ISP NextGen, Musetti: "Felice di ispirare i bambini che sognano questa carriera"

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ISP NextGen, Musetti: “Felice di ispirare i bambini che sognano questa carriera”

Le parole di Lorenzo Musetti dopo il match vinto contro Tseng: “Rispetto all’anno scorso, oggi mi sento catapultato in un’altra dimensione. Passaro e Arnaldi? Sono amici e professionisti a tutti gli effetti, non hanno bisogno che faccia loro da traino”

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Ottima la prima per Lorenzo Musetti alle Intesa San Paolo NexGen ATP Finals di Milano. L’Azzurro, attuale n. 23 del ranking e n. 1 del seeding, ha infatti superato il 21enne di Taiwan Chun Hsin Tseng (90 ATP) con un triplo 4-2. Un primo passo importante nel Gruppo Rosso per Lorenzo che ha prodotto in campo un tennis scntillante e di grande qualità. Ecco le dichiarazioni del carrarino nella consueta conferenza stampa post partita.

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D: Sono trascorsi dodici mesi dall’ultima tua apparizione alle NextGen, in che cosa ti senti cambiato? E, oggi, ti senti di poter dire “io vinco”?

Penso che nessuno si senta di dire “io vinco”. Invece, l’obiettivo di vincere c’è sicuramente, ma questo ormai accade in ogni torneo. Credo che oggi la mia mentalità sia cambiata, soprattutto a fine stagione, prendendo molta consapevolezza e quindi ora, in ogni torneo, gioco per vincere, e il prossimo anno sarà lo stesso, a cominciare dall’Australia. Perché solo se ci credi veramente si realizzano determinate cose. Poi, per quanto riguarda il match, sono cambiato molto. Oggi scendo in campo con un’altra mentalità; l’anno scorso magari prevalevano le emozioni o la grande stanchezza di fine anno. Oggi mi sento catapultato in un’altra dimensione, mi sento un altro giocatore. Ovviamente ho più esperienza giocando molte più partite a questo livello e oggi ho vinto contro un avversario buono, qundi sono contento”.

D: In questo momento ti senti singolarista titolare di Coppa Davis?

Quello che sento io influirà poco sulla decisione finale. Ma, in generale, anche se la settimana precedente alla competizione avessi battuto Jannik e Matteo – anche se è successo in parte con Matteo – non vuol dire che io poi sia titolare. Questa sarà una scelta del Capitano e sarà una scelta presa anche in comune accordo con tutta la squadra. Sicuramente parleremo, ognuno evidenzierà i propri problemi fisici, stanchezza, ecc., però l’ultima scelta non spetta a me anche se mi farebbe certamente piacere poter scendere in campo per difendere i nostri colori”.

D: Come hai detto prima, scendi in campo sempre per vincere ma questa è la prima volta che ti capita di essere favorito in un torneo come questo…

“Certamente sarò il più esperto in questa competizione ma non vuol dire che io la vinca sicuramente. Come ho detto prima, ci sono tanti giocatori e con questo format la partita è molto aperta. Però sicuramente sono un tennista diverso rispetto all’anno scorso, l’idea e la voglia di vincere ci sono, credo si sia visto anche stasera, quindi spero di poter essere un altro italiano ad alzare questo trofeo”.

D: Che cosa “alleni” di più del tuo tennis su questa superficie e con questo format ? Perché ogni superficie fa sì che si possano “allenare” e perfezionare determinate cose. Inoltre, ti senti un traino per le nuove generazioni? Poiché Sinner adesso è un po’ più avanti per certe cose. Te la senti questa responsabilità e cosa ti chiedono gli altri ragazzi italiani che sono qui, Passaro e Arnaldi? Che tipo di domande ti fanno?

La superficie sicuramente influisce tanto. Credo di essere migliorato molto su questi campi, mi sento molto meglio in campo rispetto all’anno scorso, anche perché non è una superficie che mi piaccia tantissimo, perché è molto veloce e sulla quale non esprimo ancora il mio miglior tennis, però ora sto facendo vedere che in futuro avrò la possibilità di farlo. Per quanto riguarda i ragazzi, siamo tutti molto amici e, onestamente, non mi sento nessuna responsabilità, ognuno ha dei percorsi individuali. È ovvio che crescendo insieme e vedendosi ai tornei, si condividono tante cose. Più che responsabilità, forse ho un po’ più di esperienza perché sono entrato un po’ prima in questo mondo, in particolare nel ranking. Ma hanno il loro team, non mi sento affatto responsabile e penso al mio progetto. Mi fa piacere invece essere da traino ai bambini che crescono, che hanno il sogno di giocare; i ragazzi che sono qui alle NextGen sono già professionisti e non c’è bisogno di trainarli. Sono consapevoli di quello che devono fare e professionisti a tutti gli effetti. Mi fa più piacere essere una fonte d’ispirazione per i ragazzini che si avvicinano al tennis e sognano un giorno di fare questo mestiere”.

D: Qual è stata la parte più difficile del passaggio dall’essere campione juniores a campione del circuito maggiore? È stata più fisica, mentale? Che cosa ti ha impressionato di più nel salto da juniores al circuito ATP?

È un mix di cose ma se dovessi sceglierne una sarebbe la mentalità con cui si affrontano determinate cose, soprattutto nel quotidiano perché nel match è già troppo tardi. È una cosa che va affrontata nel quotidiano, è uno stile di vita e ogni tennista professionista risponderebbe così. Vivere da juniores è totalmente differente da come si affronta un torneo ATP, la preparazione e la stagione sono diverse. Da juniores si è ancora inesperti e ci si avvicina al circuito maggiore con una mentalità troppo “da giovane” e lo scatto che serve per fare l’ulteriore step è un cambio di maturità. È uno step molto mentale, poi è ovvio che si deve migliorare sotto tutti i punti di vista ma ciò che mi ha aiutato di più è questo aspetto dell’atteggiamento, della mentalità e, soprattutto, anche l’extra tennis, cioè saper gestire bene determinate cose fuori dal campo”.

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