Juan Carlos Ferrero si commuove: “La crescita di Alcaraz ha sorpreso anche me. Ora serve proteggerlo"

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Juan Carlos Ferrero si commuove: “La crescita di Alcaraz ha sorpreso anche me. Ora serve proteggerlo”

Le parole in conferenza stampa di “El Mosquito” a margine della cavalcata trionfale nel Masters 1000 del suo allievo prediletto

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Carlos Alcaraz Garfia e Juan Carlos Ferrero - ATP Challenger Todi 2020 (foto Felice Calabrò)
 

Quella di Juan Carlos Ferrero è stata sicuramente una settimana indimenticabile: dal dolore profondo per la perdita del caro padre, alla prima vittoria importante in carriera per il suo allievo prediletto Carlos Alcaraz. Una montagna russa di emozioni che il 42enne ex numero uno del mondo ha saputo nascondere fino a quando è scoppiato in lacrime quando Carlos è andato ad abbracciarlo subito dopo aver trasformato il match point in finale contro Casper Ruud. Juan Carlos è stata la prima persona da cui Alcaraz è andato, a testimonianza di quanto sia forte il rapporto tra allievo e coach. Queste le dichiarazioni di “Mosquito” in conferenza stampa.

Dev’essere un momento difficile per te, Juan Carlos. Ma complimenti per la vittoria del torneo.

Carlos ha giocato davvero bene: ha un potenziale incredibile ma già adesso gioca ad un livello altissimo. Quanto al mio team, è importante restare sempre uniti e supportarci a vicenda non solo nei momenti buoni, ma anche in quelli difficili, come questo”.

Ti ha sorpreso la crescita di Carlos, così rapida ed esponenziale?

“Sì e no. Mi sono accorto del suo potenziale forse due o tre anni fa, perché lo vedevo allenarsi con giocatori che avevano una classifica molto migliore della sua, e lui nonostante avesse solo 16 anni riusciva a tenere il loro livello con facilità. Col duro lavoro quotidiano mi è bastato creargli intorno un ambiente stimolante, ed il resto è venuto da sé. Di certo è stato un processo molto veloce, questo era difficile immaginarlo ed ha sorpreso anche me”.

C’è stato un match in particolare che ti ha convinto del fatto che Carlos potesse diventare così forte?

“Non parlerei proprio di un match in particolare. Forse quello a Rio de Janeiro contro Albert Ramos è stato importante perché lo vinse, ma allo stesso tempo capì che c’era ancora molto da lavorare sulla condizione fisica, perché era stremato alla fine. In un certo senso possiamo indicarlo come il torneo nel quale ha preso consapevolezza di poter giocarsela con i più forti al mondo”.

Parlate mai del vostro percorso insieme? Da dove tutto è iniziato ad arrivare alla vittoria in un 1000 solo pochi anni dopo?

“Non molto, in realtà. I nostri discorsi riguardano le situazioni di gioco, di allenamento; cerco sempre di ricordargli che bisogna mantenere un certo equilibrio emotivo sia in caso di vittoria che in caso di sconfitta. Ovviamente sappiamo bene che raccoglierà ancora tante vittorie, per cui il mio compito è anche assicurarmi che sappia bene cosa lo aspetta nell’ambiente d’ora in avanti”.

Credi ancora che si esprima al meglio sulla terra rossa?

“Non ne siamo più sicuri (ride, ndr). Abbiamo iniziato gli allenamenti su cemento solo da un anno, ma dopotutto ho sempre pensato che il suo stile di gioco aggressivo si potesse adattare al cemento ed anche all’erba. Diciamo che al momento rispondo ancora di sì, ma nel futuro prossimo la risposta potrà cambiare!”

A proposito di superfici, si avvicina la stagione su terra rossa: come pensi possa mantenere la concentrazione in vista del Roland Garros, e soprattutto quale sarà il programma di avvicinamento?

“Per adesso ci aspetta solo qualche giornata di golf! Dopo il relax torneremo ad allenarci, e sarà come tutti i giorni. Ovviamente la vittoria di un Masters 1000 è importante, ma dobbiamo tenere i piedi per terra”.

Sai già cosa ci vuole per arrivare al numero 1 del ranking. Qual è la cosa più importante da fare affinché tutto vada nel migliore dei modi?

“Dobbiamo solo lasciarlo giocare, adesso è difficile rispondere a questa domanda. Il prossimo passo sarà riuscire ad entrare nelle fasi finali di un Grande Slam, poi si vedrà. Adesso come team dobbiamo creare una bolla intorno a lui, perché è un momento delicato in cui arrivano tante distrazioni ed è l’ultima cosa che vogliamo succeda: dobbiamo restare concentrati sui nostri obiettivi e l’allenamento, e andare a giocare ogni torneo come se non fosse successo nulla”.

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