Albert Costa: "Le finali di Davis rimarranno 2 set su 3, al meglio delle 3 partite"[ESCLUSIVA].

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Albert Costa: “Le finali di Davis rimarranno 2 set su 3, al meglio delle 3 partite”[ESCLUSIVA].

Intervista all’ex campione del Roland Garros, Costa: “Vogliamo riportare l’atmosfera da Davis, e almeno 2000 tifosi delle squadre a partita”

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Giovedì scorso a Barcellona, visto che di tennis giocato manco a parlarne dato il meteo, abbiamo approfittato per fare due chiacchiere nella signorile casa club del Real Club de Tennis de Barcellona con Albert Costa, campione Roland Garros 2002 che qua è di casa, per vari motivi: Albert, nativo di Lleida è cresciuto tennisticamente nel circolo di tennis che vanta più professionisti tesserati nella top 100; è stato vincitore del Godò nel 1997; finita la carriera professionistica ha ricoperto il ruolo di direttore del torneo fino a 3 anni fa, quando ha lasciato il posto a David Ferrer; e per inciso, nel campo centrale del torneo di Barcellona, uno dei migliori palchetti è proprio a suo nome. Insomma quanto basta per far capire come non sia un estraneo da queste parti, che è stata fino agli anni ’80 la casa della Coppa Davis per il team spagnolo.

Adesso, abbandonato il ruolo di tournament director dell’Open Banc Sabadell, Albert si dedica proprio al ben noto e venerando torneo a squadre di tennis; per cui, visto che ieri sono usciti i sorteggi della Davis e il tema è caldo (il gruppo B a Valencia sarà caldissimo) vi proponiamo questa intervista esclusiva ad Albert Costa, tournament director della Davis Cup, o come adesso appare a caratteri cubitali nei claim pubblicitari “The World Cup of Tennis”. Con l’occasione abbiamo ripreso anche qualche idea della lettera del direttore alla ITF, che potete trovare a questo link.

D: Ci sono state delle richieste da parte dei giocatori per poter terminare prima la stagione la stagione e sono state accolte; la fase a gironi spostata a settembre per determinare le 8 squadre superstiti e la riduzione a 5 giorni della fase finale; ci puoi dire qualcosa al riguardo? Sarà un formato definitivo?

R: Ancora non è confermato ma molto probabilmente saranno sei giorni, con inizio il martedì fino a domenica. La cosa non è ancora stata chiusa con la ITF ma la nostra intenzione come organizzatori dell’evento è quella di giocare da martedì a domenica, a fine novembre. Per quanto riguarda il futuro, stiamo cercando di trovare la soluzione migliore; abbiamo messo in preventivo che i primi anni sarebbero stati di adattamento, però credo che nel prossimo anno o due dovremmo arrivare ad un formato consolidato, per poter lavorare tranquillamente e dare certezze anche a tutti gli stakeholder.

D: Alla fine per il 2022 e il 2023 si giocherà a Malaga; ero curioso di avere qualche elemento in più sul processo di selezione, visto che l’anno scorso si parlava di Abu Dhabi e poi a inizio 2022 si ipotizzava una sede neutrale.

R: La realtà è che con Abu Dhabi stavamo in fase di negoziazione, c’era una proposta concreta; però poi Malaga è uscita con una proposta molto buona e a quel punto abbiamo considerato altri fattori che deponevano a suo favore: la tradizione e la cultura del tennis in Spagna sono di un altro livello e questo è stato un aspetto che alla fine ha fatto propendere Kosmos ad andare su Malaga oltre ad altre considerazioni: una destinazione più facile da raggiungere per gli appassionati, il fatto che l’Europa sia il centro del tennis in termini di nazioni e giocatori, le ATP Finals si giocano indoor a Torino. Quest’ultimo aspetto rende poi molto più semplice anche lo spostamento a Malaga pochi giorni dopo in condizioni ambientali simili. Inoltre Malaga è una città che sta crescendo parecchio e vede la Davis come un’occasione per guadagnare visibilità e complementare la sua offerta turistica.

D: Nel 2019 si è giocata la prima edizione della Davis con il nuovo formato alla Caja Magica di Madrid, dove di solito si svolge il Mutua Madrid Open; uno dei vantaggi della struttura è quello di fornire 3 campi indoor che possono essere utilizzati contemporaneamente; l’idea di giocare dei match in contemporanea per la fase finale è tramontata? Giocare più partite in contemporanea potrebbe consentire di tornare al formato di 5 partite per round, come nella vecchia Davis

R: Conosco bene il formato della vecchia Davis (ridendo; Albert in carriera ha giocato 19 partite con un record di 11 vinte e 8 perse, ndr); però tornare alle 5 partite è una cosa che abbiamo scartato. Non abbiamo preso in considerazione l’opzione di giocare in contemporanea, al momento non è un’ipotesi sul tavolo.

D: Però così, rimanendo sul formato al meglio dei 3 match, il doppio conta tantissimo, molto più che prima; cavalcate come quelle di Djokovic o Murray, che qualche anno fa si erano caricati sulle spalle in singolare l’intera squadra oggi non sarebbero più possibili.

R: Sì, con il nuovo formato avere un gran numero 1 non è abbastanza, serve una squadra equilibrata con un buon team di doppio. Però in questo modo, il formato rende la competizione più aperta e potenzialmente sono più le squadre che possono vincere la competizione e rende il tutto più emozionate. Ad esempio la Serbia, pur disponendo del Djokovic dominante di questi anni, non è riuscita a vincere la coppa con il nuovo formato.

D: Riassumendo, il formato delle 3 partite (due singolari e un doppio), disputati al meglio dei 3 set è qualcosa che non cambierà, è corretto?

R: Sì, posso confermare che la strada su cui ci stiamo muovendo è questa, 3 partite in una giornata

D: Passando al tema del calendario, quali sono le vostre aspettative di affluenza di pubblico, adesso che un appassionato ha due mesi di tempo per organizzarsi e andare a vedere la propria squadra? L’anno scorso era molto complicato, con la designazione dei team che giocavano i quarti di finale, una settimana prima dei match.

R: Nel 2021 una persona che era andata a vedere l’Italia a Torino dopo pochi giorni, ipoteticamente, avrebbe dovuto trovarsi a Madrid se voleva vedere il resto del percorso del suo team. Adesso per l’appassionato è tutta un’altra cosa; come Kosmos poi vogliamo lavorare con Agenzie di viaggio per costruire pacchetti interessanti e lavorando anche con le Federazioni nazionali in tal senso. Siamo coscienti che l’ambiente e il tifo sono uno degli aspetti distintivi che rendono speciale la Davis, e ci siamo posti come obiettivo per il 2022 di avere come minimo un migliaio di sostenitori di ogni squadra a tifare il proprio team dalle tribune. L’ambiente è sicuramente uno dei fattori decisivi per il successo della manifestazione. Il ché significa che vogliamo almeno, e sottolineo almeno, 8.000 tifosi veri e propri provenienti dai diversi paesi per le final eight (se la Spagna non arrivasse ai quarti; se ci fosse la Spagna chiaramente i numeri sarebbero maggiori); a cui si aggiungerebbe il pubblico neutrale che va a vedere il tennis. L’idea è creare un’esperienza, che abbini alla Davis la possibilità di farsi un’escape nel Mediterraneo e godersi la città.

D: Il vecchio formato ormai era diventato ingestibile, per molti giocatori la Davis era sufficiente vincerla una volta, a differenza degli Slam che non sono mai abbastanza; come pensate si possa arrivare all’obiettivo di invogliare i migliori a giocare sempre la Davis?

R: Quando giocavo dal 1995 al 2005 mi ricordo che i giocatori già all’epoca chiedevano cambiamenti al formato. Era impossibile dedicarsi per 4 settimane alla competizione, su superfici diverse anche rispetto alla programmazione abituale. Con il nuovo formato il carico è diverso: un giocatore che fa parte di un team che arriva alla fase finale deve investire tre settimane; in termini di gestione delle superfici e di preparazione all’evento è tutto molto più semplice: la fase finale si gioca indoor, come le Finals e come il resto della stagione indoor. E inoltre essendo sulla distanza dei 3 set anche lo sforzo fisico è minore, cosa che non fa male visto il dispendio di energie, la competitività e la quantità di infortuni che ormai si registrano con regolarità. È tutto mirato all’obiettivo di rendere appetibile a tutti la manifestazione. Quello che dici è vero, in passato in tanti pensavano che aver contribuito a vincerne una era già sufficiente (“ya cumplo”, con questo ho già fatto il mio). Quello che vogliamo è dare certezze nella programmazione e far sì che i giocatori abbiano voglia di andarsela a giocare ogni anno.

D: Una cosa: mi hai già detto che la direzione è quella di andare verso match di 3 set; però, almeno per la finalissima, non gli darebbe un tocco di leggenda in più giocare sui 5 set?

R: Si capisco il tema storico, però anche le finali dei Master 1000 e delle ATP Finals si giocavano su 5 set e adesso le cose sono cambiate. Soprattutto con i ritmi che impone il tennis moderno i giocatori sono già al limite ([a los jugadores] “ya no les da para màs”). Già così sono 3 partite, per almeno 6 ore di competizione è sufficiente, sia per l’attenzione del pubblico, sia per non distruggere (“machacar”) i giocatori. Io credo che il valore di vincere una Davis non si misura per il pedaggio fisico che richiede ai giocatori. La qualità complessiva del team è quella che vogliamo faccia premio, per cui è anche giusto che siano le squadre più equilibrate, con un buon numero 1, un buon secondo e un buon doppio quelle che possono vincere. Il tema è quello di premiare il team.

D: Sotto il profilo comunicativo, il claim che si vuole far passare dal 2019 è quello della Coppa del Mondo di tennis. È un tema di cui si è già ampiamente discusso, ma vorrei il tuo parere in quanto ex giocatore;

R: Mettiamola così: prima del formato che conoscevamo, quello home and away, la formula era come quella della America’s Cup, con un challenger che aspettava ogni la selezione degli sfidanti. I cambiamenti sono nell’ordine delle cose. Credo che andare verso un formato tipo coppa del mondo, con dei gironi e una fase finale a eliminazione diretta sia una cosa buona. Abbiamo aumentato il prize money ed è realistico pensare richiedere un impegno ai giocatori di 2/3 settimane. È normale che ogni cambio abbia bisogno di tempo per sedimentarsi, ma in generale credo che l’idea di andare anche nel tennis verso l’idea di una coppa del mondo sia vincente.

D: Un’ultima cosa: fino al 2023 le cose sono fissate, in termini di formato e location. Ma magari nel 2024 è realistico pensare ad un accordo con ATP Cup?

R: Ci stiamo lavorando; avere la Davis a fine novembre e l’ATP Cup a inizio gennaio non ha molto senso. Si deve per forza cercare di fare qualcosa congiuntamente tra ATP, ITF, Kosmos… insomma gli attori coinvolti devono parlarsi. Ci stiamo provando, vedremo cosa salta fuori

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