Una contro tutte: il baby-prodigio, Jennifer Capriati

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Una contro tutte: il baby-prodigio, Jennifer Capriati

Dal 1975, 28 giocatrici hanno occupato la prima posizione del ranking mondiale. Ripercorriamo le loro storie. Oggi è il turno di Jennifer Capriati, il baby-prodigio che ha cambiato le regole del gioco

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Esiste un prima e un dopo Jennifer Capriati nella storia del tennis femminile professionistico. All’inizio dell’ultimo decennio del secolo scorso, mentre Ivan Lendl si avvicinava inesorabile verso la fine della carriera, in campo femminile, si accendeva la competizione tra Steffi Graf e Monica Seles.

Il 6 marzo 1990 però tutta l’attenzione mediatica, in special modo oltreoceano, era per il debutto nel circuito maggiore di Jennifer Capriati. Accompagnata dal padre di un’altra grande campionessa statunitense come Chris Evert, il mondo della racchetta a stelle e strisce aveva finalmente trovato l’antidoto al dominio europeo di Steffi Graf.

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Grazie ai successi al Roland Garros e allo US Open Junior 1989, la piccola Jennifer si era guadagnata la copertina di Sport Illustrated. Il regolamento WTA era molto chiaro: nessun torneo professionistico prima del compimento dei 14 anni; ma la smania di vederla calcare i palcoscenici più importanti era troppa e alle pressioni del pubblico – in particolare, quello statunitense, così importante all’epoca, spinse la WTA a trovare un piccolo escamotage. “Si può giocare anche prima del compimento dei 14 anni, a patto che il torneo si giochi nello stesso mese del compleanno”.

A soli 13 anni, 11 mesi e 8 giorni Jennifer debuttava al Virginia Slims of Florida. Lei, che era nata il 29 marzo 1976, vinse il suo primo incontro 7-6 6-1 contro Mary Lou Daniels nel delirio generale di pubblico e giornalisti. Prima di scendere in campo per il suo esordio, Jennifer si rilassava guardando una puntata della serie “La donna bionica”, insieme al fratello Steven. Di lei colpiva il sostanziale disinteresse per tutto ciò che le stava accadendo intorno.

Jennifer Capriati sulla copertian di Sport Illustrated

Già dalla settimana prima del torneo, Capriati ricevette talmente tante richieste di interviste e conferenze stampa da costringere il suo manager, John Evert (il fratello di Chrissie), ad allestire una mastodontica conference call dedicata alla stampa di tutto il mondo. E a Boca Raton in quel 6 marzo, erano presenti giornalisti di tutte le nazioni, dall’Europa alle Americhe. E lei, durante il torneo, si alzava la mattina tardi, si allenava in campi secondari lontana da occhi indiscreti, riceveva via fax i compiti di scuola.

Nel suo primo torneo arrivava in finale, sbarazzandosi di Sukova e Sanchez, numero 10 e numero 5 del mondo e solo Gabriela Sabatini riusciva a fermarla. Poi, il secondo torneo a Hilton Head: anche qui, raggiungeva la finale ma si doveva arrendere a Martina Navratilova. In Europa, venne il momento di affrontare il primo Slam tra le grandi: fu semifinale e perse solo dalla futura vincitrice del torneo, Monica Seles (6-2 6-2). All’esordio sui verdi campi di Church Road, raggiunse gli ottavi. Il primo titolo lo conquistava a Puerto Rico. Finiva l’anno al numero 8 del mondo. Tutto a 14 anni.

Il 1991 fu l’anno della conferma: stabile top 10, vinceva il titolo a San Diego e Toronto, faceva semifinale a New York contro Monica Seles in una di quelle partite che hanno fatto la storia del tennis femminile. A 15 anni, la si poteva considerare una tennista “fatta e finita”: un ottimo servizio, un diritto devastante, solida dalla parte del rovescio e con una buona mobilità da fondo campo.

Alle Olimpiadi di Barcellona 1992 mise la proverbiale ciliegina sulla torta conquistando l’oro, togliendo in finale a Steffi Graf l’occasione per bissare il successo di Seoul 1998. Qualcosa però nella mente della giovanissima campionessa scattò: stanca di vivere per il tennis e solo per il tennis, si trasferì da sola a Boca Raton in Florida dove nel dicembre 1993 fu arrestata per aver sottratto un anello d’argento da un banchetto. Dirà che si era dimenticata di pagare. Fu l’inizio della fine.

Pochi mesi più tardi, nel maggio 1994 fu trovata con della marijuana nello zainetto nei pressi di Miami. Giocò un solo match in tutta la stagione. Nel 1995 nemmeno uno. La vertiginosa ascesa di Jenny era finita.

E invece no. L’anno seguente torna a giocare; si riaffacciò timidamente al circuito e se questo primo anno di rientro andò meglio del previsto, i due anni successivi furono difficili. Giocava male, con fatica e come spesso capita, entrava in circolo vizioso per cui la delusione dei risultati mancati le impedivano di ritrovare il suo gioco e di conseguenza, la scarsa fiducia in sé stessa non le permetteva di concentrarsi sul gioco, … e così via.

Dal 1999 dava inizio a una crescita inaspettata per i più. Tornò ad alzare un trofeo (a Strasburgo e in Quebec) e tornò all’Australian Open 2000 a disputare una semifinale dopo 9 anni. Dall’altra parte della rete, la giunonica coetanea Lindsay Davenport in un confronto tra stili e carriere completamente all’opposto: l’una stella sotto i riflettori fin dall’adolescenza, l’altra che aveva fatto le cose con calma e lontano da occhi indiscreti e di Slam ne aveva già vinti. Vinse Davenport ma Jenny era tornata.

L’Australian Open 2001 è stato il torneo più bello dell’intera carriera di Jenny: ai quarti, rimonta Monica Seles mentre si trovava sotto un set e un break, in semifinale si prende la rivincita contro Davenport e in finale annichilisce Martina Hingis. Anche il Roland Garros è suo e se a Wimbledon si arrendeva a Justine Henin in semifinale e a New York alla maggiore delle sorelle Williams, la stagione si concluse con l’alloro al numero uno del mondo per la prima volta in carriera, il 15 ottobre.

Jennifer Capriati e Martina Hingis durante la premiazione degli Australian Open del 2002
Jennifer Capriati e Martina Hingis durante la premiazione degli Australian Open del 2002

In un caldo torrido tipico dell’estate australiana, il 2002 fu ancora titolo per Jenny: in finale, ancora una volta Martina Hingis che, dopo la bruciante sconfitta, si avvicinava lentamente al primo ritiro della sua carriera. Negli anni successivi non riesce a conquistare più un titolo Slam ma si conferma la top-player che tutti avevano visto in lei quando era poco più di una bambina.

Problemi fisici e personali (confesserà di aver sofferto di depressione durante la sua attività di professionista) la tengono lontano dai campi dal novembre 2004 – sconfitta a Philadelphia dalla russa Zvonareva.

3 titoli del Grand Slam, 14 titoli WTA e 17 settimane in vetta al ranking sono numeri certo modesti rispetto alla qualità del tennis di Jennifer. La WTA non ha potuto ignorare la storia della baby-prodigio italo-americana: vennero adottate una serie di restrizioni per le adolescenti con l’ambizione di diventare professioniste attraverso un razionamento dei tornei tra i 14 e i 18 anni di età, in modo da accompagnarne la crescita in modo graduale. Le ultime a sfuggire alla regola, prima che entrasse in vigore, furono Martina Hingis e Venus Williams.

LEGGI QUI GLI ALTRI EPISODI DELLA SERIE ‘UNA CONTRO TUTTE’

SCONFITTE DA NUMERO 1 SUBITE DA JENNIFER CAPRIATI

2001L. Davenport – JENNIFER CAPRIATI6-1 7-5 6-2Zurigo
2002S. Williams – JENNIFER CAPRIATI6-2 4-6 6-4Scottsdale
2002S. Williams – JENNIFER CAPRIATI7-5 7-6(4)Miami
2002P. Schnyder – JENNIFER CAPRIATI6-4 6-3Charleston
2002S. Williams – JENNIFER CAPRIATI3-6 7-6(2) 6-2Roland Garros (SF)
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