Djokovic: "Alcaraz merita di essere lì ma essere inseguiti è un'altra cosa"

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Djokovic: “Alcaraz merita di essere lì ma essere inseguiti è un’altra cosa”

“I miei due sogni d’infanzia si avverarono assieme: vincere Wimbledon e diventare n.1 al mondo” così ricorda la sua prima salita sul trono Novak Djokovic. “Dopo esser diventato papà ho avuto una delle mie migliori stagioni”

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Novak Djokovic - Bercy 2021 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

L’esordio di Novak Djokovic, in uno dei suoi Master 1000 preferiti (vinto ben sei volte) ha mostrato più insidie del previsto, con la vittoria del serbo arrivata sì in due set contro Maxime Cressy, ma comunque al termine di un match lottato. Fiero della propria vittoria, non certo una passeggiata, Nole è andato in conferenza stampa post match fornendo risposte lunghe e interessanti, da cui derivano decisamente begli spunti.

D: “Ben fatto. Quanto sei felice per questa tua prima partita a Parigi?

Djokovic: “Sono contento di come ho giocato. Quando le possibilità si sono presentate, sono stato in grado di sfruttarle, anche se ho mancato alcune palle break. Ma è stata una prima partita molto impegnativa, contro un ragazzo che serve molto bene, forte e veloce. Prima e seconda di servizio, rischia molto con la seconda, e in realtà non sembra neanche che stia rischiando troppo, perché non ha fatto troppi doppi falli, anche se nel tiebreak del primo set, in alcuni momenti in cui avevo bisogno di un punto, o nel secondo set quando gli ho strappato il servizio, ha fatto un doppio fallo cruciale per mettermi in una condizione migliore per fare il break o vincere un tiebreak. Gioca a tennis a bassa percentuale da quel punto di vista, ma per lui funziona.

È a suo agio nel venire in rete ed è bello da vedere. Penso sia l’unico che viene davvero a rete dopo ogni primo e secondo servizio, e che sia bello per il tennis in questi tempi moderni, in cui la maggior parte dei giocatori gioca dal fondo del campo. È un ragazzo molto atletico. Quindi in definitiva è difficile giocargli contro in questo tipo di condizioni in cui le palle volano attraverso il campo, più veloce dell’anno scorso. Così è difficile fargli il break. Ma non ho commesso troppi errori non forzati, e sono molto soddisfatto del modo in cui ho servito, di come ho tenuto i miei giochi di servizio. Proprio il modo in cui mi sono sentito, il modo in cui ho giocato, è stato tutto positivo

D: “Quando giochi un tiebreak contro un grande battitore come Maxime, ti piace come esercizio? Cosa metti nella tua mente? Cambi qualcosa nel tuo gioco? Di cosa ti preoccupi di più?

Djokovic: “In primo luogo, penso che la cosa più importante sia focalizzarsi principalmente su te stesso e su ciò di cui hai bisogno di fare. Voglio dire, non è una garanzia che vincerai i tuoi punti di servizio nel tiebreak, e dovresti concentrarti solo su come rispondere al suo servizio. È un po’ entrambe le cose. Sapevo che ci sarebbero stati dei momenti dove avrei letto la sua prima, quindi prendere poi alcune occasioni sulla seconda di servizio per rispondere. Lo rende difficile, perché non solo devi rispondere alla sua grande prima e seconda di servizio nel gioco, non è abbastanza: devi mettere la pallina nella posizione giusta, tra i suoi piedi, e cercare di essere in grado di vincere un punto. Perché ha vinto molti punti dove rispondevo piuttosto solido, ma lui raccoglieva facilmente quelle volée.

Quando qualcuno sta servendo una seconda così incisiva, lo sai che forse nel tiebreak comincerà a pensarci, perché una cosa è servire in un gioco di servizio normale, 15 pari, forse 30-15 o 40-15, lo farai, non sentirai così tanta pressione. Ma se è 1-1 o 2-1 al tiebreak, sai che ogni punto conta, soprattutto in questo tipo di condizioni veloci e in questo tipo di partita. Questo è quello che è successo. Penso che fosse 1-1, ha fatto un doppia fallo. Allora mi stavo concentrando per tenere il mio servizio, cosa che ho fatto bene. Sul 4-1 c’era molta pressione su di lui, quindi ho risposto e ho giocato un passante, le cose accadono velocemente nel tie-break. Quindi è davvero un po’ di entrambe le cose, ma penso che la più importante sia concentrarti sul tuo servizio e su cosa devi fare per metterti in condizione di fare un mini-break

D: “So che è dura per te non essere in competizione per finire l’anno come n.1 al mondo, ma guardando Alcaraz provarci per la prima volta, puoi condividere cosa ha significato per te la prima volta che hai reclamato il n.1 e che tipo di pressione e di sfida è all’inizio della carriera e perché significa così tanto?

Djokovic: “Ha avuto un anno incredibile, l’ho detto in precedenza ma non mi dispiace ripeterlo. Merita di essere in quella posizione per i risultati che ha avuto. Insomma, i risultati sono il miglior tipo di misurazione che puoi avere per il ranking. Sai, ha vinto uno Slam, ha giocato costantemente bene. Ha vinto due, credo, eventi Masters. Anche se ha solo 19 anni, gioca con molta maturità, e sappiamo anche con molta energia. Ma ha un grande allenatore, qualcuno che è stato nei suoi panni, un ex n. 1, Ferrero. Penso che sia perfetta la combinazione tra loro due.

Ferrero sa esattamente cosa sta attraversando, come può aiutarlo mentalmente, non solo dal punto di vista del gioco, per gestire tutte le pressioni dell’essere il numero 1, quando all’improvviso tutti vogliono detronizzarti. Ci sono molte cose su cui farà più esperienza, è solo un inizio per lui. Ma ha fame di successo, lo ha detto, puoi vederlo dal modo in cui gioca. Adesso è in una posizione in cui deve proteggere punti o proteggere questa posizione, che è diversa, molto, molto diversa. Quando sei l’inseguitore, hai meno pressione, ma quando sei inseguito, e tutti vogliono essere dove sei tu, cambia mentalmente. Quindi vedremo come se la caverà, ma dov’è è assolutamente meritato

D: “La prima volta per te quando avevi…

Djokovic: “La prima volta che fui n.1 al mondo fu nel 2011 e dopo che vinsi Wimbledon. Il mio sogno di infanzia, entrambi i miei sogni d’infanzia si avverarono in due giorni: vincere Wimbledon e diventare n.1 al mondo, e battendo Nadal in finale. Era proprio il perfetto tipo di sceneggiatura cinematografica. La prima volta è sempre extra speciale. Sai, tornando in Serbia, celebrando con decine di migliaia di persone nelle strade. Proprio un’esperienza da una volta nella vita

D: “Nadal e Medvedev sono appena diventati papà. Cosa ha cambiato per te la paternità, per la tua carriera, i viaggi, tutto?

Djokovic: “Mi ha cambiato molto come persona. Voglio dire, la mia professione non è cambiata, ho continuato a fare quello che ho facevo, grazie a mia moglie che mi stava permettendo di continuare a giocare tennis a questo livello prendendosi cura del nostro primo figlio e poi anche del secondo. É molto importante avere una partner che sei tu che sarà di supporto. E lei si stava sacrificando molto per me per farmi giocare a tennis e competere. Ho avuto una delle migliori stagioni in realtà dopo essere diventato padre nel 2014. Alla fine del 2014 sono diventato padre, nel 2015 l’ho avuto uno degli anni migliori, mi ha dato una grande carica di energia e motivazione.

Ma le cose cambiano, di sicuro, non riguarda più solo te. E anche se ovviamente quando sei in tour hai la tua squadra e tutto è fatto in modo tale da farti prosperare, sentirti bene, per poter vincere una partita o un torneo, poi a casa è diverso. Tutto riguarda il bambino e assicurarsi che anche che la madre si senta bene, oltre le responsabilità. Ovviamente è diverso per tutti, non posso dire che in generale sia così. Tutti hanno un modo diverso di vedere la paternità e come influisca su di loro. Per me ovviamente è la più grande benedizione che puoi avere nella tua vita. Ora i miei figli hanno 8 e 5 anni, e tu attraversi le fasi nella tua esperienza e sperimenti cose diverse con loro

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