ATP Roma: Due sindromi sono troppe anche per il fenomeno Nadal, very old-Gen. Sinner non convince ma vince. La “stesa” aussie con Tsitsipas verrà vendicata?
Shapovalov non è stato Shupavalov stavolta. Ma un piede… gli ha dato una mano
E così Rafa Nadal, detentore del titolo, non vincerà a Roma per l’undicesima volta. Non almeno quest’anno. Allora l’anno prossimo a quasi 37 anni? Mmmmm, sarà dura. Intanto non veniva eliminato così presto in questo torneo dal 2008.
Non ci sarà dunque nemmeno quella semifinale Djokovic-Nadal a tutti apparsa come un brutto scherzo del sorteggio che impediva di fatto la possibilità d’una ennesima finale fra il serbo e lo spagnolo, atto 59 della serie infinita.
Il problema, già oggi a 20 giorni dai 36 anni di Rafa e a 10 dal Roland Garros, non è la sconfitta inattesa con Shapovalov (qui la cronaca) che ritrovava per la prima volta dopo i lottatissimi e incerti 5 set dei quarti in Australia.
Certo ci sono 13 anni di gap anagrafico fra lui e il ragazzo del ’99 e cosiddetto NextGen – anche se di questo abusato neologismo cominciamo tutti ad averne abbastanza – ma il vero problema è l’essere Rafa purtroppo sempre più Old-Old-Old-Gen. Con un acciacco dopo l’altro.
Se ci si ricorda che cosa tanti dicevano di Rafa Nadal 10 anni fa –riassumo: “Con quel gioco così dispendioso a 30 anni sarà quasi certamente finito, lui non è Federer l’artista che non suda e non fatica” – che il maiorchino sia riuscito a fare quel che ha fatto nei primi 3 mesi di questo 2022, dall’Australian Open in poi, dopo essere stato fermo per tutti gli ultimi cinque mesi del 2021, aveva avuto invece del prodigioso. Quasi miracoloso.
Col senno di poi penso che Rafa non avrebbe dovuto tirare troppo la corda: avrebbe dovuto rinunciare al torneo di Acapulco, pur vinto. Ma è stato un bello sforzo anche solo volare in Messico. Però anche lui, nonostante che la sua grande esperienza avrebbe dovuto lanciargli un warning, si è fatto un po’ ingolosire dagli exploit compiuti. Andando ad Acapulco – che ormai è torneo su cemento e non più sulla terra rossa come una volta – Rafa è caduto nello stesso peccato di ingordigia che accusano coloro che si trincerano dietro l’alibi de…”l’appetito vien mangiando”.
Così Rafa si è dovuto rifermare. E’ stato ancora un altro bel po’ di tempo senza potersi allenare come Dio (e Nadal) comanda, e qui a Roma ha pagato il fio del peccato originale: essere stato troppo ingordo.
Lui ce l’aveva detto qui l’altro giorno e già a Madrid “che non è mai stato il torneo più adatto alle mie caratteristiche. Non sono al 100 per 100 dopo tre settimane senza racchetta. Ogni partita che gioco e vinco è quasi un bonus”.
Nadal avrebbe potuto vincere anche con Shapovalov e in due set dopo aver dominato il primo (6-1) in 43 minuti. Aveva infatti rimontato il canadese da 1-4 a 4 pari, e già c’era in tribuna chi non poteva non esprimere tutta la dovuta ammirazione per Rafa l’irriducibile, ma anche chi scuoteva la testa sul conto di Sciupavalov, fantastico giocatore “rischiatutto” da guardare per vie delle sue pazzesche e improbabili traiettorie mancine, ma troppo spesso anche incredibile perdente.
Avremmo scoperto più tardi, nel corso di una accorata e triste conferenza stampa avvenuta pochi minuti dopo il doloroso k.o. (6-2) del terzo set, che la sindrome di Muller-Weiss al piede sinistro aveva di nuovo colpito Nadal a partire da metà secondo set. E in modo non meno doloroso e crudele dell’altra sindrome, quella di Hoffa al ginocchio, che appresi esistere all’epoca della sua famosa sconfitta al secondo turno di Wimbledon 2012 con il ceco Lukas Rosol che ebbe gioco facile a scagliargli 64 vincenti. Il cuscinetto di grasso buccale nella regione anteriore del ginocchio sinistro, dietro al tendine rotuleo, che ha lo scopo di ridurre gli urti tra tendine e rotula gli si infiammava, si ispessiva e gli faceva un male cane. Le precedenti microlesioni ai tendini del ginocchio sinistro, forse procurate dalla cattiva postura del piede, non avevano certo aiutato. Eh sì, due sindromi sono troppe anche per un fenomeno come Nadal.