Hantuchova: "Alcaraz di un altro pianeta, attacca come Federer e difende come Nadal”. Cervara: “È il Tyson del tennis”

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Hantuchova: “Alcaraz di un altro pianeta, attacca come Federer e difende come Nadal”. Cervara: “È il Tyson del tennis”

Tra l’urgenza di paragoni sempre più arditi e statistiche strambe, la sintesi di Roger e Rafa, al secolo Carlos Alcaraz, non ha la risposta di Djokovic, di più: “Lui è la risposta”. Ma a quale domanda?

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Carlos Alcaraz - Indian Wells 2023 (foto Ubitennis)
 

Il problema fondamentale è rappresentato da quei tre – Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic – e da quell’entità divoratrice di tutto a cui hanno dato vita nota come Big 3. Avercene di problemi del genere, si potrebbe obiettare, solo limitandosi a pensare a quanto hanno fatto per il tennis, aumentandone straordinariamente la popolarità.

Anche non considerando le generazioni di tennisti che prima tecnicamente, poi anche mentalmente, si sono ritrovate quasi senza possibilità di iscrivere il proprio nome sui trofei più importanti (quelli Slam, il cui peso è ancor più aumentato soprattutto nella considerazione dei tifosi proprio per “colpa” loro), pare che ormai nessuno possa tentare di emergere senza che “sì, ma alla sua età Roger serviva meglio, Nole aveva già vinto uno Slam mangiando pizze e Rafa non ne parliamo”.

Insomma, il problema è che quei tre non solo ti senti obbligato a citarli in ogni articolo (arrendendoti agli anacoluti), ma li devi battere sul campo, nei record di precocità, superare in classifica e spesso neanche questo basta perché l’avventato e inopportuno sfidante avrà senza dubbio avuto dalla sua una quantità industriale di circostanze favorevoli. E, come se non bastasse la pressione derivante dall’essere definito il nuovo Nadal/Djokovic/Federer a causa della disperata ricerca di un nuovo campione, allo stesso tempo lo sventurato in questione si sentirà dire con altrettanta veemenza che non vale metà della peggior versione di uno di quei tre. L’importante è che si facciano paragoni, poi tutto è permesso.

Tuttavia, c’è anche chi impara dai propri errori: in Spagna dicevano Munar el nuevo Rafa, dopo di che hanno imparato e quindi, quando Carlos Alcaraz (che entri, finalmente) aveva iniziato a farsi notare, c’era chi lo descriveva come il nuovo Roger. Così va molto meglio, bravi. Arriva però Daniela Hantuchova al alzare l’asticella. Al quotidiano francese l’Équipe, Daniela ha detto che “Carlos viene da un altro pianeta. Ha tutto. Mi sembra che abbia l’aggressività di Roger e la difesa di Rafa. Con la sua velocità e il modo di muoversi, riesce a giocare colpi che non credevamo possibili”.

L’ormai ex Carlitos (nel senso che è cresciuto, che adesso è Carlos o Charlie), avendo ancora un mese e mezzo da passare come teenager, non può evitare che, oltre ai paragoni, gli si cuciano addosso statistiche di precocità anche bizzarre, per esempio quella che lo nomina come più giovane realizzatore della tripletta IW, Miami, Flushing Meadows, impresa peraltro compiuta prima di lui dai soli Sampras, Federer, Djokovic e Agassi. Fantastico. Non è chiarissimo l’accostamento del Double allo US Open, però bello.

Di poco bizzarro c’è la sua vittoria a Indian Wells, dove colui che lo ha messo più in difficoltà è stato Jannik Sinner. Anche Griekspoor, restando aggrappato al proprio servizio, lo aveva trascinato al tie-break nel primo set, ma l’azzurro è riuscito a recuperare il break piazzando un parziale di 11 punti consecutivi e sembrava in grado di effettuare il sorpasso definitivo, anche perché il classe 2003 aveva perso confidenza con i colpi. Con la grafica in sovrimpressione che ratificava l’evidente differenza tra i dritti dei due contendenti (valutazione di 9,1 contro 6,4 a favore di Sinner), Alcaraz ha affrontato il set point contro dopo aver sbagliato proprio due dritti e pure comodi, annullandolo grazie alla smorzata di… dritto. Anche altri avrebbero forse provato il drop shot, probabilmente più alla ricerca di un timoroso asilo conseguente a quegli errori, ma non è il caso di Carlos che padroneggia quella soluzione, fa parte del suo vasto repertorio. Pur rifuggendo (invero senza difficoltà) la tentazione di suggerire chi alla sua età già possedeva un ampio baglio tecnico, resta il fatto che lo spagnolo è riuscito a vincere anche quel primo parziale e, alla fine, il suo percorso nel deserto è rimasto immacolato. Chi era stato l’ultimo a trionafre senza cedere set? Federer nel 2017, anche approfittando di un walkover. Per trovare chi aveva centrato quel risultato disputando almeno sei match, bisogna tornare indietro fino a Nadal nel 2007.

C’è per fortuna chi rimane fuori dal coro. È Gilles Cervara, l’allenatore di Daniil Medvedev, che lascia da parte i mostri sacri, ma solo quelli del nostro sport. “Alcaraz è il Tyson del tennis” ha… tracimato all’Équipe. “In alcuni momenti è capace di tirare dei ‘diretti’ con la racchetta. Ci sono stati colpi che hanno lasciato Daniil a dieci metri dalla palla, sferrati con potenza e velocità folli”

Difficile dire quanto ci abbia messo Medvedev del suo, ma nelle statistiche relative alla finale appare un numero enorme a dispetto di ciò che rappresenta: 0, come in “zero ace”. Pare che l’insieme “servizi neanche sfiorati dall’avversario” di Daniil non rimanesse privo di elementi dalla sfida contro Gilles Simon a Marsiglia nel febbraio 2020. Dopo una decina di giorni, (non solo) il Tour si sarebbe fermato – così, per dire. Di sicuro c’è che, in ventitré confronti, mai il Big 3 è riuscito in tale impresa contro Daniil, che ha chiuso così il contatore con un turno di anticipo, sfoderando contro Tiafoe l’ace numero 3.299 della carriera.

A proposito di contatori, durante la trasferta californiana Alcaraz ha messo a segno e superato la vittoria ATP numero 100, con un saldo positivo su tutte le superfici: 47-12 sulla terra battuta, 53-18 sul duro e – mettiamoci anche quella nonostante l’abbia appena respirata – 4-2 sull’erba. Con meno di due stagioni complete alle spalle sul Tour, vanta un bilancio indoor di 16-6 (mai aveva giocato al coperto a livello Challenger e ITF), mentre all’aperto si bea di un eloquente 88-26: se tutti sanno giocare bene a tennis in condizioni “asettiche”, Carlos dimostra con i numeri (oltre che con la finale del BNP Paribas Open) di saper gestire meglio di diversi colleghi il vento e le altre condizioni che si presentano nella maggior parte degli eventi del circuito. Ci affidiamo alla versione spagnola del sito atptour.com per aggiungere che, fra i tennisti in attività con almeno 20 incontri giocati, oltre al nostro protagonista solo in tre hanno un bilancio positivo contro avversari top 10. Ricorrendo a una finta preterizione, diciamo che non c’è bisogno di fare nomi: Djokovic, Nadal, Murray.

Carlos non ha (tecnicamente ancora) vinto il Sunshine Double, ma il trofeo di Indian Wells e quello di Miami sono già nel suo palmares. E – notizia inaspettata? – è il primo a vincerli entrambi da teenager. Per quanto riguarda specificatamente il titolo appena conquistato, è il secondo più giovane dell’albo d’oro, preceduto da Boris Becker. E, proprio quando si faceva ingenua strada l’illusione di poter completare un paragrafo senza essere costretti a evocare il mostro tricefalo, Alcaraz è il secondo teenager a vincere più di due Masters 1000. Il primo è stato…

… Rafa Nadal.

Non possiamo però non tornare a Daniela Hantuchova, che può continuare a lanciarsi nelle più spericolate iperboli, tanto ci aveva già convinti al “ciao”. L’ex numero 5 del mondo ha pochi dubbi su Carlos: “Porta il tennis a un altro livello, il che è pazzesco da vedere. Poco tempo fa, tutti di domandavano cosa sarebbe successo in futuro dopo Federer, Nadal e Djokovic. Credo che lui sia la risposta. Non c’è nulla di cui preoccuparsi”.

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