Tutto sua madre. Tra i qualificati allo US Open c'è Brandon Holt, il figlio di Tracy Austin

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Tutto sua madre. Tra i qualificati allo US Open c’è Brandon Holt, il figlio di Tracy Austin

Ha 24 anni, è rientrato nel circuito dopo aver sconfitto un tumore benigno alla mano destra e continua a sognare di emulare la mamma vincendo a New York

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(foto: Pete Staples/USTA)
 

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Berrettini non ha giocato molto bene quest’estate: arriverà il riscatto a New York? L’orizzonte è Stefanos Tsitsipas agli ottavi. Musetti, c’è subito Goffin. Nadal ha un tabellone piuttosto comodo: riuscirà a centrare lo Slam numero 23? E per quanto riguarda le donne, Giorgi e Trevisan ci regaleranno un’impresa? Al link sottostante, che indirizza alla sezione “Sottorete” del sito di Intesa Sanpaolo, si può ascoltare l’intero commento di Ubaldo Scanagatta ai tabelloni dello US Open 2022.

Clicca qui per guardare il video-commento completo di Ubaldo Scanagatta ai tabelloni dello US Open 2022 sul sito di Intesa Sanpaolo

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Qualche osservatore con buona memoria storica (tennistica) e fotografica lo avrà notato: sul campo 11 dello US Open, durante i match di qualificazione al tabellone principale, c’era un ragazzo che somigliava a qualcuno. Ma a chi? Beh, innanzitutto quel ragazzo si chiama Brandon Holt e stava giocando il turno decisivo contro Kuzmanov. L’ha anche vinto e si è così guadagnato la possibilità di giocare la prima partita della carriera nel main draw di uno Slam (contro Fritz nella notte tra lunedì e martedì). Un altro elemento che lo farà somigliare ancora di più a mamma Tracy. Ah sì, ecco chi ricordano quei capelli biondi e quegli occhi azzurri: Tracy Austin, ex numero uno del mondo capace di vincere lo US Open a 16 e poi a 18 anni al cospetto di giocatrici come Chris Evert e Martina Navratilova.

Brandon è attualmente alla posizione numero 296 del ranking ATP, ha 24 anni e non può essere considerato una delle tante promesse non mantenute del tennis americano. A livello junior, infatti, non ha ottenuto tanti risultati degni di nota: è entrato nella top 50 ed ha giocato la finale di doppio allo US Open del 2015, perdendo contro due che conosciamo sicuramente meglio, Auger-Aliassime e Shapovalov. La traiettoria tennistica di Brandon è praticamente opposta rispetto a quella seguita dai vari Donald Young, Ryan Harrison, Jared Donaldson e Noah Rubin. Lui è diventato professionista solo due anni fa, dopo essersi laureato alla University of Southern California: “Sono in ritardo rispetto ai miei coetanei, ma la USC è stata fantastica. Ho imparato a gestire la pressione, vivere l’atmosfera di squadra… non cambierei la mia esperienza” – ha detto con grande consapevolezza.

Ma la carriera di Holt è iniziata per davvero ancora più tardi rispetto alla fine degli studi. È cominciata quest’anno, dopo un periodo di cinque mesi in cui ha potuto prendere in mano la racchetta soltanto in qualche sogno in cui pensi di star giocando la partita più importante della tua vita (magari la finale dello US Open, come ha fatto tua madre) e ti svegli senza averla finita. Nell’aprile del 2021 Brandon ha iniziato a sentire uno strano dolore nella mano destra: era un tumore, nascosto tra ossa e tendini, per fortuna benigno. Al New York Times l’americano ha ricordato così quei giorni: “La mia carriera era nelle mani del dottore (Steven Shin, uno che si è preso cura di gente come Steph Curry e Drew Brees, ndr). Ero molto preoccupato. Non riuscivo nemmeno a correre per 10 metri senza sentire il battito cardiaco nella mia mano. Ma l’operazione è andata molto bene e da allora non ho sentito più alcun dolore”.

Il recupero è stato a dir poco graduale: sul Times David Waldstein racconta che il primo step è consistito nel colpire non più di 10 palle (leggere) al giorno con una racchetta per ragazzi di 8-10 anni. Gliele lanciava mamma Tracy. Lei, però, non è il suo allenatore: semplicemente in quel momento c’era bisogno dell’affetto e della sicurezza che solo un genitore può dare. Ogni tanto Austin veste i panni del manager, della consulente tecnica e dello sparring partner (Brandon dice che “non sbaglia una palla, letteralmente, e se lo fa impazzisce”). Il vestito che nessuno le può scucire, però, è quello di prima tifosa, incredibilmente orgogliosa del proprio figlio e con gli occhi lucidi dopo il match point contro Kuzmanov.

A gennaio Holt è ripartito dalla posizione numero 924 della classifica, con una forza mentale che neanche lui pensava di avere. Se c’è una situazione a cui si può applicare davvero bene la tanto abusata parola ‘resilienza’, è questa: ha vinto le prime 15 partite giocate quest’anno, ha messo su un record di 32 successi e sole 5 sconfitte nel circuito ITF portando a casa cinque titoli su sei finali disputate e ottenendo una classifica che gli ha aperto le porte dei tornei Challenger. Ha guadagnato più di 600 posizioni e la USTA se n’è accorta tanto da riservargli una wild card per il tabellone di qualificazione. Brandon ha sfruttato l’occasione, aggiudicandosi tre match (tutti al terzo set) con giocatori di gran lunga meglio piazzati di lui nel ranking.

Il turno decisivo è stato quello più complicato per via delle interruzioni causate dalla pioggia. L’ultima di queste è arrivata sul match point: il presupposto diabolicamente perfetto per un ribaltamento dell’incontro alla ripresa. E invece Brandon è rimasto tranquillo, anche troppo: durante la pausa si è addormentato negli spogliatoi. Magari ha sognato per l’ennesima volta di essere in campo per la partita più importante della sua vita. Questa volta, però, ha potuto anche concluderla ed esultare, ad occhi aperti.

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