Neppure se ciò fosse un incentivo a disputarla per i Top
“Era già stato fatto ai suoi tempi, non credo che attiri più di tanto. Innanzitutto perché come ho già detto è assolutamente scorretto, non si può dare alla Coppa Davis i punti che ci sono in palio in un Masters 1000 o in un torneo di quel livello. Nono possono essere paragonabili, non ha veramente senso. Questa competizione ha cento anni di storia e che ha visto prendervi parte i i migliori giocatori di sempre. Il nostro obiettivo deve essere far capire cosa significhi questo torneo. Piano piano lo capiranno, ogni giovane che ha vissuto questa esperienza sono sicuro non potrà mai dimenticarla. Il calendario è quello che è ma non responsabilità della Coppa Davis, è un problema generale dell’intero microcosmo del tennis“.
Il calendario, l’ostacolo più arduo da superare
“Stiamo assistendo a molti cambiamenti nei calendari, tornei che scompaiono in cambio di Masters 1000 più lunghi e di un numero superiore di eventi ATP 500. L’Australian Open inizia nella terza settimana dell’anno, perciò inevitabilmente già condizionando il resto della stagione perché gli atleti devono prendere parte ad un Grande Slam in Australia con la stagione che quasi non è iniziata. Dopodiché, a meno di un mese l’uno dall’altro, hanno il Roland Garros e Wimbledon, due prove Slam su due superfici opposte. Sono in questo mondo da 20 anni e ogni anno sento dire che queste cose sarebbero state cambiate, ma è molto difficile riuscirci effettivamente. Ci sono tanti fattori che rendono arduo avere un calendario con maggiore senso logico, ma abbiamo quello che abbiamo ed in base a quello dobbiamo trovare la soluzione migliore affinché i giocatori siano danneggiati il meno possibile“.
Le caratteristiche per essere un Davisman, mettere da parte l’egoismo
“Principalmente dalla mia esperienza, posso affermare che la caratteristica cruciale per essere un buon giocatore di Davis è essere un giocatore di squadra. Poi condividere la gioia con la gente, assumersi le proprie responsabilità ed essere pienamente che stai giocando per una squadra, per il Paese, per tante persone che quella settimana stanno facendo grandi sforzi e sacrifici. In questo senso, per essere Davisman devi essere generoso. Il tennis è uno sport molto individuale, nella maggior parte dei tornei che giochiamo sia che vinciamo sia che perdiamo, sei tu e tu solamente quello che ne subisce le conseguenze. Quando invece giochi la Coppa Davis rappresenti i tuoi colori nazionali, non c’è niente di più bello. E’ uno dei sogni che tutti noi tennisti ex tennisti abbiamo prima di diventare professionisti, ogni atleta sogna che questo giorno arrivi“.
Le personalità peculiari e di ognuno e le virtù essenziali per trionfare in Davis
“Sii coraggioso, goditi l’ambiente della Coppa Davis, immaginati un contesto in cui tutti sono con te o contro di te. Queste sono le virtù che richiede la Davis. Emozioni non semplici da raggiungere e benché meno da gestire seppur bellissime quando vi riesci. A me è capitato di vivere questo turbinio di vibrazioni: ho esordito in Coppa Davis giocando una finale in Australia, all’improvviso mi sono ritrovato a giocare una doppio alla Rod Laver Arena contro Wayne Arthurs e Todd Woodbridge. In quel momento ho pensato: cosa ci faccio io qui? Ero molto nervoso, ho preso una bella ripassata. Tutto questo, quando successivamente lo osservi nel tempo ne apprezzi quello che ti ha insegnato e che in preciso frangente al contrario non eri in grado di recepire e di quanto tu sia stato fortunato ad essere presente per vivere l’atmosfera di quell’ambiente, avendo l’opportunità di giocare una finale di Coppa Davis. Ciò che mi è chiaro, infatti, dopo tutti questi anni passati in campo è che devi assorbire tutto ciò che la Davis genera, perché sono situazioni impossibili da vivere nel circuito abituale. Il pubblico partecipa molto di più“.
La teoria appare facile, ma la pratica…
“Non ci sono molti altri segreti per poterla affrontare meglio. Nella mia carriera ho visto tanti ottimi giocatori che poi non sono riusciti mi a diventare veri giocatori di Coppa Davis, e viceversa. Magari tennisti senza grandi carriere, sono in grado di ottenere vittorie molto prestigiose in Davis. Può sorprendere, è complicato da capire, quello che unicamente posso sostenere è che si tratta di una una competizione con uno straordinario valore. Non soltanto per mia esperienza diretta, posso infine affermare come questa competizione di per sé sia in possesso di una storia bellissima costituita da un’infinità di ingredienti che la rendono speciale. Spero che a poco a poco riusciremo a riportarla dove merita“.
La migliore partita di Feliciano in Davis: “Forse contro Juan Martín Del Potro a Mar del Plata, la finale del 2008“.
La peggiore sconfitta: “Il doppio contro l’Argentina nella finale del 2011. Con Verdasco perdemmo contro Nalbandian e Schwank, meno male che poi abbiamo comunque vinto il titolo“.
Il tie più bello ed emozionante: “La finale contro l’Argentina nel 2008 m anche i quarti di finale con gli Stati Uniti nel 2011, ad Austin“.
La trasferta indimenticabile
“Sicuramente Argentina 2008 per tutto quello che è successo lì e l’atmosfera che abbiamo vissuto. Ma anche un’altra fu incredibile e spettacolare: Bielorussia 2006. Siamo arrivati all’aeroporto di Minsk e c’erano -25º, giocavamo in uno stadio che era letteralmente un tappetino di gomma. Ricordo che Tommy (Robredo) e David (Ferrer) giocarono contro Mirnyi e Voltchkov. Quella esperienza fu molto interessante (ridendo), furono veramente delle condizioni davvero avverse con un terreno di gioco complicatissimo“.
DI SEGUITO LE ALTRE DICHIARAZIONI DI FELICIANO LOPEZ