesta di Coria di interpellare personalmente il raccattapalle che aveva ricevuto il colpo.
“Nel primo set ha tirato una palla fuori dallo stadio, poi ha tirato la racchetta dalla mia parte del campo, poi ha colpito il raccattapalle con la racchetta – ha detto Coria dopo la partita – secondo me solo un punto di penalità era troppo poco. Anche perché [Brooksby] ha preso solamente un warning per la pallata e per la racchetta”.
“Credo che sia sbagliato quello che ha fatto Bernardes anche perché il ragazzo ha solo 21 anni – ha proseguito l’argentino – e le misure disciplinari servono anche per educare i giocatori. In questo caso, ha fatto tutte quelle cose è non è successo nulla”.
Brooksby non si è nascosto dietro un dito ed ha ammesso di essersi comportato in maniera inappropriata: “Sono molto frustrato con me stesso e con la mia scarsa capacità di competere. Sono ormai alcune partite che non riesco a portare la giusta energia in campo, ma il comportamento che ho mostrato oggi non è un comportamento che voglio sia associato alla mia persona. Sono molto dispiaciuto di come mi sono comportato e mi impegnerò al massimo perché ciò non accada più.”
Al di là delle dichiarazioni più o meno sentite da parte di tutti i protagonisti, rimane l’amaro in bocca per un incidente che sembra aver condonato un fatto grave che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi per una delle persone che gravita nelle immediate vicinanze del campo. Il regolamento ATP permette al Supervisor di rivalutare gli eventi e stabilire sanzioni più severe nel caso in cui venga ritenuto opportuno, ma rimane comunque la spiacevole idea che il tennis sembra largamente disposto a lasciar passare comportamenti che in altri sport non sarebbero mai tollerati.
E il diverso metro di giudizio che sembra applicato all’interno dello stesso sport dalle varie “sigle” che lo governano contribuisce a rafforzare l’idea di un far west in cui sembra che le regole vengano interpretate di volta in volta secondo criteri piuttosto aleatori.
Sarebbe auspicabile che il tennis (o le varie sigle, se proprio non si vuole adottare una politica unitaria) si dotassero di un regolamento chiaro con tanto di casistica che renda automatica l’applicazione di norme disciplinari severe nel caso in cui ci siano racchette, palline o suppellettili varie tirate dai giocatori che vanno a colpire chiunque stia nei pressi del campo. Al momento si naviga a vista secondo regole non scritte e in base agli eventi del passato (Henman, Nalbandian, Pescosolido, Shapovalov,…), ma una serie di regole più deterministiche per regolare quest’ambito del codice disciplinare contribuirebbe sicuramente tanto ad aumentare la percepita equità delle norme e, in definitiva, di tutto il tennis.