Matteo Berrettini non ha certamente vissuto la stagione che sperava. Dopo un 2022 concluso al 16° posto della classifica mondiale e un inizio di 2023 che aveva fornito sensazioni positive anche agli addetti ai lavori grazie alle buone prestazioni in United Cup, il romano è entrato in un tunnel negativo dal quale è riuscito a uscire solo parzialmente a Wimbledon, prima di ripiombarci con l’infortunio alla caviglia allo US Open che lo ha costretto ad abbandonare anzitempo la stagione.
Sì, gli infortuni, il grande tallone d’Achille di Matteo che, oltre alla fase finale del 2023, lo hanno tenuto lontano dai campi – problema agli addominali – per due mesi tra il 12 aprile e il 12 giugno (fuori a Madrid, Roma, e al Roland Garros, tra gli altri), poi ancora per due settimane tra il 18 giugno e il 3 luglio sempre per noie addominali e infine dal 31 agosto in poi. Un vero e proprio calvario che indubbiamente toglie non solo continuità, ma che pesa sulla fiducia e mina le certezze legate ad ogni rientro per paura di farsi male di nuovo.
Sono soprattutto le magagne fisiche ad aver condotto Matteo quasi fuori dai primi 100 giocatori del mondo (ora è n° 91), ma il 2023, dalla sconfitta con Murray al primo turno dell’Australian Open e fino alla débâcle al debutto a Miami contro Mackenzie McDonald, non era stato comunque positivo, con inutili dibattiti su situazioni extra-campo (vedasi la sua relazione ormai consolidata con Melissa Satta) che avevano alimentato i suoi malumori costandogli un’ulteriore perdita di sicurezze.
Da Wimbledon in poi, con la splendida performance e il successo su Alexander Zverev e i segnali positivi al cospetto di Carlos Alcaraz, sembrava essere stata tracciata una strada per una ripartenza, ma si è trattato di un fuoco di paglia prima di patire, contro Arthur Rinderknech nello Slam americano, l’undicesimo infortunio dall’inizio del 2020, ovvero la rottura parziale del legamento astragalico anteriore della caviglia.
La separazione da Santopadre e il possibile sostituto
Abbiamo così ripercorso in breve le tappe di una stagione amara che, fortunatamente per Matteo, sta per volgere al termine, con la volontà di tornare al massimo per l’inizio del 2024. Un obiettivo che Berrettini cercherà di raggiungere senza il suo storico coach Vincenzo Santopadre, dal quale si è separato a fine ottobre con un sentito post su Instagram dopo 13 anni di proficua collaborazione professionale, tramite la quale ha raggiunto anche la finale a Wimbledon e la sesta posizione in classifica ATP.
Ma chi ci sarà al posto di Santopadre? Secondo l’indiscrezione della Gazzetta dello Sport, Berrettini starebbe seriamente pensando di ingaggiare lo svedese Thomas Enqvist, ex n° 4 ATP, vincitore di 19 titoli ATP e finalista all’Australian Open 1999.
Enqvist, che quindi entrerebbe nel novero dei vari Supercoach che già seguono diversi tennisti, da allenatore è stato capitano della Nazionale svedese dal 2010 al 2012, poi è stato al fianco di Fernando Verdasco e infine ha fatto parte del team di Stefanos Tsitsipas per poco tempo all’inizio del 2022. Ora è il direttore dell’ATP di Stoccolma.
Lo scorso anno, alla Laver Cup che ricordiamo per l’ultima apparizione di Roger Federer su un campo da tennis nelle vesti di giocatore, Enqvist aveva dedicato belle parole a Berrettini, dopo averlo già conosciuto a Boston nel 2021: “Mi ha impressionato sia come atleta che come persona – aveva dichiarato lo svedese. Il primo segnale, forse, di una relazione professionale più duratura.