Wimbledon 2023: chi ha scelto di non giocare tornei di preparazione e quando ha pagato

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Wimbledon 2023: chi ha scelto di non giocare tornei di preparazione e quando ha pagato

Tre Top 20 al maschile e due al femminile direttamente in campo a Wimbledon dopo il Roland Garros. Fra i Top 10 Djokovic e Ruud. Tra il 2017 e il 2022, solo Nole e Barty sono riusciti a vincere il titolo con questa programmazione

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Novak Djokovic – Wimbledon 2022 (foto via Twitter @Wimbledon)
 

Il 26 giugno, quindi fra poco meno di 24 ore, prenderà vita la 136esima edizione di Wimbledon con la settimana dedicata alle qualificazioni che metteranno in palio gli ultimi slot disponibili dei tabelloni principali del 2023.

Per prepararci al meglio in vista dello Slam londinese, abbiamo voluto dare uno sguardo analitico alle strategie a livello di programmazione nella scelta dei tornei preparatori a cui prendere parte, che i Top 20 delle rispettive classifiche di singolare maschile e femminile hanno attuato per questa stagione tennistica.

Infatti come sempre vista la sua peculiarità nella durata, decisamente ridotta rispetto alle porzioni di calendario appannaggio del cemento e della terra, la parte di anno riservata ai prati rappresenta di fatto un apparato a sè stante dell’intero Tour professionistico: pochi eventi disponibili che precedono il grande appuntamento finale, tre sole settimane per giungere a Church Road con l’unica eccezione – quantomeno per quanto riguarda il circuito maggiore, ATP e WTA – dell’appendice post Championships costituita dall’ATP 250 di Newport.

 

E proprio per questi suoi tratti distintivi, ai quali vanno accostati naturalmente anche quelli relativi all’unicità della superficie – pur non trovandoci più di fronte all’erba degli anni ’80 o 90′ quando ancora non si era materializzata l’uniformità dei vari terreni di scontro – come per esempio un modo di muoversi sul campo praticamente agli antipodi se confrontato con quello che si applica normalmente sul mattone tritato e che tra l’altro precede la stagione su erba (lo scivolamento con ampie falcate lascia spazio a rapidi passettini da replicare ad alta frequenza), gli atleti mettono in atto programmi di avvicinamento completamente diversi tra loro in base alle caratteristiche che gli identificano. Gli specialisti erbivori, nonostante oramai siano in via di estinzione definitiva, fanno man bassa di tornei preparatori per cercare di agguantare più punti possibili sfruttando la loro maggiore adattabilità alle condizioni di gioco avendo peraltro a disposizione esigue occasioni; così come decidono per lo stesso processo quei giocatori che sui prati sembrano dei veri e propri pesci fuor d’acqua con l’obiettivo di poter mettere il maggior numero di partite nelle gambe verso il terzo Major dell’anno. Altri, tuttavia, proprio perché non a loro agio nel disputare match su erba scelgono al contrario di disputare soltanto SW19 senza farlo precedere da alcun evento preparatorio.

Capitolo ATP: Djokovic, Ruud e Auger-Aliassime

Partiamo, dunque, nella nostra analisi statistica andando ad osservare il percorso di avvicinamento a Wimbledon 2023 dei primi venti tennisti del ranking ATP. Nell’attuale Top 20 mondiale solamente in tre hanno preferito presentarsi direttamente a Wimbledon, due se si restringe il campo alla Top 10: il n. 1 Novak Djokovic e il n. 4 Casper Ruud, ovvero i freschi finalisti del Roland Garros. Quindi si può presumere che tale decisione sia dipesa in gran parte per via delle fatiche necessarie per arrivare fino in fondo a Parigi, in realtà però non è effettivamente così. Difatti, per il norvegese sarebbe sicuramente meglio se l’erba non esistesse affatto tanto è ingente la sua idiosincrasia per la superficie. Mentre per il cannibale serbo il discorso è molto più articolato e lo affronteremo più avanti. L’altro Top maschile ad optare per una preparazione nulla in vista dello Slam verde è stato il n. 12 Felix Auger-Aliassime: eliminato al 1°T dell’Open di Francia per mano di Fabio Fognini ed apparso estremamente esausto, il giocatore di origini togolesi ha dovuto rinunciare anche al torneo di Maiorcaper il quale inizialmente gli era stata concessa una wc – a causa di quel fastidio alla spalla che lo sta limitando in modo invasivo negli ultimi mesi di stagione. In un primo momento, infatti, la programmazione di Felix avrebbe dovuto prevedere ‘S-Hertogenbosch e Halle. Purtroppo però i problemi fisici accusati, tra un ginocchio dolorante, lo hanno messo fuori gioco e alla fine neanche il tentativo disperato di poter disputare il torneo organizzato nell’isola spagnola è andato a segno. Il canadese vanta come miglior piazzamento a Church Road, i quarti di finali dell’edizione 2021.

In verità nei primi venti del ranking mondiale figurano altri due tennisti che non hanno preso parte sinora ad eventi preparatori, il n. 11 Karen Khachanov e il n. 20 Pablo Carreno-Busta. Tuttavia, entrambi hanno annunciato il forfait dallo Slam londinese. In particolare l’asturiano è ancora pesantemente tormentato dal gomito destro, un infortunio che gli sta impedendo di ritornare a disputare un incontro ufficiale: l’ultimo risale addirittura a quattro e mesi e dodici giorni fa, era il 13 febbraio e il campione in carica di Montreal perdeva al primo turno dell’ATP 500 di Rotterdam con Gasquet. Ha provato a rientrare in due distinte circostanze, ma sia ad Indian Wells che a Madrid è stato costretto a rinunciare a tabellone compilato.

Capitolo WTA: Bencic e Muchova

Spostandoci al Tour femminile, la cifra numerica relativa alla Top Twenty per il medesimo caso statistico è leggermente dissimile con però la sostanziale differenza che non è presente nessuna Top 10: le atlete in questione, ossia coloro che dopo Bois de Boulogne si presenteranno direttamente a Church Road, sono la n. 14 Belinda Bencic e la n. 16 Karolina Muchova.

Come è facile intuire, quindi, nel femminile le due finaliste del Roland Garros hanno opzionato un programma opposto per la stagione erbivora: la ceca e il suo team hanno infatti previsto l’esclusiva partecipazione al successivo Major. La n. 1 mondiale Iga Swiatek assieme alla n. 4 Jessica Pegula, invece, nonostante finora non abbiano preso parte ad alcun evento su erba, la prossima settimana – l’ultima prima dei Championships – saranno le n. 1 e 3 del seeding al WTA 250 di Bad Homburg e al WTA 250 di Eastbourne. Passando alla svizzera, evidenziamo come per l’appunto l’ultimo incontro disputato sia annotabile alla Parigi terrosa dove Belinda è stata sorpresa all’esordio dalla russa Avanesyan, i suoi migliori piazzamenti a Church Road sono gli ottavi del 2015 e del 2018.

I campioni di Wimbledon tra il 2017 e il 2022 che non hanno partecipato ad eventi preparatori: Djokovic e Barty

Infine, per dare un senso di compiutezza al nostro resoconto abbiamo deciso di scandagliare le ultime cinque edizione del Major londinese per riscontrare se qualcuno dei campioni, al maschile o al femminile, di singolare dal 2017 al 2022 avesse trionfato senza prendere parte a tornei preparatori nel mese che fa da ponte tra il Roland Garros e Wimbledon. Ebbene i risultati ottenuti sono i seguenti, tra gli uomini spicca il 23 volte vincitore di prove Slam Nole Djokovic che ha vinto 4 degli ultimi 5 Wimbledon, non dimenticando di sottolineare che nel 2020 il torneo è stato cancellato a causa della Pandemia da Covid-19. Di questo filotto di successi, Novak ha ottenuto gli ultimi tre – ossia quelli del 2019, del 2021 e dello scorso anno – scegliendo di non iscriversi a nessun evento 250 o 500, prima di un appuntamento il cui trofeo è stato alzato dal 36enne di Belgrado per ben sette volte.

Nel 2023, dunque, stesso modus operandi delle ultime tre edizioni ed è quindi innegabile considerando il momento di forma degli altri Big, che scatterà dai blocchi di partenza ancora una volta come l’indiscusso favorito con anche un margine piuttosto considerevole sugli inseguitori.

L’unico Wimbledon vinto da Djokovic di quelli presi in esame in cui ha partecipato ad un evento “minore” della stagione su erba, in preparazione allo Slam, è stato quello del 2018 quando reduce dal cocente KO al Roland Garros in quarti – sconfitto da Marco Cecchinato – decise di giocare il Queen’s nel quale riuscì ad arrivare in finale prima di cedere a Marin Cilic per 5-7 7-6(4) 6-3.

In realtà, ad onor di cronaca, anche nel 2019 e nel 2022 disputò alcuni incontri prima di Wimbledon ma si trattò di meri match di esibizione: nell’anno in cui avrebbe sublimato il trionfo finale superando per 13-12 al quinto Roger Federer nel loro storico e leggendario ultimo confronto sul Centre Court, al Boodles Challenge vinse con Garin 6-2 6-4 e perse da Shapovalov 7-6(3) 6-4. Lo scorso anno ad Hurlingham batté Auger-Aliassime per 6-2 6-1.

Se poi ampliamo la prospettiva alla specialità del doppio, appuriamo come nel 2021 – quando conquistò lo Slam londinese avendo la meglio in finale del nostro Matteo Berrettini, in rimonta dopo aver perso il primo set – Nole partecipò ad un solo torneo pre Wimbledon: al fianco dello spagnolo Gomez-Herrera si spinse sino all’ultimo atto del ‘250’ di Maiorca per poi decidere di ritirarsi prima della partita valevole per il titolo, consegnando così il trofeo a Simone Bolelli e Maximo Gonzalez.

Mentre per ciò che concerne l’albo d’oro femminile, tra il 2017 e il 2022 a trionfare in doveroso ordine cronologico sono state Garbine Muguruza, Angelique Kerber, Simone Halep, Ash Barty ed Elena Rybakina.

Soltanto l’australiana, nel suo successo del 2021, si aggiudicò il titolo passando direttamente dal Roland Garros, dove si era ritirata nel corso del secondo set del match di secondo turno contro la polacca Magda Linette, allo Slam londinese.

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Asian Games, l’ossessione dei tennisti sudcoreani: Kwon distrugge la racchetta e si rifiuta di stringere la mano all’avversario

I retroscena della più importante competizione tennistica asiatica: racchette distrutte e strette di mano negate, quando l’oro vale più di una medaglia

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L’Asia da prestazione. Che gli Asian Games siano per i tennisti orientali la competizione più sentita è fuori di dubbio: le migliori racchette cinesi hanno saltato i tornei della settimana per essere presenti a Hangzhou e, ancora più emblematico, vincendo l’oro i sudcoreani hanno diritto a saltare la leva militare (Son Heung-min, attaccante del Tottenham, ne sa qualcosa). Sumit Nagal – recentemente critico per le scarse finanze dei tennisti di bassa fascia – li preferisce ai tornei ATP 250 e 500: “È tutto magnifico qui, se non fosse per il cibo… (sorride, ndr). Tutti ne parlano, e non solo per il tennis giocato: ecco il fuoriprogramma che ha finito per diventare virale.

Dopo aver perso al secondo turno in un intenso testa a testa (3-6 7-5 3-6) con il tailandese Kasidit Samrej (n.636 del ranking), il giocatore della nazionale coreana Kwon Soon-woo (n.112) dapprima si è rifiutato di stringere la mano all’avversario e poi ha iniziato a sbattere violentemente a terra la sua racchetta, continuando a fracassarla fino a distruggerla mentre si dirigeva verso la sedia a bordo cambio. Nell’imbarazzo generale, il giocatore tailandese si è inchinato davanti agli spalti, ma – come ogni pubblico che si rispetti – l’attenzione in quel momento era tutta sul colpo di scena. Non ha tardato ad arrivare una fitta pioggia di critiche da parte dei media coreani: “Kwon dovrebbe essere penalizzato”, scrivono in molti.

La Korea Tennis Association prova a mettere una pezza, riferendo poco dopo le scuse del tennista: “Ha visitato il ritiro della Thailandia e ha chiesto scusa a Samrej aggiungendo parole di incoraggiamento per il prossimo match”. Ci riesce: niente ostracismo per Kwon, che gareggerà ora per la medaglia d’oro nel doppio maschile insieme a Hong Seong-chan. Se da una parte sembra che il tennista tailandese abbia accettato le sue scuse, la controversia in patria si spegne con più difficoltà: “Mi scuso sinceramente con tutti coloro che hanno sostenuto la competizione della loro squadra nazionale e con coloro che erano sugli spalti”, afferma Kwon. Parole che possono bastare per le scuse, meno per far riporre meno amaramente a una nazione intera la speranza di vittoria: due titoli ATP, un terzo turno al Roland Garros nel 2021 e posizione numero 52 del ranking mondiale nello stesso anno. Difficile da digerire.

 

Contro pronostico anche l’uscita al secondo turno del tandem indiano guidato da Rohan Bopanna – favorito per la medaglia d’oro –, battuto insieme a Yuki Bhambri dalla coppia uzbeka composta da Sergey Fomin e Khumoyun Sultanov. L’ex numero 3 di specialità si consola con una vittoria facile in doppio misto con Rutuja Bhosale. Almeno lui l’ha digerita meglio.

Tra le donne citiamo la bella prestazione della 18enne filippina Alex Eala, lo scorso anno vincitrice allo US Open junior. La numero 190 del mondo è alla quinta settimana consecutiva in campo nel tour ed è in semifinale agli Asian Games nel tabellone di singolare.

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Ljudmila Samsonova: “Una parte di me è sempre italiana” [ESCLUSIVA]

Da speranza azzurra ad allieva di Pizzorno e finalista Mille con (senza) bandiera russa: Ljudmila “Ljuda” Samsonova è già stata molte cose, e questo, forse, è solo l’inizio

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Samsonova - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Essere chiamati al doppio turno nella giornata conclusiva di un 1000 è certo un avvenimento quantomeno inusuale: e infatti a Montreal, uscita vincitrice da un match combattuto con la testa di serie numero tre, Elena Rybakina, Ljudmila Samsonova, russa, ventiquattro anni, è costretta ad arrendersi poche ore dopo a Jessica Pegula, racimolando un solo game alla sua prima finale 1000 (“fa male rendersi conto che agli organizzatori non importi nulla di noi tennisti”, ha dichiarato a margine dell’incontro).

Un torneo in cui, in fila, “Ljuda” aveva eliminato la testa di serie numero due (Sabalenka), la dodici (Bencic), e la tre (appunto Rybakina) prima di arrendersi alla quarta forza del seeding. Il lunedì 14 agosto, Ljudmila si “accontenta” della posizione numero dodici, suo best ranking. Una classifica costruita nel tempo, da quel 2013 in cui, per la prima volta, scese in campo da professionista.

Probabilmente, il momento della svolta è stata l’estate scorsa, quella del 2022: fra Washington e Tokyo, passando per Cleveland, Samsonova si porta a casa tre tornei, due 500 e un 250. Se diamo uno sguardo alle sue principali affermazioni, è facile notare una particolare predilezione per il nord America. “Entrambe le volte che sono arrivata negli Stati Uniti in quel periodo avevo la testa libera: ho come resettato da zero il periodo precedente. È forse per la mia leggerezza in quel periodo che sono venuti fuori i risultati migliori.”  

 

Samsonova, che mentre scriviamo è numero ventidue del mondo, si trova ora a dover confermare i risultati raggiunti, iniziando dalla difesa del titolo di Tokyo. Ora, però, riavvolgiamo un po’ il nastro.

A casa non puoi non praticare un minimo di sport” sorride Ljuda: Samsonova proviene da Olenegorsk, una cittadina della Russia europea settentrionale, dell’Oblast di Murmansk. Insomma, il polo nord non è poi così distante. Tuttavia, lo sport è arrivato fin lassù, peraltro con ottimi risultati: il padre è stato campione europeo di Ping-pong, il nonno uno sciatore. “Penso di essere stata comunque fortunata ad essere una bambina dotata per lo sport; la mia famiglia mi ha trasmesso tanto anche in quest’ambito.”

Ljudmila, però, ci risponde in italiano fluente. Fa un certo effetto apprendere come Samsonova abbia vissuto diciotto anni in Italia, e si sia sentita, in tutta la sua giovinezza, una tennista azzurra. Al compimento dei diciotto anni, avrebbe dovuto ricevere il passaporto italiano. Ciò, tuttavia, non è avvenuto, ed oggi gareggia per la Russia (o meglio, gareggiava, ora è tennisticamente “apolide” a causa della guerra in Ucraina). A quanto pare, l’ostacolo sarebbe stato la mancanza di un “reddito certo”, carenza che avrebbe impedito alla Federazione di assegnarle il passaporto. Ljudmila, insomma, avrebbe dovuto trovarsi un altro lavoro: una condizione spesso non richiesta da molte altre federazioni nel mondo. Da quel 2017 sono passati sei anni, e Ljudmila oggi si sente “metà e metà: ho una parte di me a cui l’Italia, quando sono via, mancherà sempre, e un’altra che è invece molto legata alle origini; essendo cresciuta in una famiglia che ha sempre tenuto molto a mantenere le tradizioni e la lingua mi sento di far parte anche di quel mondo.”

La carriera di Samsonova ha dunque preso davvero il via da quel momento; solamente due anni fa, tuttavia (era il luglio 2021) Ljuda era appena entrata in top 100, e ancora non si delineava l’exploit che l’avrebbe portata alle vette della classifica mondiale. “È stato il coraggio a permettermi di fare il decisivo salto in avanti. Il coraggio che ho avuto nel fare determinate scelte, a credere sempre in me stessa nonostante prendessi batoste in continuazione, anche da parte di chi mi fidavo: è stata la mia determinazione a farmi arrivare qui, più di tutto il resto.”

Un forte legame con l’Italia Ljudmila l’ha, comunque, indubbiamente preservato: il suo coach è Danilo Pizzorno, torinese che ha acquisito una grande importanza nel panorama italiano e internazionale per il suo utilizzo metodico e “scientifico” della videoanalisi. “Penso che Danilo, oltre ad essere il miglior coach WTA, sia anche e soprattutto una bellissima persona; dopo le esperienze che ho vissuto, cerco di guardare prima al lato umano e poi a quello professionale.”

Un circuito, quello WTA, che solo recentemente sembra incamminarsi verso una sorta di stabilità ai vertici, con il dominio di Iga Swiatek (interrotto ora da Aryna Sabalenka). Nel confronto con quello maschile, che ha vissuto di un triumvirato (ad eccezione, forse, di un effimero quadrumviro) per oltre vent’anni, non tutti vedono l’incertezza femminile come un qualcosa di positivo per la WTA. “Io invece credo che sia un bene – ci dice Ljudmila -. In questo modo c’è posto per più giocatrici: il livello si è alzato e chiunque può ambire a fare grandi cose.”

L’incertezza non è solamente tennistica: dal febbraio 2022, la guerra fredda, le cui fiamme pensavamo definitivamente spente da anni, si è riaccesa e porta con sé il pericolo di scatenare un grande incendio. Il primo focolare si è acceso in Ucraina, a causa dell’invasione russa. Come sempre, lo sport non può considerarsi del tutto scisso dalla realtà che lo circonda. È forse per quella chiamata di Hitler che il barone Von Cramm perse quella finale di Wimbledon. Riguardo a quale sia il suo ruolo in certi contesti, comunque, il dibattito è aperto e certo di non facile risoluzione.

La situazione è indubbiamente controversa: le atlete russe e bielorusse non possono più giocare sotto la loro bandiera, le loro nazionali non possono più partecipare alle competizioni internazionali. “Lo sport può mandare certi messaggi –  dice Ljuda, che oltre ad essere russa è vissuta, lo ricordiamo, diciotto anni in Italia –, ma non credo possa avere un vero impatto, cambiare ciò che avviene nel mondo.”

Ljudmila ha solo ventiquattro anni; eppure ha già vissuto molto, fra l’Italia, il Polo nord e il tennis professionistico. Forse, però, il meglio deve ancora arrivare. “Il mio desiderio per il futuro è essere una persona felice e realizzata: nessun premio o classifica può essere tanto importante quanto lo stare veramente bene con sé stessi.”

Di Ljudmila “Ljuda” Samsonova, nativa di Olenegorsk, il cuore diviso fra Russia e Italia, sentiremo – non c’è dubbio – ancora parlare.

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Djokovic contro i bassi salari dei colleghi: “È un fallimento per il mondo del tennis”

Il giocatore più vincente di sempre scende dal trono per abbracciare per primo la causa comune dei tennisti oltre la top 100: l’attacco di Nole ai bassi salari

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Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)

Il lavoro nobilita l’uomo. Il tennis professionistico è un lavoro. Il tennis professionistico nobilita l’uomo. Siamo sicuri? Novak Djokovic non sarebbe d’accordo. Da sempre attento ai diritti del mondo della racchetta, il campione serbo tuona sulla situazione dei salari per i colleghi al di fuori della top 100. E sì, perché né lui né Carlitos né tantomeno il nostro caro Jannik rischiano di restare con le tasche vuote: oneri e onori di aver scalato l’Olimpo del tennis e sedere sulla cima. Ma tutti gli altri?

“Sono stato al posto di tutti quei tennisti che ora hanno gravi difficoltà economiche. Capisco la loro fatica e le loro difficoltà, so i problemi che hanno nel dover pagare le trasferte, gli allenatori e i fisioterapisti”, dichiara Nole in un’intervista. “Alla fine, se non hai il sostegno di una federazione forte, avrai sempre grossi problemi. Io vengo dalla Serbia e non avevo aiuti. Ora ho una certa influenza e voglio utilizzarla per migliorare le condizioni degli altri“, asserisce convinto. Insieme al canadese Vasek Pospisil, il campione serbo è attualmente il principale esponente – oltre che fondatore – della PTPA (Professional Tennis Players Association), nata nel 2020 tra non poche critiche di divisionismo: tra le altre, quelle di un certo Roger Federer e di un altro che si chiama Rafael Nadal. Ma non roviniamo il panegirico a Djokovic, chiusa parentesi.

“Solitamente si parla di tennisti che partecipano allo US Open e che guadagnano tanto, degli altri nessuna traccia”. Ma ci sono, e sono tanti: molti di più di quelli (più) conosciuti, tifati e pagati. “Ci sono tantissimi tennisti che non riescono a guadagnarsi da vivere con il tennis: maschile, femminile o doppio. Solo quattrocento giocatori tra tutti riescono a vivere di tennis, il resto no. È una cifra bassissima per uno sport mondiale come il nostro, un vero fallimento per il mondo del tennis”, prosegue Nole. A mettere il dito nella piaga ci pensa Ons Jabeur che – coinvolta anch’ella nei progetti PTPA – sottolinea: “Prima nessuno mi prestava attenzione, ora che sono in top 10 tutti ascoltano quello che dicono. Questo non è affatto bello”. E neanche nobile, per rispondere alla domanda su.

 

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